MARZO 2024 PAG. 12 - Settore rinfuse, strategico per l’industria nazionale
Dopo una lunga carriera maturata nei settori armatoriali e della logistica Paolo Cornetto sta vivendo alla guida di FHP Holding Portuale, maggiore realtà nazionale nel settore delle rinfuse portuali, una nuovissima sfida. «Un’esperienza che rappresenta una sorta di chiusura del cerchio rispetto alle attività pregresse. E che è stata caratterizzata, nel primo approccio, da una grandissima curiosità».
Quali differenze ha registrato?
Parliamo di un mercato estremamente frammentato. Mentre in altri ambiti, sia in mare sia in terra, esistono grandi concentrazioni, basti pensare ai principali gruppi dello shipping che si dividono quasi il 90% dei traffici, il segmento delle rinfuse offre un’opportunità stimolante: operare per raggiungere una maggiore aggregazione.
In che modo si può raggiungere l’obiettivo?
Efficienza operativa e allungamento della catena dei servizi. La digitalizzazione mette a disposizione un fortissimo strumento operativo per centrare il primo punto. Siamo in grado di sviluppare sistemi gestionali sempre più evoluti per movimentare la merce nel miglior modo possibile. Sul secondo si deve operare moltiplicando i punti dove prelevarla. Tradizionalmente sulle rinfuse il servizio si gioca principalmente sul porto di riferimento. La sfida quindi diventa quella di sfruttare anche gli accessi interni. D’altronde c’è un dato su cui riflettere attentamente. L’operatività delle rinfuse nei porti italiani è la peggiore in Europa, con tempi di sosta delle navi in banchina doppi rispetto al nord del continente. Come vede c’è tanto da lavorare.
Quanto pesa in questo l’attenzione quasi ossessiva per i traffici container?
In effetti si parla di due segmenti di mercato differenti che, tra l’altro, quasi si equivalgono. Il sistema portuale italiano in termini di tonnellaggio movimenta circa 70 milioni di tonnellate di merci tramite container e circa 62 milioni di merci alla rinfusa. Allo stesso tempo ci sono anche delle analogie. Anche nel nostro settore le dimensioni delle navi stanno crescendo. Da qui la necessità comune di avere pescaggi maggiori, banchine potenziate, spazi adeguati alla movimentazione.
La crisi nel Mar Rosso sta avendo effetti sui vostri traffici?
Comincia a sentirsi qualcosa, specie nell’Adriatico. All’inizio in termini di ritardi negli arrivi delle navi ma, in prospettiva, ci aspettiamo anche una contrazione sotto forma di ordini da parte della clientela, in particolare per il siderurgico. Poi ci sono segmenti che non ne risentono affatto. Forestali e cerealicolo sono abbastanza stabili. Sotto questo aspetto la molteplicità delle materie movimentate permette un miglior bilanciamento delle perdite.
Punterete sulla multimodalità per la ricerca dell’efficienza?
Per noi è un tema strategico proprio nell’ottica dell’allungamento della catena dei servizi di cui parlavo poc’anzi. La nostra Compagnia Ferroviaria Italiana è il maggior soggetto indipendente nazionale in questo ambito. Nei porti che serviamo, da Livorno a Carrara, da Monfalcone a Marghera possiamo contare su ottimi impianti su ferro. Come gruppo movimentiamo circa 4mila treni l’anno per direzione, il che ci permette di offrire un servizio sempre più sostenibile anche dal punto di vista ambientale.
Cosa ha in serbo per il futuro FHP?
La strada è tracciata: scandagliare ogni opportunità di mercato, continuare ad integrare le attività del gruppo, migliorare l’efficienza per consolidare la nostra posizione. C’è un dato, infine, che mi piacerebbe evidenziare. Con i circa dieci milioni di tonnellate movimentate nel sistema portuale della penisola siamo il più grande operatore interamente italiano sul mercato. E i nostri terminal trattano commodities, si pensi alle materie prime, strategiche e rilevantissime per il PIL. Segno di una rilevanza per lo sviluppo del nostro paese che giustificherebbe una maggior attenzione per questo particolare comparto della logistica.
Giovanni Grande