LUGLIO 2024 PAG. 17 - Governance dei porti, tagliato il cluster imprese-territori
Se non un ritorno ai comitati portuali, almeno una partecipazione alla governance degli scali italiani più collegiale e inclusiva. Ivo Blandina, presidente della Camera di Commercio di Messina, oltre che tra i protagonisti del settore marittimo e logistico siciliano (fondatore di COMET Compagnia Mediazioni Trasporti Messina e Amministratore unico di SPT Servizi Portuali Tirreno), ha un’idea precisa sul futuro della governance portuale italiana. «La ventennale esperienza dei Comitati portuali ha dato frutti importanti, ancora oggi in termini di programmazione e definizione di interventi gran parte delle iniziative più importanti sono ascrivibili a quel particolare periodo storico».
Cosa non la convince nell’attuale assetto?
Manca una condivisione dei processi sul piano dell’informazione e dello scambio di idee. Soprattutto è venuta meno la rappresentatività di categorie produttive e di istituzioni – dalle Camere di Commercio alle Sovrintendenze ai comuni minori i cui territori insistono nelle circoscrizioni delle Adsp – essenziali nella definizione di una governance efficace dei territori. Gli attuali Comitati di gestioni hanno espunto una fetta essenziale dei portatori d’interesse.
Dunque, un passo indietro?
Serve quantomeno una riflessione seria sul tema. Il sistema marittimo-portuale può svilupparsi solo se tutti gli interessi in gioco sono in grado di incidere sui processi strategici. Invece in questi anni si è assistito, in particolare a Messina, una fase di disgregazione del cluster, favorito dal ruolo meramente consultivo dell’organismo di partenariato. È mancato e manca lo spazio di confronto per definire sintesi comuni e visioni di medio-lungo termine con tutti i soggetti del sistema produttivo.
Qualcuno potrebbe considerarla una battaglia di retroguardia…
Al contrario. Tutto il sistema Unioncamere, insieme a Uniontrasporti e Confindustria è convinto che sul tema sia necessario discutere in modo serio ed approfondito, anche perché con l’attuale configurazione risulterà sempre più complicato sviluppare quella visione unitaria e strategica che riguarda non solo la Sicilia ma tutto l’insieme trasportistico-logistico del Paese. Per una realtà come l’Italia la cui produzione necessità di movimentare in modo veloce ed efficiente materie prime e semi-lavorati è una questione centrale. Solo una logistica moderna, frutto di una governance davvero condivisa, renderà la nostra economia davvero competitiva.
Il discorso è valido anche per le profonde trasformazioni in atto?
Consideri tutto il discorso attorno alla trasformazione della Sicilia in hub energetico del Mediterraneo. Siamo una regione che già può vantare importanti strutture nella produzione dell’eolico e del solare. Il fatto di essere già uno dei poli di raffinazione più grandi in Europa ci permetterebbe, attraverso una riconversione tecnologica mirata, di posizionarci in maniera più competitiva nei nuovi mercati delle rinnovabili. A patto, però, di rinnovare i processi burocratici che il più delle volte vanificano i migliori propositi. Quello è l’altra sfida che dobbiamo affrontare e vincere.
Non sarà facile…
Eppure bisognerà farlo perché oggi la burocrazia depotenzia i progetti più strategici e rende meno appetibile i nostri territori per gli investitori stranieri. Qualche esempio: il rigassificatore di porto Empedocle lo aspettiamo da almeno 25 anni. Stesso tempo per la realizzazione del pontile Giammoro, consegnato, tra l’altro, con la necessità di ulteriori interventi. Serve realizzare le infrastrutture in un arco di tempo ragionevole, altrimenti ci ritroveremo a gestire opere superate dal tempo.