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LUGLIO 2024 PAG. 18 - Decarbonizzazzione in meno di sei anni: impossibile

 

Decarbonizzazzione in meno di sei anni: impossibile

La transizione ecologica nel mondo marittimo è una questione di sistema. Chiama in causa lo sviluppo tecnologico, le regole, le infrastrutture. A maggior ragione in una realtà come la Sicilia in cui rappresenta un asset per le attività turistiche, la movimentazione delle merci e per garantire il principio costituzionale della continuità territoriale. Con Pietro Franza, Ad del Gruppo Caronte & Tourist si ragiona attorno alle implicazioni che tutte queste considerazioni comportano. 

Qual è il punto di vista armatoriale rispetto alla sfida dei nuovi carburanti?

Stando alle normative internazionali abbiamo tempo fini al 2030 per prepararci al processo di decarbonizzazione. Sono meno di sei anni e tecnicamente parliamo di una rivoluzione impossibile da attuare. In termini temporali avremmo bisogno di almeno 15-20 anni, si tratta di intervenire sia sull’adeguamento delle flotte sia sulle infrastrutture di servizio a terra. Materialmente manca il tempo. Anche scegliendo senza indugi tra una delle tante opzioni tecnologiche a disposizione. 

L’idrogeno, ad esempio?

In Sicilia le condizioni ci sarebbero pure. Con uno sviluppo sostenuto delle rinnovabili, così come prospettato dalla Regione, avremmo energia praticamente a costo zero, o comunque a un prezzo concorrenziale, per produrre l’idrogeno verde. Ovviamente questo implica trasformazioni complesse di tutta la filiera. Per vedere autobus, camion, navi alimentate con questo vettore energetico bisognerà determinazione e applicazione da parte di tutti i soggetti istituzionali e non coinvolti. 

Intanto, la parte armatoriale investe per adeguarsi alle scadenze…

E con costi esorbitanti. Si pensi ad esempio alla scelta che abbiamo fatto di puntare su una soluzione come il GNL, apparentemente più in linea con le esigenze della nostra attività. Abbiamo rischiato lo schianto a causa dell’impossibilità di fare rifornimento. Prima il carburante arrivava via terra dalla Spagna, poi si è fatto un passo avanti: ora il punto di partenza è Ravenna. Comunque una situazione non agevole per una tecnologia, lo ripeto, tutto sommato matura e gestibile con facilità.

Quale strategia avete scelto di seguire? 

In mancanza di biogas o di prodotti sintetici, carburanti che garantirebbero basse emissioni anche nella loro fase di produzione, stiamo intervenendo sul refitting della flotta. Fino ad oggi il gas sembrava la soluzione più logica ma, anche per effetto dell’ETS, che si aggiunge alle difficoltà di cui si diceva prima, forse è arrivato il momento di guardare in altre direzioni. L’idea potrebbe essere l’impiego di mezzi elettrici tra Messina e Villa San Giovanni. Tra tempi di ricarica e attraversamento dello Stretto potremmo riuscire a garantire l’operatività.

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