AGOSTO 2023 PAG. 44 - Il mondo cambia Cambia la Via della Seta
La Via della Seta sta cambiando. Adattandosi alle esigenze di un mondo più frammentato. Meno connettività infrastrutturale, maggior investimenti. Soprattutto, ricerca di materie prime, a cominciare da quelle considerate “critiche” per i processi di transizione energetica. Gli ultimi dati elaborati dall’Università di Fudan sull’impegno di Pechino nella strategia BRI relativi ai primi sei mesi del 2023, intanto, registrano l’abbattimento di una “soglia psicologica”: nei dieci anni trascorsi dall’annuncio dell’iniziativa l’esposizione cumulativa cinese ha superato i mille miliardi di dollari (esattamente 1.014) di cui circa 596 in contratti di costruzione e 418 in investimenti.
I dati preliminari sugli investimenti finanziari e la cooperazione contrattuale per la prima metà del 2023 nei 148 Paesi della Belt and Road Initiative mostrano circa 102 accordi per un valore di 43,3 miliardi di dollari. Ciò equivale a circa il 60% dell’impegno cinese nella BRI in tutto il 2022 (72,6 miliardi di dollari). Di questi, circa 24,1 miliardi sono stati investiti e 16,3 miliardi sono stati contratti di costruzione (in parte finanziati da prestiti cinesi).
I dati, nel complesso, dimostrano un’evoluzione costante nelle attività della BRI a partire dal 2020, dall’inizio del COVID-19. Lo conferma il fatto che nei primi sei mesi del 2023 la quota di investimenti ha raggiunto il livello più alto: il 59% del totale rispetto al 29% del 2021. Per la prima volta, dunque, più della metà degli interventi cinesi avviene attraverso forme di partecipazioni con rischi più elevati. Rispetto ai contratti di costruzione, che sono tipicamente finanziati attraverso prestiti forniti da istituzioni finanziarie e/o appaltatori cinesi, i progetti su cui si investe ricevono per lo più garanzie dalle istituzioni governative del Paese ospitante.
Ciò se indirettamente accresce il “peso politico” della Cina dall’altra sta avendo effetti sulla dimensione media degli investimenti diminuita da circa 617 milioni di dollari nel 2022 a 392 milioni di dollari nella prima metà del 2023. Rispetto al picco del 2018, le dimensioni degli investimenti sono diminuite del 48%. Per quanto riguarda i progetti di costruzione, la dimensione delle transazioni nella prima metà del 2023 è stata la più bassa dall’avvio della BRI nel 2013, con circa 327 milioni di dollari rispetto ai 338 milioni di dollari del 2022. Rispetto al picco del 2017, si tratta di una diminuzione del 35%. In generale il fenomeno nasce dalla volontà di adattare la gestione dei rischi che risultano pronunciati e impegnativi nei progetti su larga scala con maggiori requisiti e questioni sociali, ambientali e di governance (ESG).
Africa sub-sahariana e Sud America sono le regioni dove l’iniziativa si sta facendo più strada. Nei primi si è registrato un aumento del 130% degli investimenti cinesi e del 69% dei contratti di costruzione. La regione è diventata dominante per l’impegno nel settore delle costruzioni e la seconda regione target più importante per gli investimenti BRI (dopo l’Asia orientale). I Paesi del Medio Oriente hanno continuato a essere i principali destinatari, ricevendo 8,1 miliardi di dollari in totale, ma significativamente meno dei 12,3 miliardi di dollari dei primi 6 mesi del 2022.
I Paesi BRI dell’Asia orientale, invece, hanno ampliato la cooperazione con la Cina da 8,84 miliardi di dollari a 13,2 miliardi di dollari nei primi 6 mesi del 2022 e del 2023, rispettivamente. È interessante notare che i Paesi BRI del Sud America non hanno registrato alcun impegno edilizio nei primi 6 mesi del 2023, ma una crescita significativa (+227%) degli investimenti, ricevendo complessivamente il più alto livello di impegno cinese nella regione dal 2018.
Il Paese con il più alto volume di costruzioni nella prima metà del 2023 è stato l’Arabia Saudita, con circa 3,8 miliardi di dollari, seguito dalla Tanzania (circa 2,8 miliardi di dollari) e dagli Emirati Arabi Uniti (1,2 miliardi di dollari). Per quanto riguarda gli investimenti BRI, l’Indonesia è stata il principale beneficiario con circa 5,6 miliardi di dollari, seguita da Perù (2,9 miliardi di dollari) e Arabia Saudita (circa 1,6 miliardi di dollari). 26 Paesi hanno registrato un calo del 100% dell’impegno BRI rispetto al 2022, tra cui Turchia, Polonia e Kenya. L’impegno della Cina in Pakistan per il Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) è calato di circa il 74%. I Paesi con la maggiore crescita dell’impegno BRI sono stati Bolivia (+820%), Namibia (+457%), Eritrea (+359%), Tanzania (+347%) e Cambogia (+230%).
Gli sforzi di Pechino all’estero hanno continuato a concentrarsi in particolare sull’energia (36%) e sui trasporti (28%) mentre la tecnologia ha registrato un calo significativo, rispetto all’annuncio dell’investimento di 7,6 miliardi di dollari da parte del maggiore produttore cinese di batterie CATL in Ungheria nel 2022.
Cresce, soprattutto, l’importanza strategica del settore dei metalli e delle miniere (+131% rispetto alla prima metà del 2022), con particolare attenzione a quelli come il litio che saranno fondamentali per la transizione verde. Anche in questo caso Africa e Sud America sono sugli scudi. Pechino detiene già quote significative delle fonti minerarie globali (ad esempio, oltre l’80% delle risorse globali di grafite) e un controllo ancora maggiore nella lavorazione dei materiali (in cui tra litio, nichel, cobalto e grafite, la Cina possiede oltre il 50% della capacità globale). Ciononostante si registra una significativa espansione dell’estrazione del litio e del rame (sia nelle miniere che nella lavorazione), ad esempio con l’acquisizione da parte di Hainan Mining di Kodal Minerals di parte di una miniera di litio in Mali, un accordo per un impianto di lavorazione del rame in Arabia Saudita e la messa in funzione di un impianto di lavorazione del litio in Zimbabwe.
Per quanto concerne il settore dei trasporti si registra un andamento altalenante. Nel corso di questo 2023 non sono state annunciate iniziative nel settore avio mentre per le ferrovie i contratti di costruzione raggiungono i 5,6 miliari di dollari. Un caso particolarmente interessante è quello da 2,2 miliardi di dollari con una società cinese per la costruzione della sezione finale di una linea ferroviaria destinata a collegare il porto principale della Tanzania con i suoi vicini, nell’ambito di una più ampia linea regionale di 2.561 chilometri che mira a collegare il porto di Dar es Salaam sull’Oceano Indiano a Mwanza sul Lago Vittoria, con eventuali prolungamenti verso Burundi, Repubblica Democratica del Congo (RDC), Ruanda e Uganda.
La Cina continua a impegnarsi anche in progetti di costruzione di strade in molti Paesi. Tra gli esempi, una strada a pedaggio in Cambogia del valore di circa 1,6 miliardi di dollari.
Infine i porti. Nella prima metà del 2023 sono stati annunciati alcuni investimenti in progetti di trasporto marittimo e portuale, come ad esempio un accordo con l’Arabia Saudita per sostenere i progetti di trasporto marittimo delle società Aramco.
Sulla scorta di questi dati l’analisi dell’Università di Fudan esclude che, considerando anche il resto di quest’anno, si possano registrare le cifre record del biennio 2018-19. Anche in virtù della scelta di frenare la rapida espansione all’estero sancita dal 14° Piano quinquennale (FYP) per il periodo 2021-2025. Il documento, infatti, prevede che la Cina investa 550 miliardi di dollari (inclusi i Paesi non BRI), con un calo del 25% rispetto ai 740 miliardi di dollari del periodo 2016-2020. Inoltre, il volume delle commesse cinesi dovrebbe diminuire da 800 miliardi di dollari del precedente piano ai 700 miliardi di dollari attuali.