FEBBRAIO 2023 PAG. 40 - Assomarinas, rinnovamento delle strutture portuali
Il 2008 è l’anno che per il mondo della nautica italiana rappresenta il discrimine tra un prima e un dopo. La crisi finanziaria globale e i (conseguenti) provvedimenti del governo Monti del 2011 hanno colpito duramente un comparto sulla rampa di lancio. Con risultati catastrofici: un calo medio del fatturato del 35%, fallimenti numerosi, procedure concorsuali che si protraggono fino ad oggi. Nel migliore dei casi acquisizioni o cessioni parziali a società estere. A distanza di poco più di dieci anni il panorama è in via di evoluzione pur confermando un dato strutturale: il cluster viaggia a due velocità . Da una parte la crescita costante, il 30%, della produzione industriale destinata all’estero; dall’altro una lentissima ripresa, attorno al 3-4% nell’ultimo biennio, per il mercato italiano, nel quale il segmento dei porti turistici è quotidianamente impegnato alla ricerca di un’agibilità operativa più favorevole. Roberto Perocchio, presidente di Assomarinas, l’associazione che riunisce nell’ambito di Confindustria Nautica gli scali turistici della penisola, fa il punto della situazione.
Qual è lo stato di salute del settore?
Si potrebbe parlare di una lenta risalita dal baratro sostenuta sostanzialmente dal settore dei super yatch, prevalentemente internazionale, e dall’erosione costante della cosiddetta “classe media” dei diportisti italiani, classificabile con le unità tra i dieci e i venti metri. Il calo brusco del parco nautico italiano è dato dalle cifre: nel 2008 le nuove immatricolazioni erano 4.880; nel 2021 solo 242. In termini assoluti si è passati da 105mila unità a 85mila. Nel contempo, laddove è stato possibile superare la tempesta, sono stati avviati una serie di nuovi porti, frutto della pianificazione avviata negli anni novanta. Rispetto al 2008 ci ritroviamo così con 25mila posti barca in più, cui si dovrebbero aggiunger altri 25mila in via di realizzazione, o dal recupero di parte del demanio dismesso dalle AdSP o in strutture ex-novo. Nel complesso il settore è cresciuto del 3-4% negli ultimi due anni.
I fattori che hanno determinato questo andamento?
Paradossalmente il Covid ha favorito una ripresa dell’interesse per la nautica. Dopo due anni caratterizzati da una mobilità fortemente limitata è cresciuta la ricerca di un uso del tempo libero più autonomo e all’aperto. A fronte di una produzione nazionale di nuove costruzioni che stenta si è registrato un ritorno in acqua di migliaia di unità ferme nei capannoni. Un riassorbimento inaspettato che ha contribuito ad alimentare il mercato del refitting. Ovviamente questo ha determinato, insieme al boom dei super yatch, un aumento del tasso di occupazione nei porti turistici che è riuscito a contenere in parte la perdita del turismo russo, a seguito delle sanzioni per la guerra in Ucraina.
In che modo i porti turistici stanno affrontando la contingenza?
Molti sono impegnati in attività di rinnovamento delle infrastrutture per rispondere al meglio al cambiamento nelle esigenze della clientela e alla questione fondamentale della transizione energetica. Nella maggior parte dei casi stanno aumentando le dotazioni di fotovoltaico per venire incontro ad una richiesta di potenze crescenti. Fenomeno alimentato sia dall’uso di imbarcazioni sempre più orientate all’elettrificazione, sia da una presenza maggiore nelle varie strutture di auto elettriche. L’ultima tendenza è di arrivare in porto e ricaricare la propria autovettura nel periodo di tempo che si passa in mare.
Quali sono le principali criticità che il settore deve affrontare?
Come Assomarinas siamo impegnati su una serie di fronti. Il primo riguarda un vecchio contenzioso su canoni demaniali non dovuti risalenti al 2007 che riguardano una ventina di porti. Una questione presa in carico anche dal tavolo sull’economia del mare di Confindustria e per cui si chiede un saldo stralcio. La questione più dirimente, comunque, riguarda l’adeguamento Istat dei canoni demaniali che rischia di mettere in discussione qualsiasi tentativo di risalire la china da parte del cluster.
Di cosa si tratta?
L’adeguamento dei canoni si basa su una normativa del 1993 che non fa riferimento solo all’indice dei prezzi al consumo ma prevede un calcolo medio adattato ai prezzi all’ingrosso. Il risultato di questo meccanismo automatico ha prodotto un aumento del 25,1%, francamente insostenibile per aziende che si trovano ad affrontare anche le conseguenze della crisi energetica. Sottolineo che i porti turistici per le caratteristiche operative che li contraddistinguono e i servizi che offrono sono aperti ogni giorno dell’anno e gli aumenti in bolletta sono stati enormi. Aggiungere un ulteriore peso rischia di affossarci.
C’è poi la questione relativa alla Bolkestein…
Su quel punto abbiamo prodotto una serie di memorie evidenziando come l’ambito della direttiva non riguardi direttamente la portualità turistica. Insieme a Confindustria Nautica abbiamo presentato un ricorso in Cassazione nei confronti di una relativa sentenza del Consiglio di Stato. Ad ogni modo le nostre osservazioni sono state prese in considerazione dal governo: il “milleproroghe” rimetterà sul tavolo il tema per ridefinire gli ambiti di applicazione previsti dalla legge Draghi sulla concorrenza.
Su cosa puntare per il rilancio del cluster?
In questi anni è stata essenziale l’opera di promozione all’estero del nostro sistema. Un recente incontro con il ministero del Turismo, sotto questo aspetto, è stato particolarmente proficuo. Oltre alle vertenze legate al calcolo dell’IMU si è discusso del piano industriale elaborato del dicastero che prevede un adeguato rilievo alle nostre attività nel rilancio del portale nazionale del Turismo preso recentemente in carico dalla struttura ministeriale. Poi c’è la questione della formazione del personale. Per sostenere la ripresa del settore servono professionalità sempre più specifiche. Dall’accoglienza all’ormeggio i servizi diventano sempre più specializzati. Sarebbe opportuna l’attivazione di percorsi formativi coordinati tra ministero e regioni.
Quali sono le tendenze future della nautica?
Il settore del charter è cresciuto costantemente in questi anni, anche in virtù di una svolta culturale incentrata più sull’utilizzo dei beni che sul loro possesso. Si tratta di una tendenza di lunga durata che sta investendo gli stessi layout dei porti. Molte realtà stanno adeguando parte dei loro spazi con servizi accessori come sale briefing per gli equipaggi o punti di reception per i clienti. È per questo che consideriamo particolarmente positiva la recente approvazione del regolamento di patente semplificata per gli skipper, misura su cui abbiamo collaborato fattivamente dopo un decennio di impegno. L’accesso più semplice al brevetto può supportare ulteriormente la crescita del noleggio nautico nazionale.
Come conciliare la divaricazione crescente tra i segmenti di mercato?
Anche se è vero che superyatch e unità minori possono tranquillamente coesistere in una stessa struttura le dinamiche polarizzanti del mercato suggeriscono una direzione progressiva verso la specializzazione. Fatte le debite considerazioni il modello di riferimento potrebbe essere quello statunitense dove l’eccesso di offerta è stato gestito con la nascita di società che si sono focalizzate solo su un certo tipo di attività e clientela.
In che modo il PNRR sta contribuendo alla modernizzazione del sistema nautica?
Attraverso il recupero di tranche di fondi il ministero ha messo a disposizione dei porti turistici circa due miliardi di euro sotto forma di contributi a fondo perduto, credito d’imposta e finanziamenti con fondi a rotazione. La maggior parte delle risorse si sta convogliando verso gli interventi di efficientamento energetico degli edifici, con installazione, ove possibile, di pale eoliche e pannelli fotovoltaici, l’ottimizzazione degli impianti elettrici o di condizionamento, miglioramenti nella gestione dei servizi. Spesso si tratta però di procedure abbastanza complicate, basate di click day, ma è un primo importante passo per consolidare, attraverso maggiore qualità dell’offerta, la risalita della china.
Giovanni Grande