LUGLIO 2022 PAG. 12 - Zes e Zls: una dualità che è urgente eliminare
Il DL 30 aprile 2022 n. 36, convertito con modificazioni nella L. 29 giugno 2022 n. 79, costituisce l’ennesimo intervento del legislatore di riforma della normativa sulle ZES e sulle ZLS.
Le principali novità introdotte sono: la possibilità della revisione perimetrale delle ZES, l’ampliamento del novero delle spese ammissibili al credito d’imposta, l’ulteriore semplificazione procedurale in tema di autorizzazione unica, ed infine la previsione del varo di un DPR ad hoc che disciplina l’istituzione, il funzionamento e l’organizzazione delle ZLS, nonché le condizioni per l’applicazione ad esse delle misure di semplificazione.
Tuttavia, ormai la disciplina italiana delle Zone Economiche Speciali e delle Zone Logistiche Semplificate si consolida sempre più come un vero e proprio “cantiere normativo permanente”, a riprova dell’altrettanto consolidamento dell’oggettiva incertezza giuridica che ha caratterizzato finora l’approccio governativo italiano in tale complessa materia.
Anche questo ennesimo “novellamento” è avvenuto con un atto normativo omnibus e non mediante un organico testo normativo interamente dedicato alle ZES o alle ZLS tale da apportare un assetto sistematico e ragionevolmente definitivo, per un lasso di tempo idoneo ad ovviare alla precarietà normativa permanente che contraddistingue il modello italiano di tali drivers di accelerazione dello sviluppo economico.
Ciò pregiudica in modo rilevante la stabilità regolamentare, che è uno dei requisiti fondamentali richiesti dagli investitori internazionali alle ZES.
Con il DL n. 36/2022, rispettivamente su ZES e ZLS ammontano a 9 (10 se si considera la disciplina attuativa di cui al DPCM n. 12/2018) e a 4 gli interventi normativi avvenuti in quasi 5 anni dal varo del DL n. 91/2017 e della L. n. 205/2017.
A rendere ancor più complesso il quadro giuridico vigente di riferimento per i potenziali investitori contribuiscono anche le diverse pronunce dell’Agenzia delle Entrate in materia di credito d’imposta per gli investimenti nelle ZES.
Inoltre, rispetto ad un’analisi comparata delle discipline vigenti sulle ZES in altri Stati, non si comprende perché soltanto in Italia permangano due differenti strumenti diretti a finalità e contesti operativi uguali, nonostante che con l’introduzione delle ZLS cd. “rafforzate” in determinate aree del centro e del nord Italia, tale “dualità” terminologica e funzionale sia ormai più formale che sostanziale.
Fra l’altro, considerato che in Italia i drivers necessari per l’istituzione di ZES e di ZLS sono essenzialmente i porti, la “dualità” è palesemente incoerente rispetto alla visione di sviluppo sistemico del cluster portuale e logistico nazionale, corrispondente alla logica ispiratrice della riforma portuale del 2016, e anzi la vanifica, perché così alcuni sistemi portuali sono resi più competitivi di altri.
Tale circostanza genera soprattutto misunderstanding concettuali e funzionali rispetto agli investitori internazionali e ciò è penalizzante dal punto di vista mediatico e di marketing nei confronti della ZLS, considerato che quest’ultima è l’unico strumento di catalizzazione degli investimenti previsto dal legislatore per lo sviluppo delle aree portuali e retroportuali del Centro-Nord, e pertanto costituisce il volano attorno al quale ben otto Sistemi Portuali (rappresentativi di importanti hub portuali connessi a flussi di traffico commerciale e a catene logistiche di rilevanza inframediterranea e transoceanica) sono alacremente impegnati soprattutto nel corso del 2022 a strutturare le loro strategie di rilancio economico postpandemico.
Tanto più che, rispetto all’attuale incerto orizzonte economico di breve e medio periodo, l’unico dato inconfutabile è che solo le ZLS (così come le ZES) possono rappresentare la chiave di volta per soddisfare le specifiche esigenze delle imprese e per consentire di passare da una fase di deficit ad una di surplus nel minor tempo possibile, con conseguenti impatti positivi per i lavoratori e le famiglie.
Inoltre, merita di essere evidenziato che poiché il PNRR non menziona le ZLS, esse non ricevono il dovuto riconoscimento del ruolo che possono avere per la recovery dei cluster marittimi, portuali e logistici delle regioni del Centro e del Nord Italia, con la conseguente impossibilità di accedere ai fondi europei per il loro rafforzamento al pari di quanto è stato invece previsto per le ZES. Pertanto, tale lacuna nel PNRR indirettamente determina uno svilimento funzionale delle ZLS anche rispetto all’attenzione dei potenziali investitori internazionali, che potrebbero essere indotti, già solo per questa circostanza, a preferire come destinazione esclusivamente le ZES nel Mezzogiorno.
Questa disparità, soprattutto alla luce dei drammatici effetti economici prodotti dalla pandemia in tutti i sistemi portuali e nei rispettivi cluster logistici del Paese (che peraltro sono stati considerati in relazione all’ampliamento dei territori nazionali ammissibili agli aiuti ex art. 107, par. 3 del TFUE, nella nuova Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027), non può che suscitare qualche perplessità.
La condizione per rilanciare il Paese è la logica sistemica e nel rispetto di tale ottica bisogna assicurare un’eguale dignità funzionale a tutti gli strumenti di catalizzazione degli investimenti che il quadro normativo di riferimento mette a disposizione sul territorio nazionale.
La dualità rischia di creare penalizzazioni pure rispetto all’approccio sistemico che dovrebbe caratterizzare anche il settore dei Consorzi Industriali e degli Interporti, che oggettivamente rappresentano gli ulteriori indefettibili attori per la ripresa e lo sviluppo del cluster nazionale della logistica.
Infatti, alla luce dell’attuale quadro normativo, è indubbio che le sorti di un Consorzio Industriale o di un Interporto, nell’ottica di sviluppo e di afflusso di finanziamenti europei prevista dal PNRR, rischiano di dipendere esclusivamente dalla loro collocazione geografica e quindi dalla presenza o meno di una ZES.
Quindi nel medio periodo sarebbe utile lo strumento della“ ZES di Salvaguardia”, valevole per l’intero territorio nazionale per rendere competitivo tutto il Paese, in cui l’unica differenza riguarderebbe l’aliquota delle agevolazioni fiscali previste che, in ossequio alla Carta degli aiuti a finalità regionale, sarebbe maggiore nelle “zone A” del Mezzogiorno e ridotta nelle “zone C non predefinite” del Centro e del Nord: per il resto le altre agevolazioni caratterizzanti la ZES dovrebbero essere applicabili in tutto il Paese.
A tale riguardo sono numerosi i precedenti a livello internazionale, nonché i nuovi testi normativi in elaborazione in molti Paesi. Pertanto, auspicando il superamento dell’approccio “duale”, è necessario il ricorso ad una strategia endogena di accelerazione dello sviluppo economico nazionale fortemente imperniata sul concetto di “ZES di Salvaguardia” dell’economia nazionale, attraverso un single/comprehensive approach, che comporta l’enfatizzazione dell’obiettivo della difesa della competitività commerciale ed economica del Sistema Paese attraverso la creazione di regimi normativi ed infrastrutturali business-oriented, diretti all’unico obiettivo della promozione dell’intero cluster produttivo italiano.
Ovviamente il superamento della dualità dovrebbe caratterizzare anche l’aspetto della Governance laddove, in attesa di eliminare la differenza terminologica fra i due strumenti che invece sono funzionalmente uguali, si dovrebbe subito cogliere l’opportunità del prossimo DPR previsto nel DL n. 36/2022 per estendere espressamente anche alle ZLS l’istituzione dei Commissari Straordinari di Governo, ora previsti esclusivamente per le ZES.
Inoltre un‘altra modifica da introdurre è quella di disancorare l’istituzione delle Zone Franche Doganali (ZFD) dalla preliminare approvazione delle ZES/ZLS, da cui si distinguono per la fonte normativa (che è un Regolamento dell’Unione Europea), i presupposti e le funzionalità, considerato che l’attuale previsione normativa, di fatto, rallenta la creazione di tali importanti regimi doganali che, per quanto concerne la perimetrazione, richiedono soltanto l’instaurazione di un procedimento amministrativo con l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli.
Quindi sarebbe più opportuno modificare l’art. 5 del DL n. 91/2017 (per una volta, sia consentito l’inciso, si tratterebbe di un “novellamento” veramente necessario e non estemporaneo) prevedendo la facoltà di creare le ZFD negli ambiti portuali, che abbiano determinate caratteristiche propedeutiche all’ottimizzazione delle potenzialità e dei benefici di tali strumenti per l’aumento del traffico merceologico in export, di tutte le Autorità di Sistema Portuale a prescindere dall’avvenuta creazione di ZES/ZLS. Ciò contribuirebbe senz’altro a rendere più competitivi i porti italiani nel Mediterraneo soprattutto rispetto ai sistemi portuali dei Paesi compresi nell’area che dal Maghreb, attraverso la parte costiera del Mashrek, arriva fino alla Turchia, la cui forza concorrenziale deriva in particolare da strategie governative sulla portualità che contemplano hub dotati di free zones la cui istituzione avviene quasi “di default”. Pertanto, il quadro normativo italiano dovrebbe mutare nel senso che la presenza di free zones contigue a tutti i porti aventi traffico con l’estero dovrebbe diventare la regola e non l’eccezione quale è allo stato attuale.
Infine è urgente aumentare l’approccio sistemico internazionale alla gestione e alla promozione delle ZES/ZLS italiane, eliminando inutili, costose ed estemporanee missioni estere individuali ad eventi occasionali e generalisti, preferendo piuttosto la partecipazione collettiva di tutte le ZES/ZLS italiane, magari sotto l’egida del Ministero per il Sud e la Coesione Territoriale, ai periodici appuntamenti annuali di elevato spessore tecnico-giuridico ed economico organizzati a beneficio degli associati da organismi internazionali maggiormente rappresentativi del settore e finalizzati all’ottimale incremento di tali drivers di accelerazione dello sviluppo.
Ad esempio, il varo lo scorso mese di giugno nella splendida cornice di Montego Bay della Global Alliance of Special Economic Zones (GASEZ), importante iniziativa mondiale che riunisce, sotto l’egida dell’United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD),7 organismi mondiali, regionali e nazionali, rappresentativi di oltre 7.000 ZES in 145 economie, che danno lavoro a circa 100 milioni di persone, non ha visto la partecipazione ufficiale di ZES italiane.
Insomma, guardando alle lacune ancora presenti nelle ZES e ZLS, pur dopo le numerose riforme attuate in pochi anni, è quanto mai legittimo richiamare nella migliore delle ipotesi l’aforisma dello storico Edward Gibbon “La prima preoccupazione di un riformatore è quella di prevenire ogni futura riforma”, e nella peggiore la ben più mordace frase di Niccolò Tommaseo, “Chi non riforma, sforma. Ma spesso chi dice di riformare, deforma”.
Avv. Maurizio D’Amico
Secretary General and Board
of Trustees Member FEMOZA