DICEMBRE 2023 PAG. 81 - Un operatore a servizio di tutta la filiera logistica
L’inflazione e gli alti livelli dei tassi di interesse stanno agendo in accoppiata come un tappo per lo sviluppo dell’economia. Le ripercussioni riguardano da vicino anche il settore dello shipping, vero e proprio termometro degli scambi internazionali. «E se la situazione di grande tensione geopolitica non rientrerà i segnali negativi registrati in questo 2023 rischiano di estendersi anche al prossimo anno». Andrea Mastellone, presidente di Assoagenti Napoli misura il polso di una situazione certamente complessa partendo dai risultati dello scalo partenopeo. «Nel porto di Napoli si comincia a risentire del clima di stagnazione dei traffici. Con l’eccezione del settore crociere, in grande spolvero nel corso di quest’annata, non si può negare la flessione generalizzata del comparto merci, anche se il confronto con il 2022 è falsato, considerando il boom dovuto alla fisiologica ripresa post-Covid. Ad ogni modo, bisognerà monitorare tutti i fattori che possono incidere sulla ripresa o meno dell’economia globale».
Quali potrebbero essere?
Dal mio personale punto di vista credo che la Cina si spenderà molto per la chiusura del conflitto in Ucraina. I focolai di guerra che vanno espandendosi un po’ per tutto il globo sono un forte impedimento allo sviluppo del gigante asiatico che ha bisogno più di chiunque altro di ritmi di crescita alti e costanti per garantire la sopravvivenza del suo peculiare modello politico. Pechino, e lo dimostrano i livelli dei noli in uscita dal Paese, sta esportando di meno. Nemmeno la tradizionale crescita dei traffici associata all’avvicinarsi del capodanno cinese sembra riuscire a smuovere questo torpore. L’unica soluzione rimane la risoluzione dei conflitti. La pace potrebbe innescare un secondo boom economico. C’è poi un elemento di crisi proprio dell’attività marittima su cui forse si sta spendendo poca attenzione.
Quale?
Il Canale di Panama versa in un preoccupante stato di crisi. I transiti si sono dimezzati e si stanno accumulando code di oltre un mese per poter attraversare quest’infrastruttura che mette in contatto due oceani. Addirittura ci sono unità che decidono di circumnavigare il Sud America. Tutto questo potrebbe creare squilibri tra domanda e offerta con effetti deleteri sui noli a causa dell’allungarsi dei transit time fino a 30-40 giorni in più. Di fatto potrebbero ripresentarsi le criticità legate al blocco del Canale di Suez con l’incaglio della Ever Given.
Intanto le compagnie marittime diventano sempre più grandi e articolate. Che difficoltà comporta questo fenomeno per la categoria degli agenti marittimi?
Nel segmento container il tema è particolarmente sensibile. La tendenza dei grandi vettori è quella di gestire in house il servizio mentre per tutte le altre modalità di trasporto marittimo, meno standardizzate a livello di procedure, ci sono ancora spazi di manovra. A patto però che l’agente marittimo si metta in gioco, adeguandosi ai cambiamenti, allargando la gamma dell’offerta e diventando a tutti gli effetti un operatore a servizio di tutta la filiera logistica. Un punto di partenza fondamentale rimane comunque la funzione pubblicistica della professione che sarà ulteriormente rafforzata dalla nuova legge di riforma del settore che ha iniziato il suo percorso parlamentare.
Quali altri fattori possono rafforzare il ruolo economico dello shipping in Italia?
L’evoluzione della materia doganale, sotto la spinta europea, verso un rapporto maggiormente fiduciario tra utenza ed ente di controllo mi sembra particolarmente interessante. Con il nuovo regolamento Ue viene rafforzato il ruolo dell’AEO come elemento in grado di fluidificare i processi burocratici che incidono molto sulle prestazioni dei singoli porti e, di conseguenza, sulle scelte degli armatori. Anche in questo caso l’Italia sconta una difficoltà dimensionale. Molte aziende medio-piccole non sono in grado o non vogliono sostenere i costi per ottenere questo status. Solo così si può spigare la grande differenza nell’uso di questo strumento che ci distingue dalla Germania, Paese con un’economia strutturalmente simile alla nostra.
G.G.