DICEMBRE 2022 PAG. 68 - Tracciamento GPS e DAC nuove frontiere del trasporto su ferro
Nell’appuntamento di Pietrarsa dell’anno scorso dedicato al cargo ferroviario aveva parlato di un «allineamento astrale favorevole».
“Da una parte l’occasione rappresentata dal PNRR, dall’altra una maggiore sensibilità per le questioni ambientali giocavano a favore di una valorizzazione del trasporto merci su ferro. Il 2022, invece, ha deluso le attese, preso tra l’aumento dei costi energetici e le performance negative di un partner strategico come le ferrovie tedesche, alle prese con un piano di rinnovamento strutturale condotto senza alcun coordinamento che, tra linee bloccate e ritardi, ha portato a una crescita dei noli e a un deterioramento della qualità dei servizi”. Andreas Nolte, vicepresidente di Assofer e Ad di Transwaggon, analizza con PORTO&interporto lo stato dell’arte del settore ferroviario.
Shift modale, a che punto siamo?
I timidi passi avanti fatti negli anni precedenti sono stati riconfermati anche in questo difficile 2022 e direi che è già tanto. Il punto nodale rimane sempre il ferrobonus, strumento che sia il ministro Salvini che il vice Rixi hanno più volte giudicato come essenziale per garantire il trasferimento della merce dalla strada. Rispetto alle poste stanziate nella legge di Bilancio, circa 25 milioni, anche con le integrazioni che sono state garantite tramite altri interventi, si rischia di non avere abbastanza dotazione finanziaria per perseguire l’obiettivo.
Infrastrutture, piani di ristrutturazione ai nastri di partenza?
Oggi un treno ha una lunghezza media di 500 metri. I moduli previsti dopo l’ammodernamento delle linee da parte di RFI potranno raggiungere la fatidica quota di 750 metri che, considerando tutti i costi complessivi, porterà anche ad un significativo abbattimento del consumo di energia. Tutto bene, dunque. A patto che i cantieri vengano aperti in modo da non impattare in maniera pesante sulla circolazione, cosa che purtroppo è accaduto nel passato. Su questo punto servirebbe un coordinamento per garantire la miglior circolazione possibile delle merci sulle linee interessate.
A livello europeo non sarebbe necessario coordinare le politiche sul ferro?
Credo di sì anche considerando la tendenza di tutti i paesi, con l’eccezione della Francia, di puntare sul traffico diffuso, con i carri singoli, piuttosto che sul convoglio completo. Una soluzione, tra l’altro, pienamente in linea con le esigenze operative di un settore produttivo come quello italiano caratterizzato da aziende medio – piccole. La vocazione del trasporto ferroviario, per tutta una serie di ragioni, è naturalmente internazionale: non ha senso muoversi in ordine sparso. Ma una maggiore coesione dovrebbe riguardare anche gli strumenti di sostegno al traffico. Non ha senso che una realtà come la Svizzera contribuisca in modo costante allo sviluppo dell’intermodale mentre nel resto del continente, che pure si è dato importanti traguardi a livello ambientale che possono essere raggiunti solo spingendo sullo shift intermodale, si vada in tutt’altra direzione.
Dalle considerazioni generali al particolare. I progetti futuri di sviluppo di Transwaggon?
Il bilancio di quest’anno può essere considerato soddisfacente. Ci siamo consolidati nel settore automotive oltre che nel servizio multi clienti da Lucca a Chiasso dove abbiamo registrato un incremento del 30%. Per quanto riguarda il capitolo investimenti abbiamo un programma per la realizzazione di circa un migliaio di nuovi vagoni che è stato provvisoriamente congelato alla luce del sostanziale aumento dei costi preventivati. L’idea è di non caricarci eccessivamente sul fronte finanziario, scontandone le conseguenze nel futuro, a causa di una situazione contingente a livello economico che speriamo si riassorba al più presto.
Quali sono le principali novità tecnologiche che riguardano i mezzi che usate?
Oltre la tendenza ad avere a disposizione vagoni molto performanti sotto l’aspetto della capacità di carico e delle altezze, fino a 2,85 metri, è nostra intenzione cominciare a sperimentare l’applicazione dei freni a disco come possibile standard da utilizzare nel futuro. La vera novità dirompente sarà costituita però dalla digitalizzazione dei mezzi che promette molto anche sotto l’aspetto della gestione. Poter controllare le unità di carico tramite un GPS con una precisione attorno ai 10 metri significa innanzitutto avere il pieno controllo del proprio parco mezzi. Fino a ieri eravamo dipendenti dai dati forniti solo da alcune delle aziende ferroviarie e con modalità peraltro non omogenee. Adesso possiamo gestire direttamente il processo in tempo reale attraverso un’applicazione che fornisce al cliente tutte le informazioni. È una rivoluzione che però presenta ancora qualche criticità .
Quale?
Sostanzialmente la durata delle batterie che alimentano i dispositivi GPS. Teoricamente il numero di sensori applicabili ad un vagone è infinito ma più ce ne sono più il ciclo di vita della batteria si accorcia. Bisogna trovare il giusto compromesso tra la mole di dati da inviare e la durata dell’autonomia energetica. La vera sfida operativa che ci attende è però costituita dal cosiddetto DAC, Accoppiamento Automatico Digitale. Si tratta di una soluzione innovativa per agganciare e sganciare automaticamente materiale rotabile in un treno merci sia fisicamente, con collegamento meccanico e cavo aereo di frenatura, sia digitalmente con alimentazione elettrica e collegamento dati. In questo secondo caso l’energia potrebbe essere attinta direttamente dalla locomotiva permettendo di aumentare il numero di sensori in chiave di maggiore sicurezza. Il grande problema è la non retrocompatibilità con i vagoni tradizionali, il che significa che o tutti i mezzi sono equipaggiati in questo modo o il gioco non funziona.
Il che ha ovviamente un costo…
È una trasformazione che impatta molto sul piano economico e, temo, in mancanza di incentivi pubblici, difficilmente attuabile. È chiaro che se il detentore del vagone deve investire molto in un sistema che impatta in termini di vantaggi sull’impresa ferroviaria, dato che quest’ultima non avrà più bisogno di manovratori, ma l’esborso è unidirezionale, ci saranno difficoltà .
Cosa auspica per il 2023?
La priorità è individuare una metodologia di contribuzione da parte del governo che impedisca la marginalizzazione del traffico ferroviario merci per via degli alti costi energetici. Il governo tedesco è orientato verso un’iniziativa dedicata al settore per calmierare quest’impatto, fino ad un massimo di circa il 30% in più rispetto ai livelli pre-guerra. Mi augurerei una soluzione normativa uguale anche in Italia.
G.G.