DICEMBRE 2023 PAG. 36 - Per Riccardo Fuochi la BRI è stata una occasione persa
Anche il “made in Italy”, sulla scorta del rallentamento generale dell’economia, ha registrato quest’anno un segno negativo. Una tendenza che ha investito anche i mercati del Far East, tradizionalmente sensibili ai prodotti di lusso italiani. È qui che il nostro Paese sconta soprattutto una mancanza di visione strategica. Un esempio per tutti: l’uscita silenziosa dalla Belt and Road Initiative dopo il grande risalto mediatico seguito all’epoca alla firma del Mou tra Roma e Pechino. PORTO&interporto ne parla con Riccardo Fuochi, presidente di Swiss Logistic Center.
Quale bilancio per il settore moda italiano in questo 2023?
La flessione del comparto è stata determinata da una serie di fattori, a cominciare dall’accumulo nei periodi precedenti di stock di prodotto che si è sommata al calo dei consumi, anche in un mercato di preferenza come quello cinese. Per le aziende della logistica il fenomeno ha coinciso, non a caso, con una riduzione sostanziale dei noli marittimi che ha portato ad un taglio degli utili. Un trend che si è manifestato anche sul lato del trasporto aereo.
Sotto l’aspetto logistico qual è la tendenza che si è imposta?
Il mercato, ancora di più, si sta concentrando nelle mani dei grossi gruppi. La strategia delle compagnie marittime a costituirsi come global player dei servizi logistici è fin troppo chiara e dovrebbe creare qualche preoccupazione alle aziende medio-piccole, tipiche del modello di sviluppo italiano.
Come si può rispondere alla sfida del gigantismo?
Le strade sono sostanzialmente due. La specializzazione estrema dei servizi o l’aggregazione. Quest’ultima non sotto l’aspetto di fusioni societarie ma come creazione di piattaforme comuni, realizzate attraverso l’uso di strumenti informatici, in grado di fare concorrenza alle realtà più grandi. Sotto questo aspetto le associazioni potrebbero giocare un ruolo fondamentale a sostegno delle realtà più piccole e come interlocutori del governo per proporre le migliori strategie da mettere in campo.
Ci sono già iniziative in questa direzione?
Purtroppo no. Costruire una filiera di sistemi informatici comune comporta investimenti che non sono alla portata delle aziende. Ma su questo terreno mancano progetti specifici pensati per il settore della logistica. Anche il PNRR, che da grande spazio al tema della digitalizzazione, non prevede nessun tipo di misura.
Il che ci porta alla mancanza di visione strategica che ha più volte denunciato su queste pagine…
Il Far East ribolle di iniziative. È vero che l’economia cinese ha rallentato ma Pechino sta mettendo in atto tutta una serie di contromisure, tanto che già gli ultimi piani quinquennali prevedevano un rallentamento delle esportazioni a favore di una espansione del mercato interno. Ad ogni modo dai progetti della BRI che pur rallentando proseguono ai programmi di sviluppo in ambito Asean e Rcep si potrebbero aprire molte opportunità per le aziende italiane.
Deluso per l’esito del memorandum sulla via della seta?
Non siamo riusciti a cogliere il buono che poteva venire da un’intesa che avrebbe potuto favorire l’ingresso della nostra economia in un mercato che virtualmente abbraccia tutta l’Asia. Di fatto non abbiamo fatto nessun tipo di richiesta concreta in grado di favorire il business tra le due parti. Ora dopo i rimbrotti dell’alleato americano, mentre Francia e Germania fanno la parte del leone negli scambi con Pechino, si punta alla stipula di accordi bilaterali su determinate materie. Vedremo se ci saranno risultati.
Intanto la nuova frontiere geo-economica diventa l’Africa…
Se ne parla tanto. Ma anche in questo caso servirà una visione globale. Non si può saltare da un Paese all’altro alla ricerca di accordi. Se il futuro è in quel continente, e lo è, servirà una discussione franca e seria sulle strategie e le iniziative da mettere in atto. Non a caso la prossima Shipping Forwarding & Logistic meet Industry che stiamo organizzando per i primi mesi del 2024 prevede un focus proprio su questo tema.
G.G.