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La Sicilia come Polo di Crescita Sostenibile

 


Intervento a cura del Contrammiraglio (Cp) aus. Rosario Marchese 
Consigliere del Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare  


Prima di iniziare la disamina degli argomenti citati nel titolo mi preme condividere con i lettori il piacere della istituzione nel nostro Paese, del Ministero per le politiche del Mare avvenuta quasi due anni fa. L’attuale governo infatti ha messo, sin dal suo insediamento, al centro della sua agenda politica il “Mare”, dando finalmente la giusta dignità alla nostra Italia “Nazione di Mare”, riconoscendole in tal modo l’identità marittima, che trova riscontro nella nostra lunga storia di relazioni commerciali, di tradizioni e di mestieri fortemente legata al “Mare Nostrum” ed alla centralità geografica del Mediterraneo. Ritengo che in Italia, stia maturando una nuova coscienza "marinara", un diverso e più consapevole approccio culturale verso il mare che costituisce una risorsa ma che può rappresentare, un vero e proprio valore per le generazioni future. 
Del resto, il mare è un’entità in gran parte ancora ignota ed inesplorata, specialmente nella sua dimensione sommersa, di cui conosciamo appena il 20% e che rappresenta un vero e proprio moderno terreno di conquista per i Paesi maggiormente sviluppati, i quali vi intravedono nuove opportunità di crescita economica e di affermazione della propria leadership a livello internazionale. 
Il mare è una vera e propria opportunità per l’Italia, con i suoi oltre 7.500 chilometri di coste, 3.850 dei quali insulari, ed i circa 155.000 chilometri quadrati di acque marittime territoriali, e costituisce un vero e proprio contenitore di attività economiche, commerciali, produttive, turistiche ed energetiche che, complessivamente, superano un valore stimato di circa 136 miliardi di euro, pari al 9,1% del valore aggiunto prodotto dall’intera economia nazionale. 
E se è vero – come riportato nel Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare per il 2024 del Centro Studi Tagliacarne, – che ogni euro prodotto dalla blue economy ne attiva altri 1,8 sul resto dell’economia nazionale, generando “valore pubblico”, risulta immediatamente evidente come l’intero comparto meriti un approccio strategico adeguato e coordinato. Ma andiamo per ordine. 
La storia ci insegna che le vie marittime sono fondamentali per l’economia e indispensabili per sostenere la capacità industriale di ogni Paese. Tuttavia, per loro stessa natura, esse sono esposte a eventuali azioni aggressive da parte di chi desidera trarre illecito profitto da tali azioni o per opera di elementi che intendono ostacolare i normali commerci internazionali. 
È fondamentale per l’Italia le importazioni dal mare, in quanto si è scelto di basare la nostra economia su una forte industrializzazione. Anche se è geograficamente definita una penisola l’Italia, può infatti essere assimilata a un’isola quando si parla della sua accentuata dipendenza dalle importazioni e, quindi, dalla libera fruibilità delle linee di comunicazione marittime. Se analizziamo i numeri dell’economia marittima notiamo che il 90% del commercio mondiale in termini di volume ed il 70% in termini di valore avviene via mare: porti, shipping, logistica, rotte sono dunque un ottimo osservatorio per capire gli equilibri commerciali ed economici globali. 
Si tratta di circa 12 miliardi di tonnellate di prodotti che contribuiscono a collegare economicamente tutti i paesi costieri della Terra, ma i cui benefici effetti si estendono in profondità all’interno di tutti i continenti. 
Ed è proprio il Mediterraneo, conosciuto ormai con il termine di “allargato”, che si trova al centro dei principali giochi strategici mondiali, indiscutibile riferimento per lo sviluppo economico e sociale, teatro di affermazione per la biodiversità, storicamente via dei traffici e dei commerci. Geograficamente è il luogo dove si incontrano tre continenti, militarmente rappresenta il fronte sud dell’Alleanza Atlantica, politicamente è l’area in cui l’Europa (e quindi l’Occidente) si interfaccia con il Mar Nero, il Medio Oriente, il Mar Rosso, il Golfo Persico, il Golfo di Guinea e, più in generale, con l’Oceano Indiano e l’Africa. 
Nel transito dal Mediterraneo via Mar Rosso e canale di Suez, le navi mercantili provenienti dal Golfo Persico o dall’Estremo Oriente e dirette verso il Nordeuropa, che volessero evitare o sarebbero costretti ad evitare, come è avvenuto ed avviene in questo periodo storico, i due passaggi obbligati di Bab-el-Mandeb e Suez, dovrebbero allungare il percorso di ben 3.500 miglia nautiche (circa 6.500 km), passando a sud del capo di Buona Speranza e risalendo il Golfo di Guinea. Ciò vorrebbe dire tra i 7 e i 10 giorni di navigazione in più, con tutti i costi e i ritardi correlati. 
Sembra ovvio come, per l’Italia, il Mediterraneo rappresenta un vero e proprio patrimonio economico di valore inestimabile. Dal mare, infatti, passano tutte le principali articolazioni della nostra economia, energia, comunicazioni, sicurezza. Di conseguenza, è chiaro come sia fondamentale proiettarci sul mare per tutelare i nostri interessi economici nazionali principalmente attraverso la sicurezza delle attività estrattive marine e dei traffici marittimi. 
Inoltre, la rete di cavi sottomarini rappresenta l’ossatura dello spazio cibernetico. Circa il 90% delle informazioni che scarichiamo da internet transitano lungo le autostrade in fibra ottica posate sui fondali marini. Autostrade che generalmente seguono le linee di comunicazione marittime commerciali. 
I cavi sottomarini vengono usati sin dalla metà dell'Ottocento ma non hanno mai avuto l'attuale importanza per le comunicazioni globali, a causa dello sviluppo dell'alta tecnologia che consente oggi di trasmettere fino a 400 gb di dati al secondo - l'equivalente di 375 milioni di telefonate - grazie a cavi in fibra capaci di trasmettere dati a 180.000 chilometri al secondo. I cavi che attraversano il Mediterraneo hanno un'importanza a livello globale, perché forniscono una connessione essenziale per il flusso di dati tra l'Europa, l'Africa, il Medio Oriente e l'Asia. Il loro controllo ha a che fare con una nuova dimensione della sicurezza figlia della Rivoluzione digitale: quella dei dati. 
I cavi sono fondamentali per il trasferimento di informazioni, comunicazioni telefoniche, transazioni finanziarie, traffico internet e servizi online tra queste regioni. La connettività affidabile e ad alta velocità offerta dai cavi sottomarini è vitale per l'economia digitale. Al tempo stesso i cavi sottomarini nel Mediterraneo consentono la comunicazione diretta tra Paesi che altrimenti dipenderebbero da rotte terrestri o satellitari più complesse e costose. Ciò favorisce la cooperazione economica, politica e culturale tra le nazioni ma soprattutto i cavi sottomarini hanno un ridotto impatto nell'ambiente marino; i cavi in fibra ottica sono realizzati con materiali chimicamente inerti e ad impatto ambientale nullo. I cavi vengono posati sulla superficie del fondale oceanico (non interrati), riducendo così al minimo qualsiasi disturbo. Quando un cavo è danneggiato, a differenza di un oleodotto, non vi è inquinamento o fuoriuscita di petrolio, ma solo perdita di comunicazione. I percorsi sono scelti con cura per evitare, ove possibile, i rischi naturali marini (frane e correnti di torbidità, vulcani attivi e inattivi o montagne sottomarine, ecc..). 



Si comprende, quindi, come tali “autostrade” digitali rivestano un’elevata importanza per lo svolgimento delle attività umane nelle società tecnologiche. 
Sottolineo da sempre ed a gran voce, che la posizione della Sicilia di fronte il Nord Africa le consentirà di giocare il ruolo di ponte energetico verso l’Europa. Se la Storia come noto è passata per la Sicilia, e continua a farlo, è perché l’isola per la sua posizione al centro del Mediterraneo, è da sempre un crocevia naturale tra Europa, Africa e Asia, e oggi sta consolidando il suo ruolo come hub strategico in vari settori. Grazie alla sua collocazione geografica, l'isola è un punto di passaggio obbligato per le principali rotte commerciali marittime che collegano l'Est e l'Ovest, nonché il Nord e il Sud del mondo. Questo rende la Sicilia una piattaforma fondamentale per il traffico di merci e persone, con porti e aeroporti che svolgono un ruolo chiave nell'integrazione e nella connessione dei mercati internazionali. E se riusciamo a cambiare prospettiva guardando dal mare l’isola ci permetterà di cogliere in anticipo le dinamiche, distinguendo soprattutto tra i cambiamenti temporanei e quelli più profondi che segnano trasformazioni durature. 
Chi la controlla è in grado di dominare importanti rotte marittime fra Suez e Gibilterra come dimostra il fatto che lo Stretto di Messina è fra i corridoi di navigazione più trafficati al mondo. L’Isola, infatti, è caratterizzata da una notevole estensione costiera (1.637 km). Da sola rappresenta il 22% circa dell’estensione costiera dello Stato italiano (costituito da 7.500 Km di costa) con 1.152 km di coste dell’isola maggiore a cui vanno aggiunti i 500 km circa delle isole minori. 
Inoltre, basi militari, stazioni di ascolto, centri operativi di droni e antenne hi-tech posizionate in Sicilia consentono di lottare contro la pirateria, ogni tipo di traffici illeciti, i terroristi di qualsiasi matrice e ogni altra minaccia proveniente dalla sponda sud del Mediterraneo. E ancora: sicurezza, difesa, attività economiche, flussi del turismo e risorse energetiche - gas naturale e petrolio - contribuiscono ad aumentare l'importanza di quest'isola. 
Da qui il valore per l'Italia, gli Stati Uniti e la Nato delle sue installazioni militari: Augusta, sulla costa orientale, che ospita unità di ogni tipo più i sottomarini; Sigonella, la più grande base aerea Usa in Europa, epicentro delle operazioni americane nell'intero scacchiere del Mediterraneo allargato e anche oltre; Trapani-Birgi, sulla costa orientale, usata dalla Nato per operare in Nordafrica come nei Balcani; Catania-Fontanarossa, sede di una squadriglia di caccia dell'aeronautica italiana; Palermo, nel cui porto sosta ogni tipo di unità della marina militare. 
Ma non è tutto, la Sicilia è da tempo diventata anche l'epicentro di un altro equilibrio strategico, la cui importanza compete con quella militare più tradizionale: i cavi sottomarini attraverso cui transitano i megaflussi di dati che collegano Asia, Africa ed Europa. 
Se oggi i dati sono i beni più ambiti e più scambiati al mondo, la loro capacità di muoversi velocemente attraverso tre continenti viene dai cavi fisici posizionati sui fondali che poi toccano le coste siciliane. 
I nomi di questi cavi sono sconosciuti ai più ma senza di loro gran parte delle comunicazioni intercontinentali semplicemente non potrebbe avvenire. 
Il Sicily-I collega la Sicilia con Malta e Tunisia; 
il Sicily-Malta Interconnector consente il trasferimento di energia elettrica tra Sicilia e Malta; 
il Sicily-Tunisia collega la Sicilia alla Tunisia e dunque all'intera Africa; 
il Sicily-Italy include diversi cavi sottomarini che collegano l'isola alla terraferma, fornendo una connessione affidabile senza la quale l'Italia non sarebbe tecnologicamente unita. 
Non meno importante è il Sea-Me-We-3 internazionale, che collega l'Europa all'Asia, attraversando il Mediterraneo e trasformando la Sicilia in uno dei punti di interconnessione fra l'Italia, l'Egitto, l'India e la Cina. 
E per finire, l'Aae-1 (Asia Africa Europe-1): un cavo transcontinentale che collega l'Asia all'Africa e all'Europa, dunque fra i più importanti al mondo. 
Per cui, se conta quello che avviene nella superficie del Mediterraneo dove duellano le potenze, ancor più conta il duello sui fondali del Mediterraneo da cui passano i cavi con le fibre ottiche che portano all'Estremo Oriente, al Nord America, dall'Asia e all'Africa, all'Europa. La maggioranza di questi cavi sottomarini tocca il territorio della Sicilia. Quindi se il mediterraneo è il cuore del mondo, la Sicilia oggi è il cuore del mediterraneo. 


Non va sottaciuto inoltre che la Regione Siciliana è stata una delle prime regioni italiane a sviluppare una strategia dell’innovazione per le economie del mare. Dopo una profonda analisi ed attraverso un lungo lavoro di interlocuzione, con tanti stakeholders presenti, il gruppo di lavoro interessato ha individuato sette traiettorie chiave, una di queste è proprio l’Economia del mare. 
Posso affermare che il lavoro fatto dalla Sicilia ha precorso i tempi mettendo al centro della propria strategia la c.d. Blue Economy, che riunisce tutte le funzioni economiche direttamente o indirettamente collegate al mare: Io shipping e la cantieristica (con il correlato indotto); il settore ittico (pesca regolamentata, allevamento intensivo, fattorie ittiche e nuove frontiere nutritive,); il settore energetico, basato sulle risorse ottenibili dal mare e dal suo fondale in termini di energia (giacimenti di petrolio e gas, biomasse e utilizzo delle maree) e materie pregiate (in primo luogo i cosiddetti noduli polimetallici); le attività ludico-ricreative che in futuro, potrebbe vedere affiancarsi il turismo subacqueo al tradizionale turismo da diporto. 
Così intesa la Blue Economy, è divenuta oggi il fulcro dello sviluppo ecosostenibile, tanto da essere posta al centro delle strategie dell'Unione europea e di conseguenza del Next Generation UE e dei Piani Nazionali di Ripresa e di Resilienza. 
Come detto nelle premesse del presente articolo, il valore aggiunto della Blue Economy, in Italia supera i 60 miliardi di euro, con oltre un milione di lavoratori coinvolti, incremento del valore aggiunto più che doppio rispetto alla media nazionale. Ci aiuta l’immagine estratta dal XII “Rapporto sull’economia del mare” 2024. 
Aumenta anche l'occupazione, quasi quattro volte superiore a quello generale del Paese. Un altro dato significativo riguarda le imprese: tra il 2019 e il 2023 sono cresciute del 4,3%, mentre il resto del tessuto imprenditoriale nazionale ha subito una contrazione di oltre il 2%. 
La Blue Economy si distingue quindi per la sua natura "controcorrente" rispetto ai tradizionali modelli di sviluppo economico. In particolare, il Mezzogiorno consolida il suo primato come area a maggiore produzione di valore aggiunto, con circa 21 miliardi di euro di produzione diretta, pari a quasi un terzo dell'intera economia marittima del Paese. 
Anche in termini di occupazione, il Sud detiene oltre il 37% degli impieghi del settore, mentre le imprese nell'area superano le 111 mila unità, rappresentando più del 48% del totale nazionale della Blue Economy. 
Quando l'economia riprende a muoversi, settori come il turismo e la logistica sono particolarmente sensibili. Il valore aggiunto del settore dell'ospitalità e della ristorazione è cresciuto di quasi il 30%, quello delle attività sportive e ricreative, legate ai servizi turistici, è aumentato di circa il 20%, mentre la movimentazione di merci e passeggeri è cresciuta del 19%. 
Un aspetto rilevante è che ogni euro speso nella filiera marittima genera ulteriori 1,8 euro di ricadute economiche, un moltiplicatore in crescita rispetto al passato, quando era di 1,7. In questo modo, ai 65 miliardi di produzione diretta della Blue Economy si aggiungono quasi 114 miliardi di effetti indotti, portando il contributo totale a oltre 178 miliardi di euro, pari al 10,2% del PIL nazionale, con un incremento di quasi un punto percentuale rispetto al 2021. 


Per concludere, la Blue Economy pur rappresentando una grande opportunità per lo sviluppo economico e la sostenibilità, deve affrontare una serie di sfide complesse. Una delle principali è il degrado degli ecosistemi marini, causato da inquinamento, rifiuti di plastica, prodotti chimici e scarichi industriali che danneggiano gravemente gli habitat marini. Questo degrado mette in pericolo la biodiversità e altera gli equilibri ecologici, minacciando la vita marina e la salute degli oceani. 
Un’altra sfida cruciale è la pesca eccessiva, che ha portato molte specie ittiche a un declino allarmante, compromettendo la sicurezza alimentare per le comunità costiere. Si sta infatti lavorando per una gestione sostenibile delle risorse marine per garantire che la pesca possa continuare senza danneggiare ulteriormente gli ecosistemi. 
I cambiamenti climatici aggiungono un ulteriore livello di complessità, poiché causano l'innalzamento del livello del mare, l'acidificazione degli oceani e alterazioni delle correnti marine, con gravi ripercussioni sulla vita marina e sulle barriere coralline. 
Il futuro della Blue Economy è comunque promettente, grazie all'innovazione tecnologica che sta aprendo nuove opportunità per lo sfruttamento sostenibile delle risorse marine. Tecnologie avanzate come la robotica subacquea, le energie rinnovabili marine e l'intelligenza artificiale possono migliorare l'efficienza delle attività economiche legate al mare, riducendo al contempo l'impatto ambientale. La transizione verso un'economia circolare sarà fondamentale per ridurre al minimo i rifiuti e massimizzare il riutilizzo delle risorse, contribuendo così a ridurre l'inquinamento marino e a valorizzare le risorse naturali. 
Sarà inoltre importante investire nell'educazione e nella formazione del capitale umano per preparare le nuove generazioni a lavorare nel settore della Blue Economy, sviluppando competenze in gestione sostenibile delle risorse, innovazione tecnologica e conservazione degli ecosistemi marini. La pianificazione spaziale marittima e politiche integrate saranno essenziali per garantire che le diverse attività economiche possano coesistere in modo sostenibile, promuovendo sia lo sviluppo economico che la conservazione ambientale. Infine, la capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici e costruire resilienza contro le crisi globali sarà determinante per lo sviluppo della Blue Economy. 
L’attuale governo è al lavoro per stabilire misure per proteggere le comunità costiere vulnerabili, promuovere infrastrutture resilienti e sviluppare strategie per gestire i rischi associati al cambiamento climatico. Il futuro della Blue Economy dipende dalla nostra capacità di affrontare queste sfide e sfruttare le opportunità emergenti in modo sostenibile. Investire nella Blue Economy non è solo un'opportunità economica, ma anche un imperativo per garantire la salute del pianeta e il benessere delle generazioni future.
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