AGOSTO 2022 PAG. 54 - L'EUROPA, IL MARE, LA PESCA E LA BLUE ECONOMY
UN VIAGGIO TRA VECCHIE PROBLEMATICHE E NUOVE OPPORTUNITÀ
di Alessandro Mazzetti
N
egli ultimi anni si è molto parlato di Blue e di Gre- en Economy in svariati
ambiti sia culturali che politi- ci e naturalmente economici. Spesso, erroneamente, queste due teorie economico-ambien- taliste sono state sovrapposte formando un unico concettuale divenuto così difficilmente scin- dibile. Recentemente proprio la riscoperta dell’importanza del- la preservazione dell’ecosiste- ma mondiale ha fatto sì che nel mondo occidentale queste due teorie assumessero sempre più un valore di primissima ne- cessità , quasi a divenire parole d’ordine da impiegare in sva- riatissimi ambiti. Allora occor- re fare un pochino di chiarezza a riguardo osservando che la Green ha preceduto di svariati anni la Blue Economy.
La prima, infatti, è legata alla necessità di abbandonare le logiche di guadagno per rea- lizzare prodotti in modo ecolo- gico anche se costosi e quindi diseconomici, mentre la secon- da s’ispira alla creazione di un sistema economico ecologico competitivo, in grado di pre- servare l’ecosistema senza realizzare diseconomie. In sin- tesi la Blue Economy tende a realizzare un sistema vir- tuoso, sostenibile, efficiente e perfetto, ma soprattutto concorrenziale. Questo, in parte, è quanto ci viene rac- contato dall’ideatore dell’Eco- nomia Blu, ossia dall’econo- mista belga Gunter Pauli, nel suo lavoro pubblicato nel 2010
dall’emblematico titolo "The Blue Economy. 10 years, 100 Innovations, 100 Million Jobs" che appena pubblicato divenne in poco tempo un vero e pro- prio bestseller. Naturalmente, com’era facilmente prevedibile, questa teoria è rapidamente cresciuta e se vogliamo muta- ta tant’è che lo stesso ideatore ha provveduto rapidamente ad integrarla con altri due lavori quali: "The Blue Economy 2.0:
200 Projects Implemented; US$4 Bilion invested; 3 Milion Jobs Created del 2015 e The Blue Economy 3.0: The mar- riage of science, innovation and entrepreneurship creates a new business model that tra- sformes societyI del 2017".
Per cui, onde sottrarsi a tau- tologie concettuali, si deve iniziare a pensare alla Blue Economy come ad una tra- sformazione più completa ed economicamente sostenibi- le della Green economy evi- tando così paradossi olistici. Naturalmente è impossibile non rilevare l’importantissimo richiamo al mare e agli ocea- ni che oltre a costituire il 71% della superficie terrestre totale sono divenuti centrali nell’eco- nomia mondiale.
Infatti non è certo un segreto notare come circa il 90% del- le merci, necessarie sia per la produzione dei prodotti che per la loro commercializzazio- ne venga trasportato via mare. Naturalmente anche solo que- sto dato indica con chiarezza la profonda relazione tra eco-
nomia, mondo marittimo e preservazione dell’ecosistema mondiale. In fondo anche le fonti energetiche attualmente adoperate vengono traspor- tate via mare tramite specifi- che navi o attraverso gasdotti e oleodotti che si snodano per centinaia di miglia sul fondo marino. Proprio l’imponente sviluppo tecnologico ha con- sentito nell’ultimo decennio non solo la scoperta di preziosi giacimenti gassiferi nel sotto- suolo marino, ma anche la re- alizzazione di strumenti che ne consentono l’estrazione anche se a profondità eccezionali. Per cui non sorprende che proprio il nuovo millennio sia stato attra- versato da un’imponente acce- lerazione che ha portato ad una poderosa marittimizzazione del sistema economico mondiale.
Queste nuove realtà economi- che vanno a sommarsi a quel- le più propriamente storiche come la pesca nelle sue svaria- te decodifiche che, a differenza delle prime, pur movimentan- do masse economiche ben in- feriori, hanno avuto il grandis- simo pregio di accompagnare la storia dell’uomo nelle suo incedere. Proprio quest’ultimo aspetto fa di quest’antichissi- mo mestiere una colonna im- prescindibile culturale, sociale e antropologica non solo del BelPaese, ma di tutti i popoli rivieraschi. Naturalmente tale dato assume un valore accen- tuato per le comunità che vi- vono sulle coste del Mediter- raneo, un Mare unico al mondo che ha la capacità di riunire ben tre continenti e dall’importanza geopolitica e geoconomica as- solutamente superiore a quella geografica. Il mare e la pesca co- stituiscono quindi un elemento di primissima rilevanza, attraverso il quale è possibile rileggere la storia dell’uomo e delle sue tra- sformazioni.
Questo aspetto assume un valo- re ancor più emblematico in un specchio d’acqua come quello Mediterraneo dove storicamente centinaia di popolazioni si sono riversate sulle coste alla ricerca di climi miti, corsi d’acqua e zone pescose, per garantirsi la sussi- stenza.
In questo quadro di lettura natu- ralmente spicca il Belpaese che, grazie alla sua posizione geogra- fica, con le due isole più grandi e popolose del Mediterraneo, soprattutto, con le sue lunghe coste, domina l’antico Mare No- strum. In fondo “la geografia è destino” come ebbe a sostenere con grande acume Napoleone Bonaparte. Da qui si comprende come proprio la pesca nel suo in- sieme non solo economico divie- ne un elemento imprescindibile da preservare soprattutto dopo il lungo perdurare della crisi eco- nomica che affligge tutti i settori produttivi dal 2007 sino ad oggi, senza quasi soluzioni di disconti- nuità . Come accennato, proprio il rapporto pesca-società diviene un elemento imprescindibile da salvaguardare anche in chiave ecologica. Una relazione intima e primordiale, antica come il mon- do. In fondo possiamo ricordar- ci di questo legame attraverso i grandi classici della letteratura, della musica e della pittura. In- fatti potremmo fare una lunghis- sima carrellata che dai classici greci giunge fino a i giorni nostri.
Proprio il Verga nel suo capola- voro ci ricorda come quest’antico mestiere ha radici lontanissime, tramandato da padre in figlio per interi secoli e generazioni quando ebbe a scrivere riferendosi alla famiglia Malavoglia: “a Trezza e ad Aci Castello, li avevano sem- pre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio, che avevano sem- pre avuto delle barche sull’acqua, e delle tegole al sole”. Per poi non parlare del capolavoro di Ha- mingway dal titolo Il Vecchio e il Mare. In questo libro la descrizio- ne del vetusto cubano Santiago, dei suoi sforzi, della sua dispera- zione e delle sue difficoltà sono del tutto identiche a quelle di molti pescatori italiani, ma ancor più mediterranei. Una storia di uomini trasversale capace quindi di attraversare le ere e le epoche in tutto il mondo poiché proprio la pesca nel suo incedere nella sto- ria della società è un’arte antica che ha la capacità di seguire le in- novazioni tecnologiche pur man- tenendo in vita l’arte sapienziale tramandata spesso oralmente. Basti pensare ai tantissimi dipin- ti raffiguranti scene di pesca per rendersi conto dell’importanza di questo settore, fino a giungere a forse uno dei quadri più famosi su questo tema come La pesca di primavera, ponte di Clichy di Vin- cent Van Gogh.
Eppure oggi la pesca nel suo complesso, ma soprattutto nel Mediterraneo, vive un mo- mento delicatissimo. Infatti gli stock ittici nell’antico mare romano si sono notevolmente assottigliati a causa non solo di antichi problemi come la cattiva gestione della pesca, l’eccessivo inquinamento, la pesca eccessiva e quella ille- gale, ma anche a causa di nuovi come il cambiamento climatico, l’ingresso attraverso il Mar Rosso di nuove specie e la presenza di flotte pescherecce asiatiche non sempre ottemperanti alle norme nazionali e a quelle internaziona- li. A questi nuovi e vecchi proble- mi poi vanno aggiunte alcune di- namiche che sfruttano in maniera poco conforme il mare come il turismo, lo sviluppo energetico, il traffico marittimo che in molti ambienti e spazi competono con la pesca. Per cui bisognerebbe iniziare a pensare al mondo mare come ad unico organico che abbia come primo obietti- vo proprio eliminare tali con- flitti, oltre che sviluppare stra- tegie unitarie per aumentare la proiezione nazionale e na- turalmente quella geopolitica ed economica. Anche l’incre- mento e la continua crescita della pesca sportiva incide non poco ad aumentare i problemi poiché utilizza lo stesso spazio e le stesse risorse della pesca professionale.
Lo Stretto di Sicilia e gran par- te dell’Adriatico, sia basso che alto, sono i luoghi dove sorgono le maggiori controversie, mentre l’incremento del turismo da di- porto diviene un grande proble- ma per i pescatori del Mar Me- diterraneo, soprattutto nell’area nord occidentale, anche a causa del scarso rispetto della segna- letica marittima con gravissimi danneggiamenti di reti e mate- riale vario. Per non parlare poi dell’annosa questione delle aree marine protette le quali spesso sono oggetto di “visite” da par- te della pesca illegale, pescatori sportivi e turisti.
Un settore in crisi per svariatissi- mi motivi, quindi, che abbisogna di urgenti e poderosi interventi non solo legislativi in termini na- zionali, ma anche, se non soprat- tutto, in quelli più squisitamente europei. Questi dovranno essere tesi non solo alla fondamentale tutela degli stock ittici, ma anche a supportare e garantire il reddi- to ai pescatori. Naturalmente un maggior controllo sulla pesca il- legale e un più organico riordino della pesca sportiva divengono questioni imprescindibili per ar- monizzare il settore pesca nel suo insieme. Una serie quindi di misure che divengono indispensa- bili in un mare particolare come quello del Mediterraneo dove, in uno specchio d’acqua grande solo l’1% della superfice totale degli oceani, vive oltre il 10% di tutte le specie marine conosciute. Per cui la PCP (Politica Comune della Pe- sca) che si prefigge il nobile obiet- tivo di riformare il settore della pesca per renderlo sostenibile sul piano ambientale, economi- co e sociale dovrà partire proprio dalla collaborazione e dal diretto coinvolgimento con tutti i pesca- tori, creando così delle strutture adeguate al fine di sviluppare del- le strategie funzionali con quel variegato mondo della pesca. Coinvolgere gli altri paesi rivie- raschi del Mediterraneo diventa, quindi, elemento indispensabile. Quest’ultimo passo appare d’im- portanza fondamentale, poiché è bene dirlo una volta per tutte, spessissimo le flotte pescherecce dei paesi rivieraschi mediterranei conducono la loro attività nelle acque nazionali, mentre le nostre flotte pescherecce sono costrette a rimanere ferme nei porti nel ri- spetto delle norme. Per cui si rav- visa la necessità della realizzazio- ne di un ufficio europeo che possa interfacciarsi direttamente con questo variegatissimo mondo, al fine di sviluppare strategie di controllo e rispetto delle norme sulla pesca anche da parte delle nazioni che hanno una struttura normativa e di controllo più blan- da e lasca di quella europea. Un provvedimento urgente soprat- tutto in questo periodo di crisi internazionale che ha già causato in breve tempo poderosi incre- menti di costo degli idrocarburi, costringendo così le nostre flotte pescherecce a rimanere inermi nei porti nazionali.
Solo preservando il mare e le sue attività potremmo davvero costruire un futuro florido per le generazioni future.