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Intervento a cura di Alessandro Mazzetti, Docente di geopolitica, infrastrutture e trasporti presso Scuola ASCE di Venezia 

È da qualche settimana che le elezioni americane hanno decretato Trump come nuovo presidente degli Stati Uniti. Il candidato repubblicano è stato preferito alla democratica Kamala Harris. Evidentemente il popolo americano ha ritenuto opportuno licenziare la numero due del governo Biden preferendo un ritorno al passato. Una impresa non da poco se si considera che tutto il mainstream americano aveva appoggiato senza alcuna riserva colei che sarebbe dovuta diventare la prima presidente donna americana. Sulla scia dei mas media americani anche i nostri si sono lanciati in fantasiose narrazioni che descrivevano il confronto elettorale come una vera e propria disfida all’ultimo voto tanto da far impallidire quella di Barletta del nostro grande Ettore Fieramosca. In realtà le cose sono andate diversamente infatti, la vittoria del presidente imprenditore è stata assoluta e su tutta la linea. Trump ha la maggioranza sia in Senato che alla Camera oltre poter contare su 27 Governatori su 50. Anche sul profilo del voto il successo è indubitabile facendo di Trump uno dei presidenti repubblicani più votati con oltre 76 milioni di voti. Altresì la narrazione di un possibile crollo della borsa in caso di vittoria repubblicana raccontataci con grande enfasi dai mass media nazionali è stata totalmente disattesa. Infatti, al presunto crollo presentato quasi come un novello Martedì Nero i mercati salutano la vittoria repubblicana con una serie di risultati più che positivi. L’agenzia ANSA titola “Wall Street record, DJ +3,12%, Nasdaq +2,12”, ma anche lo S&P 500 mette a segno un poderoso progresso registrando un +1,87%. Insomma tutti gli indici economici in fortissima risalita. Viene da chiedersi come mai i mas media nazionali e non solo hanno così enormemente sbagliato? In pratica cos’è davvero successo? È opinione di chi scrive che oramai la stragrande maggioranza del mondo dell’informazione non svolga più quel fondamentale ruolo di quarto potere, ossia di controllo e vigilanza. Infatti, è da molto tempo che i mas media propinino delle opinioni come notizia, svolgendo, così, un ruolo di disinformazione. In più la mancata funzione di controllore verso la classe politica nazionale ha consentito che quest’ultima si sia quasi totalmente scollata dal tessuto sociale nazionale. Per cui sembra assolutamente conseguenziale che la mediocrità nazionale della classe politica sia dovuta anche in parte a quel mondo dell’informazione incapace oramai da anni a svolgere il proprio lavoro. Naturalmente esistono sacche di resistenza o per meglio dire vere realtà resilienti come PORTO&interporto che continuano la loro opera sia di proposta, ma anche di vigilanza in ambiti così fondamentali per il sistema paese. Tornando alla vexata quaestio ora sarebbe, se pur brevemente, interessante andare a delineare le future scelte geoeconomiche del presidente designato. In fondo proprio le difficoltà economiche americane concretizzatesi durante la presidenza Biden hanno contribuito non poco alla rielezione di Trump. Indubbiamente da gennaio assisteremo ad un progressivo incremento dei dazi doganali che metterà in difficoltà la già stemperata economia europea che al momento ha solo sviluppato strategie economiche monetarie d’uscita trascurando del tutto quelle relative alla produzione, stoccaggio e trasporto delle merci. Basti pensare che nessuna delle più importanti e-commerce mondiali è europea. In più la guerra in Ucraina ha privato la Germania ed il vecchio continente del GNL a buon mercato proveniente dalla Russia causando un brutale arresto della produzione e dell’economia tedesca prima ed europea poi. Difronte a tante trasformazioni internazionali ed economiche il vecchio continente sembra a dir poco paralizzato ed incapace a strutturare e predisporre strategie concrete per uscire dalla crisi. È indubbio che il grande green deal sia stato un fiasco clamoroso e che Bruxelles non sia neanche riuscita ad impedire lo scoppio del conflitto russo-ucraino (un conflitto tutto europeo). Anche le recenti vicende nel Medioriente sono una conseguenza del conflitto in Europa. È molto probabile che con la Merkel questo conflitto non sarebbe scoppiato nonostante i rapporti di quest’ultima con Trump non fossero proprio idilliaci. Per cui la condizione europea è già messa a dura prova a prescindere dalla nuova presidenza americana. Indubbiamente Trump non ha mai amato troppo il vecchio continente e di certo non può essere definito un estimatore della Germania. Comunque, ed è bene dirlo, visto che nessuno ancora lo ha fatto, che l’Europa del Trump II è ben diversa da quella di quattro anni fa poiché alla crisi economica, a quella energetica si è aggiunta anche quella politica e militare. Mentre tutti gli stati europei inseriti nella NATO corrono al riarmo superando in alcuni casi anche la soglia del 2%, nel vecchio continente non si riesce a realizzare il vecchio sogno di De Gasperi del CED (Comitato Europeo di Difesa). Allora è opportuno, pur semplificando al massimo un tema così importante, ricordare le parole del grande professore Federico Chabod secondo il quale era facile fare la politica estera nell’ottocento con le baionette guglielmine o la Royal Navy alle spalle. In pratica, la politica estera la si fa anche, se non soprattutto, esercitando pressioni militari. Una realtà oggettiva confermata dalla storia. È indubbio anche che la strategia del blocco commerciale ideata per danneggiare la Russia non abbia funzionato per nulla. Anzi gli unici risultati apprezzabili sono stati la perdita di un importatore così importante per la nostra economia e il riavvicinamento indiano alla Cina grazie alla triangolazione con Mosca. Comunque, al di là delle simpatie personali, gli Stati Uniti, oggi più che mai hanno bisogno di una Europa compatta e forte. Trump dovrà trovare il sistema di proporre una pace non troppo umiliante per Kiev in Ucraina, mitigare quel guazzabuglio nel Medioriente rilanciando il Patto di Abramo, ma soprattutto trovare il modo per far riavvicinare l’India all’occidente poiché senza il governo di Nuova Delhi la strategia contenitiva del Quad (Quadrilateral Security Dialogue) in funzione anti-cinese non può esistere. In vero, sfide assai poderose tanto da far impallidire le sette fatiche d’Ercole.


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