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L'intermodalità a rischio

 


L’interruzione dei servizi intermodali su alcune direttrici, causa problematiche infrastrutturali, da una parte. La congiuntura economica non favorevole, con le persistenti difficoltà dell’economia tedesca, dall’altra. Una combinazione di cause, alimentate dall’andamento a macchia di leopardo dei comparti produttivi italiani con alcuni che continuano a tirare mentre altri registrano segnali di crisi, sta avendo come effetto uno spostamento del traffico merci dalla ferrovia alla gomma. «Un fenomeno che temo si potrebbe accentuare, con effetti negativi sul futuro dell’intermodalità in Italia,» sottolinea preoccupato Marco Spinedi, presidente dell’Interporto di Bologna. «Storicamente riportare la merce su ferro è sempre complicato». 

Considerando la situazione è sempre valido l’obiettivo fissato a Bologna dei diecimila treni? 

Bisogna guardare oltre la congiuntura. L’attuale calo della domanda sta portando gli operatori a minimizzare i costi riorganizzando punti e linee di carico e scarico. Ma la partita va giocata sul medio - lungo periodo e l’obiettivo risulta concreto. Tutta la programmazione, gli investimenti e gli interventi effettuati hanno un orizzonte temporale che guarda ai prossimi dieci anni. E non si tratta solo di disporre di nuovi binari che rispettino gli standard europei. C’è tutto uno sforzo per migliorare e aumentare il sistema della produttività e della funzionalità dei terminal. Il percorso è stato avviato. Bisognerà buttare il cuore oltre l’ostacolo ma, inutile fissare date, riusciremo a portare a casa il risultato. 

Quale ruolo giocherà in questo percorso il nuovo centro di formazione? 

Sicurezza e formazione sono fattori essenziali nel nostro processo di sviluppo. I corsi per i dirigenti sulla sicurezza cominceranno a breve e anche in questo caso avviamo un’azione sulla qualità complessiva del lavoro che si completerà nei prossimi anni. Ma era importante aprire anche questo capitolo. Lo sforzo è indirizzato a creare spazi di confronto, valorizzazione di esperienze e competenze che, a partire dalle rappresentanze sindacali, permettano di operare nel miglior modo possibile. Anche il completamento di una piccola sede che sarà messa a disposizione di un centro di ascolto della Caritas va in questa direzione. 

Una visione che tende a rendere l’Interporto un luogo più vivibile… 

Certamente. Stiamo lavorando per migliorare tutte le problematiche legate alla mobilità del personale: anche raggiungere il posto di lavoro nel modo più semplice e sicuro garantisce una migliore qualità del lavoro. Così come abbiamo avviato iniziative nel settore delle abitazioni. Anche qui: vivere ad una distanza accettabile dal posto di lavoro è un elemento di cui tenere conto. E poi c’è il pacchetto di interventi di sostegno ai lavoratori più in difficoltà. All’interno della palazzina dei servizi è stato aperto un poliambulatorio che offre tutta una serie di prestazioni convenzionate. L’unico obiettivo che è quello di migliorare e alzare l’asticella della qualità dei servizi e della vita in generale all’interno dell’interporto. 

Qual è la risposta delle aziende rispetto a questa filosofia? 

Dal punto di vista numerico le società insediate che hanno firmato il protocollo sono ancora poche ma si tratta anche di quelle più qualificate. D’altro canto non si può pensare di centrare fin da subito il risultato pieno. Si semina per raccogliere quando i tempi saranno maturi. Di sicuro è incoraggiante l’interesse degli investitori del settore immobiliare che in questo modello, rispetto alle problematiche riscontrate in altri contesti, stanno trovando un elemento di qualificazione. Dalla realizzazione dell’impianto sportivo polivalente al progetto della street art, con il relativo inserimento dell’iniziativa di Arte Fiera nell’elenco dei luoghi da visitare nell’ambito dell’arte contemporanea, gli esempi concreti non mancano.
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