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GIUGNO 2024 PAG. 48 - Sottovalutato il pericolo di blocco dei choke point

 

Sottovalutato il pericolo di blocco dei choke point


Ma la geopolitica restituisce al Mediterraneo la sua centralità che per l’Italia diventa una importante opportunità 

I rischi che incombono sul traffico mondiale via mare hanno una potenzialità devastante per l’assetto geopolitico del pianeta e per la capacità di innescare reazioni a catena nel campo dell’approvvigionamento di cereali, soia, riso e prodotti agroalimentari per popolazioni che non possono farne a meno, nonché nella fornitura di energia. Questa la principale indicazione scaturita dall’assemblea di Assagenti Genova che ha evidenziato una drammatica sottovalutazione delle soglie di pericolo legate alla possibile chiusura di due o più choke point, ovvero le strozzature strategiche attraverso le quali transita più dell’80% del traffico marittimo di merci, materie prime e prodotti finiti.

“Con Suez di fatto aperto solo al traffico delle navi che raggiungono Gedda e i porti della costa occidentale della penisola saudita – ha sottolineato Paolo Pessina, Presidente dell’Associazione – anche solo un’altra crisi in stretti strategici come quello di Hormuz attraverso il quale transita il 20% del petrolio del mondo, oppure dello stretto di Malacca, vitale per i traffici da e per la Cina e per il subcontinente asiatico, l’economia mondiale rischierebbe di collassare con un salto nel vuoto per interi Paesi se non per interi continenti”.

I dati relativi alla strategicità dei choke point e alle conseguenze che un loro blocco provocherebbe, e non solo ai traffici marittimi, sono state evidenziate in uno studio che il Centro Giuseppe Bono ha elaborato per Assagenti e che è stato presentato dall’Ammiraglio Sergio Biraghi, già Capo di Stato Maggiore della Marina e profondo conoscitore dei rapporti di forza nel cosiddetto Mediterraneo allargato. Si materializzerebbe l’incubo carestia in molti Paesi africani e l’intera economia mondiale, privata di regolari flussi di energia potrebbe entrare in una fase recessiva.

Uno scenario catastrofale? No. Uno scenario frutto dell’apertura di quei vasi non comunicanti fra mondo marittimo ed economia globale, con il primo spesso considerato alla stregua di una variabile indipendente. 

Ma i pericoli corrono di pari passo con le opportunità. E la grande opportunità per l’Italia si chiama Mediterraneo e recupero di una sua centralità. Con la crisi di Suez e degli approvvigionamenti di componentistica e prodotti dall’Estremo Oriente, il sogno di un massiccio reshoring, ovvero un riposizionamento di attività industriali nel bacino del Mediterraneo, sta diventando realtà.

Una chiave di lettura, questa, riproposta dal Presidente di Federagenti, Alessandro Santi, e da quello di Assagenti, Paolo Pessina; quindi ribadita come un obiettivo davvero realistico e di importanza vitale per l’Italia dal Presidente di Federacciai, Antonio Gozzi.

Questa centralità è stata confermata dal Sottocapo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio Berutti Bergotto e dal Vice Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, Ammiraglio Sergio Liardo. Il primo che ha sottolineato come l’economia blu rappresenti il 25% del Pil italiano e come la nuova frontiera sia rappresentata dall’esplorazione e dallo sfruttamento dei fondali marini, sconosciuti per oltre l‘80% della loro estensione.

Ma il suggello decisivo all’urgenza di una politica del mare è stato collocato dal Ministro Nello Musumeci, che non ha esitato a sottolineare come la nuova Europa, a meno che non sottovaluti le indicazioni del voto, dovrà obbligatoriamente spostare a sud, verso il Mediterraneo, il suo asse di interesse. E in quest’ottica il Piano del Mare che l’Italia attraverso il suo Ministero si è impegnata a mettere a punto diventerà un fattore vincente.

Red.Mar.


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