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La “riforma Cartabia” nel procedimento arbitrale

 


Intervento a cura dell'Avv. Luciano Abbate

Il tema delle misure cautelari e le possibili implicazioni nel sequestro di nave

L’istituto dell’arbitrato riguarda tradizionalmente il procedimento instaurato tra soggetti privati in virtù di una manifestazione di volontà contenuta in una clausola “arbitrale” o di un accordo compromissorio (stipulato anche a posteriori), inseriti in un contratto avente ad oggetto i rapporti commerciali del settore dei traffici marittimi e che molte volte è caratterizzato da elementi internazionalità. 
L’arbitrato “marittimo” rappresenta uno strumento ampiamente riconosciuto e diffuso nella prassi contrattuale nel settore dello shipping che, a sua volta e per molti aspetti, rispecchia le pratiche consolidate del commercio internazionale, ed è diventata una scelta preferenziale delle parti contraenti per la risoluzione delle varie questioni e controversie. Queste ultime, in particolare, sono molteplici e, soprattutto presentano tratti estremamente peculiari perché riguardano fattispecie contrattuali specifiche strettamente inerenti agli istituti propri del diritto marittimo la cui regolamentazione è segnata - oramai da più di un secolo - dalle convenzioni internazionali in materia, oltre che dalla disciplina interna dei singoli ordinamenti. Ed invero, nel complesso quadro contrattuale nel quale si rinvengono le clausole per arbitrato marittimo, esistono in primo luogo i c.d. contratti di utilizzazione della nave (tipici sono la locazione, il noleggio, il trasporto), cioè quegli strumenti in virtù dei quali nella pratica commerciale si realizza l’impiego commerciale della nave per i traffici marittimi. Data l’estrema dinamicità del fenomeno, infatti, questi tipi di contratto sono a loro volta meccanismi dinamici e di grande flessibilità nonostante il loro contenuto molto complesso. Essi regolano i rapporti economici oggetto dell’accordo inter partes che sono strettamente legati all’impiego di un mezzo particolare, quale è appunto la nave commerciale, la cui funzione tipica (la navigazione) è volta all’adempimento della principale obbligazione oggetto dell’accordo che, in buona sostanza, è il trasferimento di cose. 
Le varie tipologie di contratti adoperati per l’impiego commerciale della nave sono caratterizzate da un complesso insieme di clausole recanti obbligazioni e/o prestazioni a carico delle parti (sovente specificamente riguardanti, ad. es., i requisiti e le caratteristiche della nave oggetto dell’impiego concordato la cui esistenza è richiesta per tutto il periodo di esecuzione del contratto e la cui mancanza rende l’inadempimento praticamente scontato se non addirittura presunto), la distribuzione delle spese e dei costi della navigazione e dell’impiego stesso della nave, le voci accessorie dei corrispettivi dovuti, le penali, i tempi di attesa, le tasse e i servizi portuali, l’equipaggio, i combustibili, le assicurazioni, etc., etc. Le peculiarità di queste tipologie di contratti, inevitabilmente e da sempre, sono o possono essere fonte di controversie, anche queste ultime dai tratti altrettanto peculiari, la cui conoscibilità dei vari profili e contenuti non poteva non far sorgere l’esigenza di ricorrere a competenze specifiche e, dunque, ad esperti del settore in grado di conoscere le problematiche all’origine della lite e, poi, di decidere le questioni controverse. L’esigenza di rimettere le questioni nelle mani di “esperti” risiede anche nel delicato valore economico delle controversie da trattare e da risolvere nonché per l’ulteriore ma non meno importante necessità di addivenire ad una soluzione delle controversie in tempi rapidi che non potevano e non possono essere garantiti dal ricorso al giudice statale. Questo insieme ha portato nel corso decenni ad una proliferazione dell’istituto dell’arbitrato marittimo, soprattutto, inglese per la consolidata abitudine formatasi tra gli operatori di inserire nei contratti marittimi (c.d. shipping contracts) sia il rinvio alla legge inglese (“English Law to apply”) che una clausola per arbitrato inglese. La nuova disciplina dell’art. 818 cpc dispone al primo comma che “le parti, anche mediante rinvio a regolamenti arbitrali, possono attribuire agli arbitri il potere di concedere misure cautelari con la convenzione di arbitrato o con atto scritto anteriore all'instaurazione del giudizio arbitrale. La competenza cautelare attribuita agli arbitri è esclusiva”. 
La norma ha, dunque, attribuito detto potere agli arbitri a condizione che vi sia una manifestazione di volontà delle parti espressa, anche in forma di rinvio a regolamenti di istituzioni arbitrali, nella convenzione o in atto separato purché anteriore all’instaurazione del procedimento. 
Questa innovazione legislativa non è di trascurabile rilievo nell’ambito marittimo atteso che le misure cautelari sono molto frequenti nelle controversie commerciali riguardanti, appunto, questioni di diritto marittimo (in larga prevalenza legate rapporti scaturenti dai contratti di trasporto, di utilizzazione della nave etc. etc., molto spesso “bisognosi” di tutela urgente dei crediti), non solo strettamente legate alla navigazione “mercantile” ma anche alla navigazione da diporto stante sua la larghissima diffusione negli ultimi anni. 
In tema di sequestro conservativo, la specificità della materia necessita di ricordare l’esistenza del sequestro di nave secondo la normativa internazionale: nella quasi totalità dei casi, in materia di sequestro conservativo di navi, trova applicazione la Convenzione di Bruxelles del 10 maggio 1952 che consente il sequestro in presenza (e solo in presenza) di uno dei c.d. crediti marittimi (c.d. maritime claims) elencati all’art. 1, derivanti dai fatti e /o eventi sub lett. a)-q) del medesimo. La Convenzione consente il sequestro indipendentemente dalla sussistenza del periculum in mora (necessario, invece, nel diritto interno); essa inoltre prevede la possibilità del sequestro di una nave che non sia di proprietà del debitore quando la nave sia oggetto di un contratto di locazione a scafo nudo o quando vi sia comunque una situazione di scissione fra proprietà ed esercizio e debitore sia l’armatore. Ipotesi, questa, assolutamente non rara vista la flessibilità dei contratti di utilizzazione della nave (quali il noleggio e la locazione) caratterizzati dalla presenza (anzi, la coesistenza) di più soggetti titolari di diritti sulla nave (proprietà, godimento, etc.). Le suddette osservazioni evidenziano, però, solo in minima parte gli aspetti peculiari inerenti il sequestro conservativo di nave la cui ammissibilità richiede necessariamente un indagine all’origine della questione sia per quanto concerne l’ammissibilità del credito (cioè l’accertamento della sua riconducibilità ad un “maritime claim”) sia del soggetto/i legittimato/i (attivo o passivo). 
È un fatto, comunque, che secondo la riforma anche tale fattispecie del sequestro conservativo di nave potrebbe rientrare nel perimetro del potere cautelare arbitrale secondo il nuovo testo dell’art. 818 c.p.c., ma questa previsione - che per le ragioni di prevalente internazionalità dell’arbitrato potrebbe anche non trovare frequente applicazione nella prassi “nazionale” - induce comunque a considerare con molta attenzione la redazione di una possibile convenzione arbitrale e relative modalità di conferimento del potere cautelare degli arbitri e a valutare con molta prudenza gli aspetti peculiari della materia non senza considerare anche la prassi internazionale delle clausole arbitrali.
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