LUGLIO 2024 PAG. 48 - L’interesse italiano per il corridoio di Lobito
L’Italia potrebbe partecipare con un impegno finanziario fino a 320 milioni di euro allo sviluppo del corridoio ferroviario di Lobito, il sistema infrastrutturale che collegherà l’Angola allo Zambia, attraverso la Repubblica Democratica del Congo e uno dei progetti principali della Partnership for Global Infrastructure and Investment. Ne ha parlato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo con un videomessaggio sul Piano Mattei nell’ambito dei lavori dello scorso G7 a Borgo Egnazia.
“Abbiamo istituito, con la Banca Africana di Sviluppo e la Banca Mondiale, alcuni strumenti finanziari molto innovativi per sviluppare strategie di co-investimento in Africa e abbiamo avviato sinergie strutturate e attività di raccordo tra il Piano Mattei e le iniziative che già esistono, particolarmente sul tema degli investimenti in infrastrutture, e che sono previste dai nostri partner,” ha sottolineato Meloni. “Parliamo di un’infrastruttura imponente, che coinvolge numerosi settori e che apre ad opportunità anche per le imprese italiane. Abbiamo lavorato molto in questi mesi, anche per creare una cornice nella quale il settore pubblico e il settore privato potessero lavorare insieme, anche in aree dell’Africa dove l’Italia non è tradizionalmente presente. E siamo impegnati per sostenere ulteriormente l’internazionalizzazione delle nostre aziende, anche riservando una quota del Fondo SIMEST a favore di chi investe in Africa, in particolare le nostre piccole e medie imprese, con finanziamenti che potranno essere utilizzati anche per investimenti produttivi verso il Continente”.
L’eventuale coinvolgimento degli interessi italiani nello sviluppo del “Corridoio di Lobito” vedrebbe l’Italia affiancarsi attivamente agli sforzi statunitensi di contenere la penetrazione cinese in questo specifico quadrante del continente africano. Sotto questo aspetto il progetto è infatti considerato in USA come un vero e proprio strumento politico per contrastare il predominio di Pechino nel settore delle grandi infrastrutture e dell’approvvigionamento dei minerali per la transizione energetica.
La ferrovia, lunga 1.300 chilometri, è gestita da un consorzio di tre multinazionali specializzate nella realizzazione di grandi infrastrutture o nel trasporto delle materie prime (la Trafigura, con sede a Singapore; la Mota-Engil, portoghese; la Vecturis, belga) il cui obiettivo è mettere in collegamento la costa atlantica dell’Angola con le regioni dell’entroterra africano ricche di minerali.
Il disegno del corridoio ricalca la ferrovia già esistente di Benguela, realizzata all’inizio del novecento dall’Impero Britannico e progressivamente abbandonata negli anni settanta. Ricostruita parzialmente da China Railway Construction Corporation all’inizio di questo secolo, fino all’abbandono dell’opera nel 2014, è stata affidata con concessione trentennale al consorzio di cui sopra, con il benestare di Ue e USA.
Ad oggi gli Stati Uniti hanno stanziato per il completamento del progetto 250 milioni di dollari, sotto forma di prestiti agevolati. Gli altri finanziatori sono la Banca africana di sviluppo e l’Africa finance corporation, un’istituzione finanziaria del continente. Si prevede che il progetto di Lobito arriverà a costare intorno ai 2,3 miliardi di dollari contribuendo ad abbattere i costi logistici per la movimentazione di cobalto (presente nella Repubblica del Congo), rame (Zambia) e di quelle “terre rare” sempre più fondamentali per le tecnologie verdi (l’Angola ne possiede ben 36 sui 51 classificati).
La penetrazione degli interessi economici occidentali nell’area, ad ogni modo, dovrà confrontarsi da vicino con quelli cinesi, consolidatisi nel corso dei decenni. Uno dei paradossi dell’operazione di “riconquista del continente” sta nel fatto che l’Angola è tuttora il primo beneficiario africano dei prestiti cinesi per le infrastrutture: in totale ha ricevuto 254 prestiti per un ammontare di 42,6 miliardi di dollari negli ultimi venti anni.