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Blue economy, la leva competitiva dell'innovazione

 



Il futuro produttivo dell’Italia e del Mezzogiorno si giocherà sulla capacità da fare innovazione. È questa la leva per garantire la competitività in un sistema internazionale alle prese con mutazioni strutturali dal ritmo sempre più sostenuto. Il discorso vale anche per la logistica, settore quanto mai strategico sia per il peso crescente sul Pil nazionale sia per il ruolo di facilitatore dei processi produttivi e distributivi del “made in Italy” a livello globale. Tra le grandi novità dell’ultima Naples Shipping Week il grande spazio che questo tema è riuscito a ricavarsi, in particolare in quella particolare declinazione della ricerca che va sotto il nome di open innovation. 

Per la prima volta mondo dello shipping e soggetti deputati ad accompagnare le aziende nei loro percorsi di innovazione hanno avuto la possibilità di confrontarsi, facendo chiarezza sulle reciproche esigenze, competenze, potenzialità da mettere al frutto. Al centro di questo confronto Fabbrica Italiana dell’innovazione, l’incubatore di start up insediato da circa un anno nell’area Est di Napoli incentrato principalmente nello sviluppo della green e blue economy, che ha animato due stimolanti appuntamenti. 

Il primo, ospitato da Confindustria Salerno (“Il paradigma dello sviluppo nelle infrastrutture e delle filiere: il valore dell’innovazione”), ha visto la partecipazione di numerosi esperti e rappresentanti del settore marittimo e logistico confrontarsi attorno al paradigma dell’open innovation. L’evento, unica tappa salernitana nell’ambito delle iniziative della NSW2024, ha rappresentato un’occasione per discutere delle migliori strategie per garantire i necessari livelli competitivi delle filiere produttive e delle infrastrutture che le supportano. 

Al centro degli interventi il ritmo sempre più incalzante dei cambiamenti che stanno investendo il cluster della blue economy italiana in un contesto in cui la capacità di adattamento si avvia a diventare una delle principali leve per rimanere competitivi sui mercati. Un’accelerazione che implica la necessità di nuovi paradigmi operativi, a cominciare dall’individuazione di soggetti in grado di intermediare l’individuazione, lo sviluppo e la messa in atto dei processi innovativi di cui hanno bisogno le aziende. In questo ambito lo sviluppo di un ecosistema basato sull’open innovation diventa l’opzione migliore - il terzo pilastro tra l’intervento pubblico e le attività private in house - per garantire una lettura efficace di una complessità non più affrontabile come soggetto imprenditoriale singolo. 

«L’innovazione non è solo una leva per la crescita economica ma una necessità per affrontare le sfide globali e rendere le nostre infrastrutture più resilienti e performanti» ha sottolineato Fabrizio Monticelli, presidente di Fabbrica dell’Innovazione. «Le variabili esterne diventano sempre più difficili da gestire in modo efficace. Serve una visione dei sistemi basata sulla logica della connessione tra diverse competenze e specializzazioni». 

Nel corso dell’incontro è stato presentato l’innovativo software per l’abbattimento delle vibrazioni nelle gru portuali della startup HEROBOTS, che ha partecipato al programma di incubazione della CTE Napoli, supportata da Fabbrica Italiana dell’Innovazione e SPICI srl. 

Hanno partecipato all’incontro anche Autilia Cozzolino, ricercatrice di SRM, che ha evidenziato un contesto economico di potenziale crescita per il Mezzogiorno, a patto di fare leva sulla competitività produttiva, Claudio Lubatti, Resp. Uff. ESG and Innovation in maritime logistic di SRM, ed Antonia Autuori, Presidente Confindustria Gruppo Risorsa Mare, Trasporti e Logistica, che ha ricordato come “in un settore come la logistica, fortemente influenzata dai cambiamenti tecnologici, bisogna allineare la propensione all’innovazione tra la parte privata e quella pubblica, verso una burocrazia che stia al passo con i tempi”. 

Decisamente votato a dimostrare le procedure inedite legate al paradigma dell’open innovation, il secondo evento, vera e propria dimostrazione pratica sul campo, in uno dei segmenti più specializzati e strategici dello shipping come “l’applicazione di Realtà Aumentata per l’ispezione di infrastrutture subacquee e l’identificazione in tempo reale di target e ordigni bellici con ROV”. 

Alla Stazione Marittima è andata in scena il lancio di un’originale “challenge” destinata a giovani innovatori e imprese chiamate a sviluppare soluzioni sostenibili e tecnologicamente avanzate nel settore delle attività sottomarine. Protagoniste Fabbrica Italiana dell’Innovazione, Intesa Sanpaolo Innovation Center, la società del gruppo Intesa Sanpaolo dedicata all’innovazione di frontiera, e Next Geosolutions, tra le aziende leader a livello internazionale nel settore delle geoscienze marine e nei servizi di supporto alle costruzioni offshore. 

Obiettivo: rispondere a reali esigenze operative con proposte innovative in grado di alzare i livelli complessivi di competitività aziendale. 

Il meccanismo della challenge è intuitivo: partire dall’esposizione di una problematica specifica (la “sfida”, appunto), confrontarsi e scegliere tra le varie ipotesi esecutive proposte per la sua risoluzione. Nello specifico Roberta Morelli, Research, Development & Innovation Engineer e Ruggiero Maffione Data Processing and Reporting Manager di Next Geosolutions hanno presentato e delineato il campo d’applicazione della sfida, rivolta a startup e PMI di livello nazionale e internazionale. 

La richiesta parte dalla necessità di “sviluppo e realizzazione di un'applicazione di realtà aumentata per ROV, che superi i problemi di visibilità causati dall'attenuazione della luce e dalla scarsa trasparenza della colonna d'acqua, facilitando e potenziando l'ispezione delle infrastrutture subacquee e l'identificazione in tempo reale di bersagli e ordigni inesplosi (UXO)”. Gli obiettivi da raggiungere mirano a ridurre l’incertezza nell’identificazione, a creare un database dei target, a migliorare la valutazione del rischio, a ridurre i tempi operativi, a prevedere attività di formazione e addestramento e a creare classi di identificazione. 

L’iniziativa intitolata “Navigando nell’innovazione: opportunità e sostenibilità nella Blue Economy”, ha rappresentato di fatto la prima occasione per illustrare agli stakeholders della “Blue Economy” riuniti a Napoli il cambio di paradigma che i processi di “open innovation” possono apportare per affrontare in modo sempre più efficace le trasformazioni strutturali cui è chiamato a confrontarsi il cluster nei prossimi anni. 

Alessandro Balboni, head of innovation business development di Intesa Sanpaolo Innovation Center ha sottolineato l’impegno della Società a supporto della business transformation e della competitività di lungo termine delle aziende. “Studiamo i trend di innovazione italiani che dovranno essere applicati nei prossimi anni. Fare open innovation è molto complicato anche se riduce i costi di ricerca e sviluppo: aumenta la conoscenza, aumenta la competitività di lungo periodo e riduce il rischio per il proprio business oltre che contribuire alla creazione di vantaggi reputazionali”. 

Tra le difficoltà maggiori emerse quella di mettere in relazione grandi aziende e startup. Anche per colmare questa lacuna è nata Fabbrica Italiana dell'Innovazione. “Siamo un incubatore certificato, un acceleratore e un innovation hub competitivo sulla blue economy e la green economy,” ha spiegato il presidente Fabrizio Monticelli. “L’open innovation è la leva per connettere il talento delle nuove generazioni con le sfide delle imprese, creando soluzioni che non solo rispondano ai bisogni del presente, ma anticipino quelli del futuro”.
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