FEBBRAIO 2024 PAG. 20 - Con MEDPorts concretizziamo il Mediterraneo allargato
«Visto dalla prospettiva mediterranea il sistema portuale italiano è migliore di come spesso lo disegniamo. Riesce a raggiungere risultati importanti ma è un po’ frenato. Volendo trovare un’immagine adatta potremmo parlare di un’auto da seicento cavalli che non viaggia mai oltre la terza marcia. Dunque bisognerebbe impegnarsi per scalare e liberare il suo potenziale».
Pino Musolino, presidente del sistema portuale del Lazio guida da poco più di un anno MEDPorts, l’associazione dei porti del Mediterraneo, postazione privilegiata con cui comparare i diversi sistemi portuali che caratterizzano l’Europa.
Quale strategia sta portando avanti alla guida di quest’associazione?
Rappresentiamo circa 200 scali mediterranei, amministrati in modo variegato. Come priorità di questo mandato ci siamo prefissati un forte rilancio dell’azione e un progressivo aumento dei porti associati. Segnalo che tra i dieci nuovi arrivati dell’ultimo anno ci sono realtà appartenenti a paesi come Mauritania e Portogallo che pur non appartenendo geograficamente al Mediterraneo ne sono storicamente ed economicamente collegati. È anche sulla scorta di questa idea di Mediterraneo allargato che puntiamo ad allargarci anche la Medio Oriente, appena nell’area si ripresenteranno condizioni di maggiore stabilità politica.
Cosa sta imparando da questa esperienza?
Per troppo tempo siamo stati influenzati da una visione troppo centrata sul Nord Europa che ha contribuito a falsare la visuale delle problematiche in gioco. Mentre eravamo distratti da Rotterdam, Amburgo o Anversa davanti alle nostre coste si sviluppavano realtà importanti come Tangermed, Alessandria, Aqaba, il sistema portuale tunisino che hanno ridefinito il concetto di competitività all’interno del bacino mediterraneo. Ed è questa la situazione con cui l’Italia deve fare necessariamente i conti. Dobbiamo prendere consapevolezza di quelle che sono le nostre potenzialità all’interno di un ambito più complesso di collaborazione internazionale. Quale periodo migliore del presente con due italiani che guidano MEDPorts ed ESPO, rispettivamente le associazioni degli scali del Mediterraneo e dell’Europa unita.
Su quali direttrici costruire questa nuova visione?
Intanto studiando le caratteristiche intrinseche ai vari modelli organizzativi. Nel Nord Europa vige un sistema “anseatico”, con al centro la gestione della città ; nel Mediterraneo c’è una visione più centrista maggiormente legata alla storia del singolo paese. E dall’osservatorio di MEDPorts non posso che spezzare una lancia a favore del nostro sistema. In un momento storico delicato come quello che stiamo vivendo i porti italiani possono portare un contributo fondamentale nell’ambito della transizione ecologica ed energetica, sostenendo al meglio la nostra economia. Purché si cominci a ragionare come un sistema che deve andare nella stessa direzione. Sul “cold ironing” e altri interventi infrastrutturali, quelli che possono portate ricchezza e lavoro registriamo lungaggini burocratiche che, oggettivamente, non sono imputabili ai porti in sé ma ad un contesto che non ci permette di “scalare le marce”.
Qual è la situazione della portualità italiana oggigiorno?
Nei momenti critici il sistema ha dimostrato di funzionare anche se, sotto l’aspetto amministrativo, ci troviamo in mezzo al guado: in fondo la riforma Delrio non è mai stata portata a compimento. Dei dieci punti del piano strategico nazionale legato alla riforma ne sono stati portati a casa solo due. Ed è poco. Senza contare che il rimanente non è stato nemmeno sottoposto a verifica in termini di validità rispetto ai nuovi problemi emersi in questi anni. Personalmente credo serva un chiaro indirizzo nazionale da affidare alla conferenza dei presidenti che, sulla carta, dovrebbe coordinare le politiche. Oltre alla possibilità di poter dialogare in modo efficace con gli enti locali. Non esiste che il comune debba decidere dove si debba posizionare una bitta, una gru o un faro.
Maurizio De Cesare