DICEMBRE 2023 PAG. 26 - Favorire lo sviluppo e l’uso di carburanti “zero” emissioni
La lotta al cambiamento climatico resta in cima all’agenda politica internazionale ed è tra i temi prioritari anche per lo shipping, ma specialmente in questo settore è ancora acceso il dibattito su come attuarla.
Tra le misure proposte a livello internazionale, è piuttosto controversa l’introduzione del trasporto marittimo nel cosiddetto ETS (Emission Trading Scheme), ossia il sistema per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra dell’Unione Europea. Da più parti è emersa la forte preoccupazione che questa normativa renda economicamente svantaggioso, se non insostenibile, il trasporto marittimo tra i porti europei. Al punto che, con l’avvicinarsi dell’introduzione della misura (prevista per l’inizio del 2024), è stato invocato anche lo “stop the clock”, ossia una moratoria sull’efficacia del meccanismo ETS nel settore dello shipping, almeno per le rotte ed i porti più a rischio.
È, in effetti, un atteggiamento “curioso”, quello dell’Unione Europea – come lo ha definito Emanuele Grimaldi, Amministratore Delegato del Gruppo Grimaldi e Presidente dell’International Chamber of Shipping (ICS, associazione armatoriale internazionale che rappresenta oltre l’80% della flotta mercantile mondiale): l’ETS andrebbe, infatti, a tassare le stesse autostrade del mare che proprio da Bruxelles sono state fortemente volute ed incentivate come alternativa ecosostenibile al trasporto su strada. La misura rischia di compromettere, inoltre, la competitività dell’intero comparto marittimo europeo, rendendo preferibile dal punto di vista economico la delocalizzazione dei traffici verso i porti del sud del Mediterraneo a discapito di quelli appartenenti all’UE; mentre, a livello nazionale, minaccerebbe la continuità territoriale con le isole maggiori.
“L’intento è nobile – ha precisato Grimaldi durante l’Assemblea ALIS di novembre – ma trascura che oggi il trasporto marittimo movimenta tra l’80 ed il 90 per cento di merci emettendo appena il 2% della CO2. Rispetto alle altre modalità, il trasporto marittimo è di gran lunga quella più green, e se lo si tassa si rischia di rimettere sulla strada le merci che erano state trasferite sul mare. Questa visione europea troppo eurocentrica trascura, inoltre, che l’Unione Europea risponde solo per il 7,5% delle emissioni marittime globali”.
Di fatto, dunque, l’applicazione della normativa europea non potrebbe comunque risolvere efficacemente un problema globale che, per definizione, richiede una soluzione globale. Come quella proposta proprio dall’ICS guidata da Emanuele Grimaldi: uno schema “fund & reward” per supportare i primi operatori che utilizzeranno carburanti nuovi e più costosi nel trasporto marittimo.
La proposta dell’ICS mira ad accelerare la produzione e l’adozione di carburanti a basse o zero emissioni di gas serra, fornendo ricompense ai pionieri per le emissioni di gas serra evitate grazie all’uso di combustibili alternativi ammissibili. Questi premi sarebbero finanziati da contributi calcolati in base alle tonnellate di CO2 emessa dalle navi, da versare a un fondo dell’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale), che fornirebbe anche sostegno agli sforzi di riduzione dei gas serra nel settore marittimo da parte dei paesi in via di sviluppo. Scopo ultimo della misura proposta è ridurre il divario di prezzo tra i carburanti a basse o zero emissioni di carbonio e i carburanti convenzionali, per accelerare la transizione del trasporto marittimo verso l’obiettivo “net zero” entro il 2050.
Secondo le stime dell’ICS, i contributi versati da tutte le navi del mondo ammonterebbero ad oltre 10 miliardi di dollari, la metà dei quali potrebbe essere spesa per produrre nuovi carburanti verdi, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo che oggi si limitano a subire i danni climatici. L’altra metà potrebbe, invece, servire a ridurre il gap del costo tra gli attuali carburanti e quelli nuovi.
L’associazione armatoriale guidata da Emanuele Grimaldi ha già presentato la sua proposta all’IMO: se applicata, permetterebbe finalmente di creare a livello globale un meccanismo di mercato che incentivi i first mover e consenta di investire in infrastrutture fisiche e risorse umane, sostenendo al contempo le economie in via di sviluppo.