L’economia africana ancora troppo vulnerabile
L’area di libero scambio africana (AfCFTA) potrebbe sbloccare un potenziale di 3,4 trilioni di dollari. A patto che le economie del continente riescano a ridurre la dipendenza dai mercati esterni, migliorare la stabilità politica, attenuare gli shock globali, anche attraverso lo sviluppo di reti commerciali regionali. Sono le avvertenze che l’UNCTAD affida al suo ultimo rapporto sullo sviluppo economico dell’Africa, in cui sono analizzate le “crisi globali sovrapposte” – shock economici, emergenza climatica, tensioni geopolitiche – che ne acuiscono la vulnerabilità.
Il rapporto evidenza le principali aree critiche che, interconesse, mettono a repentaglio lo slancio economico che sta caratterizzando il continente. Tra questi emergono l’instabilità politica (l’Africa ha assistito a 220 dei 492 tentativi di colpo di stato nel mondo dal 1950), il debito elevato (alimentato da squilibri commerciali e inflazione), la demografia, la dipendenza dai combustibili fossili, il divario tecnologico, condizioni meteorologiche estreme (i disastri climatici hanno colpito 110 milioni di africani, causando danni per 8,5 miliardi di dollari nel 2022).
“La crescita economica dell'Africa è stata strettamente legata ai cicli delle materie prime, rendendola altamente suscettibile alle fluttuazioni del mercato. Oltre la metà dei paesi africani fa affidamento su petrolio, gas o minerali per almeno il 60% dei guadagni dalle esportazioni,” sottolinea il documento.
Dal 2000 al 2010, l’economia africana è aumentata a ritmi del 4,8% annuo, superando la media globale del 3,1%, confermando il trend quando, pure rallentando al 3,1% tra il 2011 e il 2020, è comunque rimasta al di sopra della media globale del 2,4%.
Un'importante stagione di effervescenza, non esente dai contraccolpi della volatilità dei prezzi delle commodities: in occasione della recessione del 2014, ad esempio, la formazione lorda di capitale fisso, ovvero gli investimenti in beni fissi come le infrastrutture, è scesa dall'11,4% nel 2014 al 4,8% nel 2015.
Anche le lacune infrastrutturali aumentano l’esposizione agli shock globali. Il settore ha senza dubbio fatto passi avanti ma rimangono lacune critiche, soprattutto nell’elettricità e nei trasporti. I costi di quest’ultimo sono tra i più alti al mondo, spesso a causa di reti stradali sottosviluppate e logistica inefficiente.
Inoltre, meno della metà degli africani ha un accesso affidabile alle reti elettriche: “l’Africa ha attirato solo il 2,3% degli investimenti globali in energie rinnovabili nel 2023 (15 miliardi di dollari) , mentre colmare il divario energetico ne richiederebbe almeno 190 all’anno, ovvero il 6,1% del PIL.
Contro gli shock globali la ricetta di UNCTAD è quella di migliorare le reti commerciali".
“Oltre il 50% delle importazioni ed esportazioni del continente sono legate a sole cinque economie, tutte al di fuori dell’Africa. Nel frattempo, solo 16 delle 54 nazioni africane si riforniscono di oltre lo 0,5% dei loro beni intermedi all'interno della regione, perdendo opportunità chiave per il commercio a valore aggiunto e la produzione. Reti commerciali più forti e diversificate riducono le vulnerabilità e creano ricadute di crescita: un aumento dell'1% del PIL di un paese vicino può aumentare la crescita in un paese senza sbocco sul mare fino allo 0,7%”.
Tra le proposte avanzate una maggiore integrazione regionale “per diversificare le esportazioni e le catene di fornitura, incrementando al contempo gli investimenti in infrastrutture critiche”.
Il prontuario dell’organismo delle Nazioni Unite, al capitolo delle politiche da applicare, prevede: diversificare le economie per ridurre la dipendenza dai mercati volatili delle materie prime; rafforzare le reti commerciali intra-africane per ridurre la dipendenza dai mercati globali; adottare politiche fiscali sane per ridurre il debito e migliorare l’accesso ai finanziamenti; aggiornare i trasporti e le infrastrutture digitali per ridurre i costi commerciali e migliorare la produzione e la logistica; investire nelle energie rinnovabili per migliorare la sicurezza energetica; promuovere politiche economiche e commerciali adattabili al clima per ridurre i rischi e sostenere una crescita sostenibile.