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Ue, intensificare gli sforzi ambientali nel settore marittimo

 



Il settore marittimo rappresenta il 14.2% delle emissioni di CO2 dell’UE prodotte dai trasporti, poco meno del settore stradale, ed è quasi equivalente al quello dell’aviazione. La quantità di anidride carbonica derivante dallo shipping è cresciuta costantemente dal 2015 (ad eccezione del 2020, anno del Covid) raggiungendo 137,5 milioni di tonnellate nel 2022, l’8.5% in più rispetto all’anno precedente. Complessivamente le attività relative al trasporto merci, container, pesca commerciale, navi cisterna e navi da crociera, nonché quelle attività portuali rappresentano il 3-4% delle emissioni complessive di CO2 dell’UE. Al contempo, tra il 2018 e il 2023 le emissioni di gas metano (CH4) sono almeno raddoppiate, arrivando a rappresentare il 26% delle emissioni totali di metano del settore nel 2022. Oltre alle emissioni di gas serra, persiste il problema della riduzione di inquinanti atmosferici come zolfo e ossidi di azoto (NOX). 
Sono i dati principali della seconda edizione della relazione sull’impatto ambientale del trasporto marittimo europeo, pubblicata dall’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) e dall’Agenzia europea dell’ambiente (EEA). Secondo il documento, sebbene il settore marittimo europeo stia avanzando verso una maggiore sostenibilità “è necessario intensificare gli sforzi per raggiungere gli obiettivi climatici e ambientali volti a ridurre gli sprechi di energia, l’inquinamento e le emissioni di gas serra e a proteggere meglio la biodiversità”. 
Un ritratto in chiaroscuro su cui incidono le previsioni di aumento della domanda di trasporto e il suo impatto ambientale a livello di ecosistemi marini e di atmosfera. 
Dai dati raccolti nel report i rifiuti marini prodotti dalla pesca e dal trasporto marittimo si sono dimezzati nell’ultimo decennio, "ma resta difficile affrontare il problema in modo globale". Anche la perdita di container, compresi quelli contenenti pellet di plastica, rimane un’importante fonte di inquinamento marittimo. 
“Le dispersioni annuali di pellet provenienti dalle industrie europee varia tra le 141 e le 279 tonnellate, principalmente dai container persi. Queste perdite possono avere impatti immediati e a lungo termine, come si è visto nell’incidente del CSAV TOCONAO verificatosi alla fine del 2023, dove sono state rilasciate circa 26 tonnellate di pellet di plastica, causando un danno ambientale significativo e innescando ampi lavori di depurazione lungo la costa galiziana”. 
Dalla relazione emerge inoltre che l’uso di fonti di energia e carburanti alternativi è aumentato, pur partendo da una base ridotta. Allo stato attuale, tuttavia, sarà necessario aumentare significativamente la produzione di alcuni possibili carburanti alternativi per poter soddisfare la domanda potenziale. Occorrerà inoltre sviluppare orientamenti internazionali armonizzati e formare la gente di mare sulle nuove tecnologie di decarbonizzazione. 
“Le nostre acque sono sotto pressione a causa del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità, della cattiva gestione e dell’inquinamento,” commenta Jessika Roswall, commissaria per l’Ambiente, la resilienza idrica e un’economia circolare competitiva. Al riguardo annuncia a breve “la prima strategia sulla resilienza idrica dell’UE”. “Abbiamo bisogno di un cambiamento di paradigma nell’approccio al sistema idrico, per preservare la qualità e la quantità di acqua nonché per aumentare il vantaggio competitivo della nostra industria in questo settore. Abbiamo bisogno di un approccio integrato, ‘dalla fonte al mare’ poiché le attività in mare sono strettamente legate a quelle sulla terraferma. Ora è il momento di un adottare un cambiamento nei settori marittimo e idrico per rendere l’Europa resiliente dal punto di vista idrico”.  
Con l’estensione del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU ETS) al trasporto marittimo nel 2024, l’UE è diventata la prima giurisdizione a fissare un prezzo per le emissioni di gas a effetto serra delle navi. Le entrate provenienti dal sistema di scambio finanziano il Fondo per l’innovazione, uno dei più grandi programmi al mondo per le tecnologie innovative e a basse emissioni di carbonio, con oltre 300 progetti relativi al trasporto marittimo già sostenuti. Allo stesso tempo, il regolamento FuelEU Maritime, in vigore da gennaio 2025, incentiva i combustibili a basse emissioni di carbonio e le soluzioni elettriche con limiti di intensità di gas serra sull’energia usata a bordo delle navi. 
“C’è bisogno di un’azione continua e di una maggiore innovazione per accelerare i progressi verso un trasporto marittimo più sostenibile in Europa, in tutte le sue operazioni, al fine di raggiungere gli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo, preservando al tempo stesso la competitività del settore. La nostra relazione congiunta è stata concepita per fornire ai responsabili politici e ai cittadini una valutazione fattuale e basata su elementi concreti delle sfide attuali e future del percorso di decarbonizzazione del settore, nonché delle opportunità che la digitalizzazione e le tecnologie avanzate possono offrire per favorire la transizione verde del settore marittimo», conferma Maja Markovčić Kostelac, direttrice esecutiva dell’EMSA. 
Tra le principali novità di quest’anno l'introduzione della SECA del Mediterraneo (zona di controllo delle emizzioni di ossidi di zolfo) che dovrebbe contribuire a ulteriori riduzioni insieme a quella in arrivo nell’Oceano Atlantico nord-orientale, che controlla sia gli SOx che gli NOx. Queste ultime “sono aumentate in media del 10% tra il 2015 e il 2023, arrivando a costituire il 39% delle emissioni di NOx legate ai trasporti nel 2022”. Di converso “le emissioni di ossidi di zolfo (SOx) nell’UE sono diminuite di circa il 70%, in gran parte proprio grazie all’introduzione della SECA nell’Europa settentrionale”. 
In crescita anche i livelli di inquinamento acustico sottomarino, in particolare nella Manica, nello Stretto di Gibilterra, nel Mare Adriatico, nello Stretto dei Dardanelli e nel Mar Baltico. I valori più bassi sono registrati nella parte nord-occidentale dell’Oceano Atlantico nordorientale, in particolare intorno allo Stretto di Danimarca, al Mare di Irminger e alla parte meridionale del Mar Mediterraneo. 
“Le petroliere e le navi da carico sono i principali contributori all’URN, in particolare alle frequenze inferiori. Tuttavia, il contributo di tipi specifici di navi varia a seconda delle regioni e delle bande di frequenza. L’analisi di previsione indica che l’attuazione di misure tecniche ed operative di mitigazione dell’URN e dei gas a effetto serra può portare a una riduzione sostanziale dell’URN per tutti i tipi di navi e in tutte le regioni entro il 2050. In casi specifici, questa riduzione potrebbe raggiungere il 70% rispetto a uno scenario di status quo”. 
Nel complesso, sottolinea il report, “l’adozione diffusa di carburanti e fonti di energia alternativi da parte del settore del trasporto marittimo richiede investimenti sostanziali, sia in termini di infrastrutture che di formazione”. 
Le stime suggeriscono “che fino a 800.000 marittimi potrebbero aver bisogno di una formazione supplementare sui nuovi combustibili e sulle nuove tecnologie entro la metà degli anni 2030 affinché entro il 2050 venga conseguito l’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra provenienti dal trasporto marittimo internazionale”. Pertanto, “vi è l’urgente necessità di linee guida internazionali armonizzate in materia di formazione dei marittimi per le navi che utilizzano fonti di energia alternative per promuovere efficacemente questa transizione”. 
Infine, le nuove sfide legate alle nuove tecnologie energetiche con le preoccupazioni che destano in termini di sicurezza potenziali alternative come l’ammoniaca. “Non è certo se la produzione di fonti energetiche alternative possa soddisfare la domanda che secondo le previsioni si verificherà parallelamente alle strategie di decarbonizzazione del settore. Ad esempio, la capacità degli elettrolizzatori prevista entro il 2030 potrebbe fornire combustibili a idrogeno per il 13-19% della flotta mondiale se si realizzano sufficienti aumenti di capacità e di energia elettrica da fonti rinnovabili, oltre alla necessità di aumentare la produzione di ammoniaca verde da tre a quattro volte per sostenere la domanda prevista”.
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