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GIUGNO 2024 PAG. 24 - Mattioli: promuovere un’idea moderna di blue economy

 

Mattioli: promuovere un’idea moderna di blue economy

«Mi fa piacere ricordare che secondo i dati dell’ultimo Blue Economy report, l’insieme dei settori che costituiscono l’economia blu dei Paesi dell’UE occupano direttamente circa 3,59 milioni di persone e hanno generato circa 623,6 miliardi di euro di fatturato e 171,1 miliardi di euro di valore aggiunto lordo. E mi fa ancor più piacere sottolineare come l’Italia, che produce 143 miliardi di euro e dà occupazione a 914.000 addetti, si posizioni tra i paesi dell’UE-27, al quarto posto dopo Germania, Francia, e Spagna, tra i paesi che rappresentano il 70% del PIL dell’intera economia blu dell’UE, e al quinto posto, dopo Spagna, Germania, Grecia e Francia, tra i paesi che insieme rappresentano il 67% dei posti di lavoro totali dell’Economia Blu dell’UE-27».

Mario Mattioli, presidente della Federazione del Mare, parte dai dati concreti – cifre che confermano l’importanza globale e nazionale della Blue Economy – per illustrare le sfide che insieme alla Federazione è chiamato ad affrontare il cluster marittimo-portuale italiano. 

Federazione del Mare ha rivisto recentemente la propria organizzazione interna. Quali sono i principali obiettivi di questa riarticolazione? 

Il nuovo Statuto della Federazione del Mare è stato approvato, lo scorso settembre, all’unanimità dalle Organizzazioni aderenti, per rendere ancor più efficace l’azione della Federazione e rafforzare sempre più la rappresentanza di tutta l’economia marittima presso le Istituzioni, l’opinione pubblica e le altre realtà associative, in Italia e all’estero. Grazie alla profonda revisione del nostro Statuto vogliamo dare maggiore concretezza a un’idea moderna di blue economy, che, interpretando le esigenze del cluster marittimo raccoglie le sfide in questo momento molto complesso e di grande instabilità. Il percorso iniziato nel 1994 necessita ora di strategie e progettualità per il mare più forti al servizio del territorio. Non è un semplice maquillage ma una vera ristrutturazione per rispondere meglio alle esigenze del settore e del Paese.

Su quali temi si concentrerà maggiormente l’attenzione della Federazione?

Con il rinnovamento della sua governance, la Federazione del Mare si prepara ad affrontare le sfide poste da transizione ecologica, digitalizzazione, sicurezza, difesa del mare, formazione e conseguire, attraverso la Blue Economy, l’obiettivo di una crescita economica rispettosa dell’ambiente di tutto il Paese, puntando su innovazione e condivisione di conoscenze. Sviluppo e tutela ambientale sono le due facce di una stessa medaglia per non perdere quel “mare di opportunità” che può portare al nostro cluster e al Paese evidenti benefici.  

La criticità maggiore nel fare sintesi tra le diverse esigenze del cluster?  

Detta della sua importanza, come sottolineato dall’ultimo Blue Economy report dell’Ue, nella filiera non è sempre facile fare fronte comune. Anche perché sono veramente tante le peculiarità di ogni comparto dell’economia blu e forse, non sono stati ancora del tutto superati alcuni modelli comportamentali. Nonostante ciò, sono più che mai fiducioso che i membri del Cluster Marittimo Italiano insieme sapranno affrontare e vincere le prossime sfide e che la stretta collaborazione e sinergia tra l’industria, il mondo accademico e le istituzioni sia la carta vincente per un’effettiva crescita del settore. A tal fine, credo sia stata fondamentale la rinnovata attenzione del Governo alla risorsa mare, confermata dal nuovo Ministero guidato dal Ministro Musumeci e dal recente Piano del Mare, che attraverso il continuo dialogo con tutti gli altri dicasteri competenti, in primis i Ministeri delle Infrastrutture e Trasporti e dell’Ambiente nel CIPOM, testimoniano l’importanza del confronto costante e costruttivo per raggiungere obiettivi comuni.

Tra le questioni più importanti c’è il gender gap. Quali iniziative si è intenzionati a portare avanti?

La disuguaglianza di genere nella blue economy è effettivamente ancora un problema significativo, con le donne che devono affrontare ancora barriere all’ingresso per la carriera e la parità di retribuzione. Tutte le componenti della Federazione del Mare concordano sul fatto che con la promozione dell’uguaglianza di genere nel settore marittimo, sarà possibile ridurre significativamente le barriere di genere, creare una forza lavoro più inclusiva e diversificata e guidare una crescita sempre più sostenibile. A tal fine, abbiamo istituito un Comitato ad hoc che si occuperà di analizzare proprio queste tematiche e di formulare proposte concrete. Inoltre, all’interno del progetto dell’Ue denominato WIN-BIG Women in blue economy Intelligence gathering and capacity boosting, finanziato dal Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP), 14 partner provenienti da 9 Paesi che rappresentano tutti i 6 bacini marini dell’UE, che ha l’obiettivo di mappare l’attuale situazione di genere e le lacune in termini di competenze e capacità che ancora persistono nell’economia blu europea, Federazione del Mare è leader del Work Package 3 “Linking and Networking”, volto a definire una strategia di coinvolgimento degli stakeholder di settore per promuovere opportunità di carriera e ruolo di leadership delle donne nell’economia blu e in particolare nel Bacino Mediterraneo.

Quali altri sfide per una valorizzazione della Blue Economy in Italia?

Innanzitutto, dobbiamo fare sistema e credo che la Federazione del Mare sia la chiave per raggiungere questo obiettivo. Aggiungo che, in quest’ottica, la Federazione del Mare è aperta a tutte le organizzazioni marittime che ancora non ne facciano parte. Tra le mille sfide del settore ne abbiamo identificate 5 che sono oggetto di trattazione dei Comitati che abbiamo istituto e che vedono un’attiva partecipazione degli esperti di tutte le organizzazioni del cluster marittimo. Mi riferisco a transizione energetica e decarbonizzazione, semplificazione, geopolitica, capitale umano e come dicevo prima, inclusione, diversità e parità di genere.

G.G.

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