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Porti, nuove opere e rapporto con la città

 



L’adeguamento delle strutture portuali italiane, operazione di per sé già complessa considerando la natura storica della maggior parte degli scali italiani, diventa spesso un percorso a ostacoli a causa di iter amministrativi lunghi e farraginosi. La lista delle opere che confermano questa convinzione è lunga e riguarda tutta la penisola. L’attuale stagione di programmazione aperta con la messa a disposizione delle risorse economiche attivate dal PNRR rischia anch’essa di chiudersi in ritardo rispetto ai cronoprogrammi previsti, con conseguenze negative per la competitività complessiva dei nostri porti. Se ne è parlato alla Stazione Marittima di Salerno nel corso dell’appuntamento intitolato “Sviluppo infrastrutturale del porto e rapporto con la città”, realizzato dal Propeller Club porto of Salerno in collaborazione con l’Ordine degli Ingegneri di Salerno. 
Tra i temi affrontati nel corso dell’evento è emersa la necessità, come sottolineato dall’Ing. Attilio Tolomeo, coordinatore della Commissione Marittima dell’Ord. Ingegneri di Salerno, di “gestire il rapporto scalo-città in modo integrato, guardando ad un’ottimizzazione degli spazi che non pregiudichi tutte le attività – dalla pesca al diporto dal commercio al turismo – legate alla blue economy”. Sotto questo aspetto, per rispondere ai grandi cambiamenti operativi e di mercato che stanno investendo il cluster portuale, risulta essenziale la questione della qualità progettuale e della tempistica di chiusura dei progetti in divenire: “le nuove infrastrutture vanno pensate per le navi di domani, considerando le future evoluzioni del comparto”. 
Su questo punto e, in particolare, sulle difficoltà che si riscontrano sul lato amministrativo è interventuo il prof. Fabio Dentale, Docente del corso porti e difesa del litorale DICIV-Università degli Studi di Salerno. Facendo riferimento all’esperienza salernitana sui dragaggi è emersa un sostanziale disallineamento tra le esigenze operative del settore marittimo e la qualità di processi autorizzativi che, tra l’altro, trovano applicazione disomogenea sul territorio nazionale. “In Emilia Romagna i sedimenti dei dragaggi sono usati per il ripascimento dei litorali. In Campania la stessa operazione non è consentita”. 
Giuseppe Amoruso, CEO di Giuseppe Amoruso SpA, ha affrontato la questione dal punto di vista degli operatori. “La dotazione infrastrutturale discrimina le scelte su dove convogliare la merce. Ritardi e inefficienze possono costare ancora più caro in un contesto di grandi cambiamenti come quello che stiamo affrontando”. Da qui la proposta provocatoria di “considerare i porti come asset a statuto amministrativo speciale”, sulla falsariga “modello Morandi”. 
A chiudere l’evento il Direttore del Comitato Scientifico di RETE, Massimo Clemente, che sulle lentezze amministrative ha chiamato in causa direttamente la “struttura legislativa del nostro paese che, favorendo l’interpretazione della legge, alimenta un potere interdittivo che rende tutto il processo meno efficiente”. Anche per questo diventa sempre più necessario un dialogo tra parte politica e stakeholder. Sul tema tra porto e città Clemente ha invitato ad adottare una visione che guardi dall’ottica dell’operatore portuale: “costa e città vanno viste dal mare”. In sintesi due entità (porto e città, appunto) “che vanno pensate come un ecosistema sociale, economico e ambientale unico su cui la comunità deve lavorare in modo coeso”.
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