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SETTEMBRE 2023 PAG. 30 - BRI, una opportunità mancata per insipienza

 



Dagli entusiasmi fin troppo facili e un po’ superficiali ai giudizi troppo negativi. Il clima in Italia attorno alla BRI è cambiato. Si è oscillato da un estremo all’altro, probabilmente non riuscendo a capire fino in fondo la posta in gioco. Alla vigilia del probabile non rinnovo dell’accordo siglato quattro anni fa con Pechino, Riccardo Fuochi, presidente di Swiss Logistic Center, e tra gli imprenditori più addentro ai meccanismi della “via della seta”, cerca di trarre qualche utile lezione per il futuro del nostro sistema. 

Cosa non ha funzionato nell’accordo siglato con la Cina? 

Una breve considerazione introduttiva. Negli ultimi anni, complice la pandemia e la recrudescenza delle tensioni geopolitiche, non ultimo la guerra in Ucraina, si è registrato un oggettivo rallentamento nei progetti rientranti nell’ambito della Belt and Road. Ciò nonostante l’iniziativa, a livello globale, sta avanzando con importanti novità anche nelle aree prossime alla nostra penisola. Penso al crescente coinvolgimento della Turchia, destinata a diventare uno dei terminali di arrivo delle merci cinesi, o all’adesione dell’Arabia Saudita e dei paesi del Golfo Persico. In questo contesto complesso, sicuramente, ma non certo fermo, l’Italia si è caratterizzata per la sua sostanziale inerzia. 

Eppure, siamo stati l’unico paese ad aderire ufficialmente all’iniziativa…    

Di per sé l’intesa non ha alcun carattere realmente vincolante. Si tratta di un memorandum che prevede la possibilità di poter lavorare insieme nelle varie progettualità legate alla BRI. Ed è qui che è mancata l’atteggiamento strategico. A parte all’inizio, quando sono stati organizzati i primi gruppi che mettevano insieme mondo produttivo, associativo e istituzionale, è venuta a mancare una capacità di coordinare e sviluppare l’analisi delle opportunità che si aprivano. Pochissime le iniziative in grado di confrontarsi seriamente con i singoli progetti di cui la BRI è composta.  

Cosa poteva essere fatto in più?   

Visto che la Cina considerava prioritaria la presenza italiana si sarebbe potuto lavorare all’apertura di canali commerciali per favorire le nostre esportazioni. Si consideri un settore importantissimo in Italia come l’agroalimentare. Tuttora i nostri prodotti per poter accedere nel mercato cinese devono superare una lunga trafila di procedure normative che ne rallentano la diffusione. Si sarebbe potuto fare maggiori pressioni per ottenere almeno il riconoscimento delle certificazioni europee, in modo da facilitare i processi autorizzativi. 

Alla fine sono subentrate le superiori necessità geo-strategiche… 

Legittimo. Rimane il fatto che il mondo produttivo, e Francia e Germania ne sono un esempio lampante, non è riuscito a cogliere fino in fondo le opportunità che l’iniziativa offriva. Invece si è passati dal sognare ad occhi aperti container provenienti dalla Cina pieni di soldi per costruire infrastrutture all’attuale clima di scetticismo, quando non proprio di ostilità nei confronti della BRI. Un oscillare tra gli estremi che i nostri partner europei, almeno sotto l’aspetto commerciale, non frequentano. 

Quali gli insegnamenti da trarre?

È venuta a mancare, innanzitutto, una visione pragmatica nella valutazione delle opportunità di business. E con essa una chiara regia dei rapporti che bisognava coltivare con la Cina. Recentemente il ministero del Turismo ha partecipato a un’importante iniziativa a Shanghai, consapevole dell’importanza dei flussi che possono alimentare l’economia del nostro paese in questo settore. Ma è solo un punto d’inizio, servono maggiori sforzi. Tanto che già preme la necessità di guardare anche oltre. 

A cosa si riferisce?  

La consapevolezza dell’Africa come prossima frontiera è convinzione comune. Bisognerebbe prepararsi adeguatamente e in tempo sviluppando piattaforme logistiche in grado di favorire l’interscambio con quel mercato. In un contesto in cui paesi come la Francia sono già fortemente avvantaggiati, serve muoversi per tempo, consapevoli delle difficoltà da affrontare e delle opportunità da cogliere, con uno spirito di pragmatismo che negli ultimi tempi è mancato.

Giovanni Grande

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