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DICEMBRE 2023 PAG. 28 - Puntare sulla digitalizzazione della catena logistica

 


«Il 2023 può essere considerato come un anno di assestamento dopo due anni in cui si è lavorato tantissimo, anche se in condizioni difficili. Prima il picco dei volumi, come conseguenza del post-pandemia, poi quello dei costi energetici, causato dai due conflitti armati in Ucraina e Medio Oriente, hanno prodotto una serie di effetti nel tempo e una incertezza generale che ha in qualche modo rallentato molto la rincorsa che avevano preso un po’ tutte le economie». Silvia Moretto, Chief Executive Officer presso D.B. Group, osserva l’andamento del settore logistico da una prospettiva privilegiata. «Abbiamo 54 uffici nel mondo e osserviamo delle dinamiche simili e simultanee in molti paesi, sia occidentali sia asiatici. In generale, è sempre valido il concetto della interconnessione, anche delle catene del valore: un fenomeno anche circoscritto in una determinata area geografica comunque produce una sorta di effetto domino a livello globale». Anche in questo modo si spiegano contrazione dei volumi e dei noli marittimi registrati quest’anno: «quasi che l’offerta non fosse riuscita a rispondere in maniera completa e flessibile alla domanda». 

Alle varie criticità si aggiungono poi questioni come i colli di bottiglia sui valichi di frontiera…

Un fenomeno cominciato nel 2021 ma certamente aggravato quest’anno da tutta una serie di fattori di varia natura. Certo è che se non si attiva lo shift intermodale, con una quota maggioritaria del nostro export che continua a viaggiare su strada, gli effetti del traffico sulle infrastrutture, già alla corda nel periodo pre-covid, si ripercuoteranno sui costi logistici. D’altronde siamo un paese il cui unico confine terrestre è reso di difficile accessibilità dalle montagne. L’inizio dei lavori sul potenziamento della rete ferroviaria è la risposta giusta, ma prima di vedere la luce in fondo al tunnel bisognerà confrontarsi per un po’ di tempo anche con la capacità ridotta dei volumi per i vettori che operano su ferro.  

Passando alla realtà aziendale, su quali aspetti state investendo maggiormente?

Ci occupiamo di consulenza a tutto tondo, dalla assistenza doganale alle spedizioni mare terra aereo treno e logistica, anche in conto terzi: c’è la necessità quindi di mantenere un dialogo costante e flessibile con la nostra clientela. E questo è un fattore reso possibile solo dall’implementazione continua degli strumenti digitali. Già dal 2017 abbiamo intrapreso un processo di revisione dei sistemi che prevede l’introduzione di nuove soluzioni e l’aggiornamento delle procedure informatiche. Il Covid ha rallentato i tempi di attuazione del piano ma lo stiamo completando. Ovviamente un tema collegato e altrettanto fondamentale è la formazione del personale. 

In che modo vi approcciate al tema?  

Oltre alle iniziative promosse da Fedespedi cui partecipiamo attivamente siamo tra i soci fondatori dell’ITS Marco Polo di Venezia, contribuendo a livello di contenuti e di indirizzo al percorso che gli studenti devono seguire per poi intraprendere una carriera nel nostro settore. Poi ci sono i programmi di formazione specifica che riguardano anche contenuti innovativi come l’intelligenza digitale che vedono coinvolti il management dell’azienda. Attualmente oltre 60 manager sono impegnati in un programma per lo sviluppo delle soft skill iniziato l’anno scorso. L’obiettivo è dotarsi di competenze sempre più nuove ed articolate. 

Tre mosse per dare scacco matto ai problemi del sistema logistico italiano…

Purtroppo devo ripetermi. Evidenziare quello che ho sottolineato più volte anche nel corso del mio mandato alla guida di Fedespedi: il sistema paese deve essere reso più fluido. E questo è un tema che non riguarda solo l’hardware, dove tra l’altro gli interventi di potenziamento infrastrutturali previsti dal PNRR vanno nella giusta direzione; bisogna lavorare soprattutto sul software. Siamo uno dei paesi più arretrati in termini di digitalizzazione: tanto nella pubblica amministrazione quanto nelle imprese. Sarebbe opportuno promuovere iniziative di supporto perché in un mondo che è già tutto interconnesso e dove stanno nascendo già piattaforme di scambio dati globali, si rischia di essere tagliati fuori. Poi c’è la battaglia culturale sull’ex work su cui non posso esimermi. 

Quanto è importante? 

Fondamentale. Non bisogna rinunciare a sottolineare quanto sia importante il presidio delle catene logistiche e delle catene del valore. La distribuzione e l’approvvigionamento non possono essere delegati a terzi. Piaccia o non piaccia è un discorso che va affrontato, anche perché anche tante aziende pubbliche comprano ex work.  

Sostenibilità, opportunità o freno allo sviluppo?  

Non mi piace parlare solo di sostenibilità ambientale per quanto certamente l’emergenza sia sotto gli occhi di tutti. Come azienda stiamo portando avanti delle iniziative a livello di prestazioni mediche o di valorizzazione delle figure femminili interrogandoci su quale sia la strada più seria e concreta per garantire a livello di governance risultati sociali sul lungo termine. Sul versante più propriamente green supportiamo con convinzione il progetto di Fedespedi sulla misurazione degli standard ambientali dei magazzini. Un primo passo per curare al meglio le nostre strutture. Ma è a livello di sistema che vorrei fare un’ultima riflessione. Le novità tecnologiche che stanno investendo le nostre aziende portano con sé la necessità di allargare la propria visuale, che non può più essere concentrata solo a livello di business. Si tratta di cambiare paradigmi consolidati. Serve uno sforzo comune da parte di istituzioni e associazioni per affrontare al meglio la sfida.

Sandro Minardo


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