Dal settore ittico il rilancio economico della Somalia
Il governo di Mogadisco ha lanciato ufficialmente il suo progetto denominato Badmaal, iniziativa di sviluppo sostenibile della pesca volta a rivitalizzare le comunità costiere della Somalia e il settore ittico del paese. Con una dotazione di 55 milioni di dollari da parte della World Bank il progetto fa parte di un più ampio impegno nello sviluppo della blue economy e punta a beneficiare pescatori, lavoratori del settore ittico e piccole imprese attraverso la costruzione di infrastrutture resilienti ai cambiamenti climatici e finanziariamente sostenibili, compresi impianti essenziali come frigoriferi e centri di lavorazione per migliorare la gestione e la qualità del pesce.
La crisi del settore a partire dall’inizio del secolo, cui il governo sta rispondendo anche con norme più restrittive nell’uso della pesca a strascico e nell’accesso agli stock ittici dell’area somala da parte dei grandi pescherecci internazionali, ha alimentato nel corso degli anni il fenomeno della pirateria nel quadrante del Corno d’Africa. Molti dei pescatori, messi sul lastrico da un’attività poco lucrativa, a causa di una serie di fattori economici, organizzativi, ambientali, sono andati ad ingrossare le fila dei pirati che per almeno un decennio hanno creato non pochi problemi allo shipping internazionale.
Considerata una risposta anche su questo versante, il progetto Badmaal vuole creare le condizioni per sfruttare al meglio un mercato potenziale che con l’ingresso della Somalia nell’East African Community sfiora i due miliardi di dollari.
Con oltre trecento milioni di persone l’EAC mette a disposizione una base di consumo di prodotti ittici, con un forte aumento della domanda, collegato ai cambiamenti alimentari dovuti all’aumento dei redditi. In questo contesto il settore ittico somalo cerca di dotarsi della “massa critica” per creare joint venture e partnership con aziende dei paesi limitrofi. Senza dimenticare la possibilità di accesso al rinnovato porto di Lamu, in Kenya, che potrebbe rappresentare il trampolino di lancio verso i mercati internazionali.
Nello specifico 32 milioni di dollari saranno destinati alla costruzione di infrastrutture, risolvendo le sfide di lunga data che hanno impedito al settore di soddisfare gli standard più elementari. E dunque: celle frigorifere, realizzazione e potenziamento dei siti di stoccaggio ma anche strade e sistemi di trasporto per raggiungere i mercati locali e regionali.
Badmaal farà il suo debutto nel Puntland, nel nord-est del paese, e si estenderà al Jubaland, nel sud, supportando oltre 40.000 pescatori e lavoratori.
Tra gli obiettivi più ambiziosi: aumentare le pratiche di pesca sostenibile del 50% e migliorare il valore aggiunto nella lavorazione e nel marketing del 30%. Inoltre, rafforzerà la governance, il monitoraggio e la gestione delle risorse ittiche marine per combattere la pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata (IUU), che attualmente rappresenta il 30% delle attività nelle acque somale.
Secondo un report della World Bank “le acque somale hanno un elevato potenziale di produzione ittica, ma la sostenibilità di queste attività è compromessa dalla presenza incontrollata di navi da pesca locali e prevalentemente straniere, molte delle quali operano illegalmente. Il settore ittico è di piccola scala e di conseguenza le risorse marine non sono considerate sovrasfruttate”.
Per l’istituzione, Badmaal contribuirà a una crescita del 20% dell’economia blu entro il 2030. Pensato per migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici, in particolare per le comunità costiere vulnerabili, “fornirà sussistenza e mira a migliorare la vita di circa 1,5 milioni di persone dipendenti dalla pesca”.
A conferma le cifre. Al centro dell’unica risalita dei tonni nell’area dell’Oceano Indiano la Somalia potrebbe guadagnare circa 400 milioni di dollari annui dalla pesca artigianale e 1,6 miliardi da quella di altura posizionandosi al livello di realtà come il Marocco (1,8 miliardi annui) e Mauritania (850 milioni).