DICEMBRE 2022 PAG. 100 - SOS LOGistica promuove Osservatorio su Greenwashing
SOS LOGistica – Associazione per la Logistica Sostenibile (www.sos-logistica.org) si caratterizza da sempre per un approccio ed una attenzione a tematiche anticipatorie nel settore della logistica e della sostenibilità . Una sorta di orecchio allenato, grazie ad un ecosistema molto eterogeneo, a cogliere i suoni più deboli prima che diventino udibili a tutti. È con questo approccio che nel 2022 è stato deciso di lanciare un osservatorio sul green washing con il contributo di due soci ovvero Mediatyche (Società Benefit specializzata nella comunicazione di impresa) e lo studio legale LCA. L’osservatorio nasce con i seguenti obiettivi:
• Monitoraggio nazionale ed internazionale dei casi e delle pratiche assimilabili o giudicati come attività di Greenwashing.
• Analisi dell’evoluzione normativa e delle direttive Europee sulla rendicontazione delle performance di sostenibilità .
• Monitoraggio delle attività da parte della committenza di servizi logistici in merito alla rendicontazione e comunicazione della sostenibilità ambientale e sociale dei propri processi di supply chain e logistica.
• Sensibilizzazione del settore della logistica sui rischi a cui si espongono gli operatori in caso di comunicazione non oggettivata
• Disseminazione di strumenti e buone pratiche per comunicare e promuovere le proprie performance di sostenibilitÃ
La sostenibilità ambientale è oramai un aspetto chiave anche nel settore dei trasporti. Il processo di transizione ecologica delle infrastrutture logistiche (porti, interporti, magazzini) e dei processi di logistica è già in atto da tempo, anche grazie alla spinta del PNRR. I temi green sono diventati parte delle strategie e dei modelli di business aziendali perché generano non solo risparmi economici ma anche notevoli ritorni dal punto di vista dell’immagine/reputazione. La comunicazione delle aziende è quindi sempre più orientata in questo senso attraverso i cosiddetti “green claim” ovvero la pratica di suggerire o in altro modo dare l’impressione (nell’ambito di una comunicazione commerciale) che un prodotto o un servizio abbia un impatto positivo o sia privo di impatto sull’ambiente o sia meno dannoso per l’ambiente rispetto a prodotti o servizi concorrenti” Nei profili social delle aziende e nei loro siti web si leggono proclami sulla decarbonizzazione, la carbon neutrality ed i green fuel. Lo si legge anche nei mezzi di trasporto che sempre di più riportano le loro virtù in termini di impatti ambientali. Ma è veramente tutto oro quello che luccica? Secondo un recente studio pubblicato dalla Università di Harvard dal titolo “Three Shades of Green(washing)” i due-terzi dei post sui social media pubblicati delle società petrolifere e del gas, dalle case automobilistiche e dalle compagnie aeree forniscono una rappresentazione non corretta dei reali impegni aziendali e presentano elementi di green washing. Anche i tribunali europei hanno iniziato ad essere interessati. Ne è un esempio il recente caso KLM in cui alcune associazioni ambientaliste hanno presentato ricorso, presso il tribunale distrettuale di Amsterdam, contro il prodotto CO2ZERO offset per marketing compensativo. In Italia l’organismo di vigilanza per queste tematiche è l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM) ed è di poche settimane fa la pubblicazione della sentenza di Luglio 2022 nei confronti di MyTaxi Italia portati a giudizio da USB e Altroconsumo per la pratica commerciale denominata “Cleen air fee” (quota aria pulita) per il pagamento di una corsa taxi mediante l’applicazione “FREE NOW” indicandone con scarsa chiarezza il costo, la natura e le finalità , nonché le condizioni del suo addebito.
Insomma, la differenza tra reale svolta green e green washing è sottile ma sostanziale e l’attenzione sul tema è sempre più elevata così come lo sono i rischi di cause e giudizi. Le società del mondo dei trasporti sono chiamate a creare la propria green confidence: la comunicazione e gli obiettivi realizzati dovranno essere coerenti ed avere la stessa “shade of green”.
Nel concreto il Green washing nasce sempre da un’azione di comunicazione, in cui si esaltano qualità di prodotto che non esistono o valori aziendali che a livello pratico non vengono applicati; potrebbe essere il caso di un’azienda che ostenta politiche avanzate di parità di genere, mentre il clima è di discriminazione a livello di retribuzione, mansioni e carriera. Spesso e volentieri questo fenomeno è impropriamente associato ai temi ambientali, bisogna ricordarsi invece che il green washing può riguardare tutte le aree ESG, quindi anche quelle sociali e di governance. Quest’ultima tra l’altro è proprio l’area che guida o meno la sostenibilità di un’organizzazione, perché direttamente legata alla cultura aziendale.
Tra le prime azioni dell’osservatorio si è convenuto di dare maggiore visibilità mediante un webinar molto partecipato (disponibile a questo link: https://www.sos-logistica.org/sostenibilita-o-green-washing-le-due-facce-di-diverse-medaglie/ ) di quelle che sono le “worst practice” o peccati capitali che possono indurre una azienda ad utilizzare un green claim passibile di giudizio (vedi riquadro).
In una seconda fase si è deciso di avviare una ricerca nei confronti delle aziende committenti e degli operatori della logistica per sondare il loro grado di attenzione a queste tematiche. È in corso d’opera la raccolta di dati mediante un questionario online tuttora attivo e a cui tutte le aziende possono rispondere (fotografa il QR code a fianco per accedere al questionario).
Per concludere, fare green washing ha un impatto negativo sulla soddisfazione e fedeltà del cliente, può cambiare le intenzioni di acquisto, ma anche, di conseguenza, rovinare la reputazione del brand. Ecco perché la comunicazione, quando si parla di sostenibilità , assume un ruolo centrale. È meglio promettere poco e raggiungere l’obiettivo anziché promettere tanto e non raggiungerlo. Si perdona di più un’azienda che ha provato e non è riuscita, rispetto ad un’azienda che ha tentato di imbrogliare. La parola chiave per non cadere nel greenwashing è “coerenza” ovvero comunicare in modo attendibile, verificabile e trasparente, con il fine di creare consapevolezza e condivisione del valore culturale, sociale e ambientale generato, sensibilizzando tutti i portatori di interesse.