GENNAIO 2024 PAG. 28 - Megatrack, rischio di shift dalla ferrovia alla strada
Pollice verso per i megatrack. Consentire la circolazione frontaliera dei camion EMS (European Modular System), ovvero quelle composizioni modulari che possono portare la lunghezza dei veicoli oltre i 25,25 metri (fino a 32 metri), con un peso sino a 50 – 60 tonnellate, potrebbe avere conseguenze disastrose sotto l’aspetto socioeconomico e di sostenibilità ambientale. Almeno è quanto sostengono le associazioni continentali del trasporto intermodale (CER, ERFA, UIC, UIP e UIRR) in uno studio comune sull’impatto della proposta della Commissione Europea di modifica della direttiva n. 53 del 25 luglio 1996 che disciplina i pesi e le dimensioni dei veicoli stradali commerciali.
Il documento sottolinea come l’autorizzazione alla circolazione dei mega-tir potrebbe innescare un abbassamento delle tariffe di trasporto per le merci ad elevato volume e a bassa densità, il segmento con le previsioni di crescita maggiore nei prossimi anni per tutte le modalità di trasporto terrestre. Un vantaggio non sufficientemente compensato sotto l’aspetto delle esternalità (decarbonizzazione, efficienza energetica, qualità dell’aria, rumore, incidenti, congestione).
“Lo studio conferma che la proposta della Commissione, se approvata così com’è, favorirà un trasferimento modale dalla ferrovia alla strada, con aumento dei costi esterni, di emissioni e manutenzione delle strade e diminuzione della sicurezza,” spiega Alberto Mazzola direttore generale di Community of European Railway and Infrastructure Companies. “Anche se la CER non si oppone al sostegno degli autoveicoli a emissioni zero, invitiamo comunque i legislatori a mantenere gli attuali limiti di 40 tonnellate per il traffico stradale transfrontaliero e ad eliminare quelle clausole che favoriscono i megatruck che attraversano l’Europa”.
Lo studio arriva anche a quantificare la portata dello “shift modale”. La possibilità di poter operare con un peso lordo maggiore porterebbe in media ad un trasferimento alla gomma fino al 21% per tutti i segmenti del trasporto ferroviario e al 16% per quelli combinati. Con effetti pesanti sotto l’aspetto della congestione e dell’impatto ambientale: 10,5 milioni di viaggi in più di camion, con l’emissione fino a 6,6 milioni aggiuntivi di CO2. Senza contare gli effetti sui costi aggiuntivi (2,2 miliardi di euro) e sulle operazioni di manutenzione (1,15 miliardi di euro in più all’anno).
“Non è complicato capire che la proposta nella sua forma attuale contribuirà a un cambiamento modale inverso,” sottolinea Conor Feighan, segretario generale dell’European Rail Freight Association. “Come indicato dallo studio l’impatto si farà sentire su tutti i tipi di trasporto merci su rotaia, non solo sul servizio su carro singolo. Mentre è importante incentivare i veicoli a zero emissioni su strada, è importante limitare questi ultimi ai soli mezzi, escludendo il sostegno al trasporto intermodale”.
Sotto questo aspetto le conclusioni dello studio sono severe. “Sebbene progettate per favorire lo sviluppo del trasporto intermodale, la maggior parte delle misure proposte risultano poco pratiche, inefficaci e non necessarie”.
Secondo François Davenne, direttore generale International Union of railways si “mette a repentaglio ogni tentativo di creare una filiera realmente interoperabile”. “Sembra che i camion più lunghi e pesanti siano ancora tecnicamente compatibili con il trasporto combinato strada-rotaia. In realtà una parte significativa dell’attuale mercato del trasporto combinato subirà un impatto negativo. Con l’attuale proposta è in pericolo la crescita del mercato di oltre il 50% realizzata negli ultimi dieci anni”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Gilles Peterhans, Segretario Generale Union of Wagon Keepers secondo cui “l’imposizione di standard sui veicoli pesanti non dovrebbe essere fatta a scapito dell’interoperabilità necessaria tra i modi di trasporto. Chiediamo con forza alle istituzioni europee di non dimenticare gli obiettivi del Green Deal dell’UE e il fatto che questi obiettivi possono essere raggiunti solo promuovendo un passaggio alla ferrovia”.
A chiudere Ralf-Charley Schultze, presidente International Union for Road-Rail Combined Transport.
“La neutralità tecnologica e l’obiettivo finale di greening richiedono che i co-legislatori europei modifichino le nostre leggi in modo che prevalga la soluzione di trasporto più efficiente in termini energetici e meno onerosa per l’ambiente, invece di adottare misure che aumentano la quota di mercato del trasporto su strada del 76%, di cui la metà è oggi il trasporto a lunga distanza. Il trasporto combinato porta a porta consente di raggiungere in modo efficace tutti i nostri obiettivi politici europei in materia di trasporto, energia, clima, ambiente e sociale”.
Fercargo, riequilibrio modale obiettivo del Paese
“Il 2023 è stato un anno complicato per il settore del trasporto ferroviario delle merci che, in aggiunta alle criticità strutturali della rete sulla quale sono in corso i lavori del Pnrr, ha dovuto fare i conti con una serie di situazioni eccezionali che hanno compromesso la fruibilità di importanti infrastrutture per periodi di tempo rilevanti”. Così Luigi Legnani, presidente di FerCargo, l’associazione ferroviaria del trasporto merci che dal 2009 supporta la liberalizzazione del mercato italiano.
“Basti pensare - continua Legnani - all’impatto sulla circolazione ferroviaria dell’alluvione in Emilia-Romagna, alla ridotta capacità del tunnel del Gottardo o alla interruzione, che si protrarrà per gran parte del 2024, della linea di Modane. Se a questo quadro aggiungiamo l’impatto sul mercato delle tensioni internazionali, ci rendiamo conto che la tenuta delle imprese è stata messa a dura prova e la competitività del settore ne ha inevitabilmente sofferto”.
FerCargo indica nel riequilibrio modale uno dei cardini strategici per uno sviluppo economico, sociale ed ambientale davvero sostenibile. Per questo deve diventare un importante obbiettivo anche del sistema Paese e non solo degli operatori che, nonostante il difficile contesto, hanno continuato ad investire in locomotive, carri e risorse umane.
“Nel 2024 saremo nel pieno degli interventi del Pnrr e le imprese dovranno affrontare modifiche di itinerario obbligate da cantieri diffusi sulla rete che genereranno un incremento dei costi e un rischio di minore competitività anche in termini di qualità del servizio per effetto della rigidità del sistema ferroviario. Sarà pertanto necessario che il servizio venga sostenuto innanzi tutto con interventi che riducano il costo delle tracce attraverso il meccanismo esistente dello sconto ma anche con interventi come il finanziamento, oggi largamente insufficiente, per l’installazione sulle locomotive del sottosistema di bordo dell’Ertms. Ma sarà fondamentale - conclude il presidente - che, nel contesto di un sistema ferroviario integrato con il sistema dei porti e dei terminal terrestri, le fasi dei lavori garantiscano il più possibile coerenza dei tempi di realizzazione in modo che venga garantita la disponibilità di capacità sufficiente e qualitativamente adeguata perchè si possa rispondere alla domanda senza perdere quote di mercato che sarebbero molto difficili da riconquistare”.