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AGCM, nel mirino AdSP e autoproduzione

 



Il settore portuale rientra nei mercati dei servizi dove l’Italia presenta una regolamentazione eccessivamente restrittiva. Lo scarso grado di concorrenza intra-portuale e inter-portuale rende necessari radicali interventi di liberalizzazione. È quanto conclude l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nelle “Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza - anno 2024”, pubblicata nel suo ultimo bollettino settimanale
La segnalazione, inviata al governo per la predisposizione del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, mette nel mirino temi come il numero delle AdSP, la normativa su concessioni e accordi sostitutivi, le restrizioni sull’impiego di manodopera e autoproduzione, gli obblighi di equo trattamento e non discriminazione da parte dei concessionari. 
In merito alla competitività del settore portuale italiano il documento dell’AGCM sottolinea la necessità di un migliore coordinamento degli investimenti nelle infrastrutture portuali e logistiche e alla crescita della scala operativa dei porti italiani. Entrambi gli obiettivi potrebbero essere raggiunti attraverso una rimodulazione degli enti presenti sul territorio italiano, evitando l’inevitabile concorrenza quando gli scali “di fatto insistono su bacini di domanda largamente sovrapposti o che potrebbero diventarlo in presenza di adeguate infrastrutture ferroviarie e retroportuali”. 
Il pericolo individuato è quello di una “duplicazione degli investimenti in porti relativamente vicini e della conseguente inutilizzazione della capacità così creata, soprattutto là dove l’aumento della capacità portuale di ricezione di merci e passeggeri non si accompagni a un adeguato sviluppo delle infrastrutture in grado di movimentare efficientemente merci e passeggeri dal porto verso i luoghi di destinazione”. 
La soluzione proposta è in “meccanismi di coordinamento degli investimenti delle diverse AdSP limitrofe, volti a far raggiungere a sistemi di porti più ampi di quelli gestiti da una sola delle AdSP attuali una scala operativa che permetta di competere a livello intra- mediterraneo con i grandi porti spagnoli e dell’Africa del nord nei traffici merci e di gestire efficacemente l’aumento atteso dei traffici crocieristici, valorizzando nel contempo le diverse vocazioni dei porti gestiti dalle differenti AdSP”. Di fatto: “l’accorpamento di alcune AdSP tra loro complementari per caratteristiche operative e per posizionamento sulle direttrici di traffico definite dai corridoi TEN-T”. 
Sulle concessioni l’Autorità denuncia le attuali procedure per il rinnovo o la proroga di una concessione che “a seguito di istanza dell’incumbent pongono quest’ultimo in una situazione di vantaggio competitivo”. Un vulnus che “non viene eliminato dall’adozione dei medesimi criteri di valutazione delle domande ricevute previsti in caso di attivazione d’ufficio di una procedura per la concessione di beni demaniali”. La proposta è una modifica all’art.18 della legge 84 del 1994 in merito alle istanze di parte, inducendo gli enti portuali ad attivarsi “almeno 12 mesi prima della scadenza delle concessioni esistenti o non appena una nuova area portuale entri nella disponibilità dell’AdSP”. 
Secondo il documento tra i fattori maggiori che limitano la competitività dei porti italiani c’è il maggior tempo in media richiesto per le operazioni portuali. Al fine di garantire maggiore flessibilità nell’uso della manodopera a disposizione si suggerisce di intervenire sul “divieto dello scambio di manodopera tra le diverse aree demaniali date in concessione alla stessa impresa o a soggetti comunque alla stessa riconducibili (contenuto nell’attuale formulazione dell’articolo 18, comma 9, della legge 84/1994) e dalle pesanti restrizioni cui è stato assoggettato il ricorso all’autoproduzione dall’articolo 199-bis del D.L. 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77/2020”. 
Su quest’ultimo punto, in particolare, nella misura in cui questo vincoli “creino un’esclusiva di fatto a favore delle compagnie dei lavoratori portuali”, si denuncia una contrarietà alla normativa a tutela della concorrenza confermato dalla recente Sentenza 6523/2024 del Consiglio di Stato. 
“L’Autorità suggerisce, pertanto, di modificare tale norma al fine di sostenere la competitività dei porti italiani, anche rispetto ai porti limitrofi di altri Stati membri in cui è possibile fare ricorso all’autoproduzione con maggiore libertà, fornendo altresì ulteriori stimoli all’efficienza dei gestori dei servizi portuali”. 
Infine, la questione del libero accesso alle infrastrutture, particolarmente delicata con lo sviluppo futuro degli impianti di cold ironing. L’AGCM propone l’introduzione di un nuovo articolo nella Legge 84/94: “Per tutti i porti di cui all’art. 4, comma 3, le condizioni di accesso agli impianti, alle installazioni e alle attrezzature del porto, ivi inclusa l’infrastruttura di cold ironing, praticate da gestori autorizzati e concessionari sono eque, ragionevoli e non discriminano tra utilizzatori. Il concessionario o il gestore degli impianti, delle installazioni e delle attrezzature e il gestore dell’infrastruttura di cold ironing, pubblicano e aggiornano tempestivamente le condizioni di servizio e le tariffe applicate sui propri siti internet, in una sezione di immediata consultazione evidenziata nella home page”.
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