MAGGIO 2024 PAG. 30 - “In rotta per l’Africa”
“In ogni ‘operazione’ la conoscenza del contesto in cui si va ad intervenire è fondamentale; la non adeguata consapevolezza dell’ambiente operativo potrebbe infatti mettere a rischio il raggiungimento degli obiettivi che erano stati pianificati.”
È questo l’inciso introduttivo dell’intervento «IN ROTTA PER L’AFRICA» tenuto il 27 marzo 2024 nella sessione «Africa: il successo di una logistica fuori dagli schemi», dell’ottava edizione di «Shipping, Forwarding & Logistics meet Industry», svoltasi presso il Centro Congressi di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza. In particolare, il tema dell’Africa è stato trattato illustrando, ancorché in maniera sintetica, i principali “fattori di contesto” relativi alle rotte marittime che riguardano tale continente.
In una visione di sistema dei fattori che possono influenzare le attività logistiche e i trasporti via mare, di cui si è discusso nella due giornate a Milano, avere contezza e conoscenza anche dei fattori ambientali e, in particolare, marittimi dell’Africa diventa sicuramente un elemento di vantaggio per chi vi si trova ad operare.
Inizialmente sono stati esaminati i principali aspetti, sociali, geografici, e soprattutto idrografici e climatici che molto incidono sull’ambiente marino. Dal punto di vista demografico, secondo le previsioni delle Nazioni Unite, nel 2050 l’Africa avrà quasi 2,5 miliardi di abitanti: più del 25% della popolazione mondiale sarà africana. Una parte del mondo contraddistinto da una estrema varietà di popolazioni, lingue (circa 2.000 entità linguistiche – tra le prime l’arabo, lo swahili e poi il francese), religioni, usi e costumi. Parliamo di 54 Stati: il più grande l’Algeria, il più piccolo il Gambia. Ci troviamo di fronte ad un immenso continente; il secondo per estensione, con la massima elongazione in latitudine, che rappresenta un quinto delle terre emerse, spesso rimpicciolita dalle nostre carte geografiche. Un continente circondato da due Oceani, Indiano e Atlantico, e due Mari, Mediterraneo e Mar Rosso.
L’Oceano Indiano il più piccolo, chiuso a nord, meno articolato è certamente più piovoso dell’Atlantico. Per distribuzione delle temperature dell’acqua e dell’aria sovrastante, oltre che per i venti più frequenti e le correnti marine, l’Oceano Indiano ha un regime suo proprio, del tutto diverso da quello degli altri due oceani maggiori Pacifico e Atlantico (sui 5 oceani – considerando anche l’Oceano Artico e Antartico), soprattutto perché, anziché estendersi dall’una all’altra calotta polare, è limitato a nord da una massa continua di terre.
A causa della prevalenza dei due Oceani, oltre che dei due mari a Nord e ad Est, l’ambiente marino che circonda l’Africa è particolarmente dipendente dal riscaldamento dei mari, soprattutto nella fascia equatoriale e dai cicli monsonici stagionali, con fenomeni ciclonici e correnti oceaniche che investono le rotte marittime, in particolare nella zona subtropicale. Si tratta di eventi naturali che ogni buon navigante deve tenere sempre in debito conto, che possono favorire, deviare o rallentare determinate rotte da poche ore fino anche a qualche giorno. Un continente fragile, decisamente tra i più vulnerabili agli impatti del global warming. Al riguardo, di particolare rilevanza il problema della siccità, fenomeno molto intenso che sta provocando situazioni di desertificazione, specialmente nella fascia del Sahel e subsahariana (Senegal, Gambia, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Ciad, Sudan, Eritrea). Ciò causa spesso conflitti interni oltre ad essere una tra le principali ragioni dei fenomeni di migrazione. Osserviamo, ad esempio, già dal 2021 un aumento dei flussi via mare anche dal West Africa verso le isole Canarie nonché, ormai da decenni, dalle coste nord africane nel Mediterraneo centrale verso l’Europa e in particolare verso l’Italia.
Lungo le coste del West Africa, poi, l’erosione e le frequenti mareggiate minacciano sempre più le comunità locali, in gran parte dedite tradizionalmente alla pesca, la cui riduzione è spesso tra le cause dell’insorgere dei fenomeni di pirateria e dei furti armati in mare.
Un continente in gran parte interessato allo sviluppo del trasporto via mare, che però nei propri porti ne intercetta solo una piccola parte. Ma man mano che i Paesi si sviluppano, infatti, sono proprio i porti a rappresentare le principali vie per il commercio a livello globale. L’Africa, nonostante le sue enormi potenzialità, rappresenta ancora solo una piccola parte del commercio mondiale. Le esportazioni sono in gran parte basate sulle materie prime. Tuttavia, siamo di fronte ad una regione in continua crescita; molte delle sue economie più grandi stanno diversificando le proprie attività produttive, allontanandosi dal tradizionale focus legato proprio all’esportazione di materie prime.
Per gli Stati africani i porti diventano, quindi, essenziali al fine di sostenere e migliorare una crescita solida e diversificata, ad esempio attraverso l’importazione e l’esportazione di manufatti e altri prodotti. Per la logistica, la conoscenza e le potenzialità dei sistemi portuali africani rimane evidentemente fondamentale. Al riguardo sono stati evidenziati i maggiori sorgitori africani, con una decisa prevalenza per quelli del Nord Africa, con riferimento soprattutto al traffico di container.
Dopo questa parte iniziale, l’intervento si è concentrato sulle Linee di Comunicazione Marittime – anche note per gli addetti come Sea Line of Communication (SLOC) – e i choke-point (Stretti, Canali, passaggi obbligati) che riguardano la circumnavigazione dell’Africa; spazi marittimi che, come noto, sottostanno a regole internazionali dettate in primo luogo dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS).
Prima, però, di trattare questi spazi, sono stati portati all’attenzione alcuni importanti aspetti e impatti, soprattutto riferiti al nostro Paese e, più in generale, circa gli effetti sul Mediterraneo conseguenti alla recente prevalenza della rotta dal Capo di Buona Speranza.
L’intreccio sempre più complesso tra problemi di natura geopolitica ed economico–commerciale rende oggi difficile, se non azzardata, una chiara previsione sul futuro dello shipping mondiale. Il 2024 si presenta, infatti, come un anno particolarmente complesso da analizzare. Agli evidenti scenari in rapida evoluzione e al continuo allargamento delle aree di crisi, a livello globale sul piano del commercio marittimo si aggiunge, infatti, anche il problema della siccità su Panama oltre che, più in generale, gli effetti dovuti ai cambiamenti climatici.
Limitando quindi l’analisi alle rotte via mare, vista l’attuale incertezza, è altamente improbabile che gli armatori decidano di ripristinare completamente i transiti da Suez. La circumnavigazione dell’Africa rimane, al momento, la rotta considerata più sicura, anche se un certo numero di compagnie mantengono quella via Mar Rosso, da cui certamente continuano a transitare altre navi battenti bandiere, ad esempio, cinese, ma anche italiane o con interessi nazionali.
Gli impatti sono molteplici: innanzitutto un effetto diretto sui porti del Mediterraneo; maggiori costi in consumo di carburante e quindi maggiore impatto ambientale, aumento delle distanza da percorrere e quindi durata con l’esigenza di almeno 1 scalo alternativo; allungamento dei tempi di consegna con ritardi sulla catena logistica anche con una diminuzione dei volumi di importazione in Africa, Medio Oriente ed Europa; aumento delle polizze assicurative; risparmio sui costi per il transito da Suez ma con effetti destabilizzanti per l’economia egiziana; impatto psicologico sugli equipaggi di cui, purtroppo, si parla poco. Per la nostra economia, un evidente rischio di marginalizzazione dei porti nazionali a vantaggio di quelli del nord Europa.
Dopo aver trattato, seppur brevemente, gli impatti dovuti alla deviazione del traffico marittimo passando dal Capo di Buona Speranza, la presentazione si è focalizzata sui principali passaggi di un’ipotetica rotta circumnavigando l’Africa, partendo dal transito da Suez.
Il Canale di Suez - Da fine ‘800 il Canale artificiale di Suez, inaugurato il 17 novembre del 1869, ha di fatto rivoluzionato il traffico marittimo commerciale a livello globale, assumendo un ruolo strategico. È già stato chiuso dal ‘67 al ‘75. Allargato negli anni in più punti, il 6 agosto del 2015 è stato raddoppiato nel tratto a nord. Ricordiamo tutti gli effetti dovuti all’incaglio nel Canale della portacontainer Ever Given il 23 marzo del 2021. Il transito è regolato dall’Autorità del Canale. I mercantili e anche le unità militari si accodano in convogli prestabiliti e sincronizzati; mediamente tre convogli, due verso sud e uno verso nord. La durata del transito è tra le 11 e le 16 ore ad una velocità di circa 8 nodi.
Il costo per il passaggio alquanto elevato. L’attraversamento rimane sempre suggestivo. Una prevalenza storica soprattutto durante la sosta del Convoglio ai Laghi Amari, luogo ben noto alla nostra Marina dove le navi da battaglia, Italia (ex Littorio) e Vittorio Veneto, vennero internate con i propri equipaggi dall’ottobre del ‘43 al febbraio del ‘47.
Il Mar Rosso - Riveste un’importanza fondamentale nel commercio globale e, come stiamo vedendo in questi mesi, rimane al centro delle dinamiche geopolitiche globali, in particolare per gli effetti sulle rotte commerciali di una crisi in Medioriente che continua ad essere drammatica.
Si arriva poi allo Stretto di Bab El-Mandeb e al Golfo di Aden, dove la minaccia degli Houthi sta trovando risposta con le Operazioni aeronavali avviate, con particolare riferimento a quella europea ASPIDES e all’Operazione a guida USA Prosperity Guardian. Siamo di fronte ad una minaccia complessa, tecnologicamente sofisticata da contrastare con mezzi aereonavali e con sistemi di sorveglianza particolarmente performanti, certamente di differente natura ed effetti rispetto a quella della pirateria. Uno spazio di mare già fortemente attenzionato negli anni 2008-2012 durante il picco della crisi della pirateria in Oceano Indiano, dove ancora oggi si registrano pericolosi attraversamenti da parte di un naviglio minore sostanzialmente dedito a traffici illegali, contrabbando e migrazioni irregolari. Attualmente le aree che partono dal tratto più a sud del Mar Rosso e si estendono verso est dal 16 febbraio 2024 sono considerate ad alto War Risk, alle quali si applicano gli extra-pagamenti per il personale marittimo imbarcato.
La navigazione in Oceano Indiano settentrionale soffre particolarmente delle condizioni meteo-marine e, in termini di security, rimane ancora contraddistinta dal problema della pirateria che, in quest’area è particolarmente influenzato dal regime monsonico.
Nonostante negli anni si sia osservata la riduzione dell’Area di Rischio in ragione di una netta diminuzione se non azzeramento degli attacchi, nel 2023 e nei primi mesi del 2024 i casi di pirateria sono aumentati; proprio recentemente vi è stato l’effettivo sequestro di un mercantile a circa 600 miglia dalle coste somale. Ciò sta nuovamente preoccupando le compagnie armatrici; BIMCO il 13 marzo 2024 ha nuovamente richiamato l’applicazione delle misure di protezione passiva dei mercantili, sottolineando quanto sia determinante l’impiego a bordo dei servizi di protezione armata e richiamando la necessità di mantenere rotte il più al largo possibile dalle coste somale.
Anche la “European Union Naval Force Operation ATALANTA”, di contrasto alla pirateria marittima – di fatto la prima operazione militare a carattere marittimo a guida europea ed alla quale la Marina italiana partecipa senza soluzione di continuità dalla sua istituzione nel dicembre 2008 – è stata confermata.
Rilevante è il costo economico della pirateria che incide sia sulle operazioni aeronavali e missioni internazionali, sia sui Governi dei Paesi delle Regioni interessate, che sugli stessi armatori. Si tratta di un costo stimato approssimativamente nell’ordine di decine di miliardi di dollari l’anno, la cui analisi rimane piuttosto complessa (una analisi più accurata è stata pubblicata lo scorso anno in un articolo sul numero del mese di marzo 2023 della Rivista Marittima).
Dopo il transito nella parte settentrionale dell’Oceano Indiano, il traffico proveniente dal Mar Rosso e dal Golfo Persico, con quello proveniente dal Sud-Est asiatico, si dirige verso sud senza particolari difficoltà. Generalmente le rotte si indirizzano ad Est del Madagascar, anche se una parte del traffico commerciale transita dal Canale del Mozambico senza particolari difficolta ma sempre rispettando le linee di separazione del traffico marittimo.
Si arriva, poi, al Capo di Buona Speranza. Generalmente i mercantili che optano per il passaggio da sud devono pianificare almeno una sosta tecnica per bunkeraggio e rifornimento di viveri. Tali soste si svolgono, ad esempio, in Sud Africa nei porti di Cape Town o di Port Elizabeth.
Nella rotta atlantica verso settentrione e che costeggia il West Africa le criticità, soprattutto in termini di security, le ritroviamo nel Golfo di Guinea dove, dal 2019/2020 si è osservato un aumento dei casi di pirateria e, soprattutto, di furti armati in mare in vicinanza delle coste. Gran parte del traffico commerciale, tuttavia, si mantiene molto al largo. Il problema rimane per i mercantili diretti verso i porti dei Paesi della Regione. Sono numerose le iniziative per la sicurezza marittima poste in essere dalla comunità internazionale e da parte dei Paesi della Regione, in particolare dalla Nigeria oltre che dalla stessa Europa. Iniziative che, negli ultimi, anni hanno complessivamente consentito una certa riduzione della minaccia che, tuttavia, rimane ancora presente.
L’Italia, come noto, dal 2020 ha una presenza pressoché costante in quest’area con una unità militare impegnata nell’operazione nazionale “Gabinia”, volta a garantire la vigilanza e la protezione degli interessi nazionali, nonché a sviluppare attività di cooperazione con le Marine partner e alleate presenti nella regione. Il problema della pirateria nel Golfo di Guinea rimane, tuttavia, peculiare e raffrontarlo con quello in Oceano Indiano può essere forviante fino a indurre grossolane valutazioni (su questo tema, un confronto tra il fenomeno della pirateria marittima in Oceano Indiano rispetto a quello che si registra nel West Africa – Golfo di Guinea è stato trattato in un articolo nel numero di settembre 2021 sempre sulla Rivista Marittima).
Infine, si giunge allo Stretto di Gibilterra, passaggio naturale e obbligato per il Mediterraneo dove, in questi ultimi mesi, si registrano rallentamenti per l’aumento del traffico in ingresso e soste nei porti del Marocco e Spagna.
L’intervento si è infine concluso accennando all’importanza dei collegamenti sottomarini – anche con riguardo al contesto africano – e più in generale della dimensione subacquea, evidentemente oggi una delle maggiori priorità di cui tener conto quando si tratta del dominio marittimo. In una certa analogia con le Linee di Comunicazioni Marittime i collegamenti via internet rimangono lo spazio “virtuale” dominante dove viaggiano le informazioni, ormai essenziale per i rapporti e lo scambio dei traffici commerciali. Sempre più si avverte da parte anche di un pubblico meno informato la necessità di protezione dei cavi di trasmissione dati sui fondali marini – a livello globale ne transitano circa il 98% – oltre che delle pipe-line. Un tema da tenere in debita considerazione anche per l’Africa, ricordando le recenti segnalazioni di interruzione di alcuni collegamenti subacquei in prossimità dello Stretto di Bab El-Mandeb.
Dal punto di vista della logistica la situazione dei sistemi di interconnessione alla rete internet in Africa rimane ancora alquanto deficitaria. Una adeguata conoscenza delle infrastrutture informatiche presenti e delle loro potenzialità – oltre metà della larghezza di banda internazionale impiegata in Africa è utilizzata da soli 6 paesi – rimane un fattore principale per coloro che intendono operare in Africa e per l’Africa ai fini del successo di una “nuova logistica” mirata a cogliere le opportunità offerte e consentire il pieno sviluppo di questo grande Continente.
C.Amm. (r) MM Francesco Chiappetta