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GENNAIO 2022 PAG. 22 - La transizione ecologica necessita di diversi decenni


 

Viviamo certamente in un secolo eccezionalmente interessante sotto molteplici punti di vista. In pratica potremmo facilmente profetizzare che questo secolo rappresenterà certamente una sorta di Eldorado per gli storici e più genericamente per gli analisti del futuro. L’attuale società si è andata sempre più parcellizzando, come profeticamente intuito da Georg Simmel ritenuto tra i padri della sociologia e sempre più ha assunto quella forma liquida così ben raccontata da un altro sociologo Zygmunt Bauman. Questi due aspetti hanno reso i processi di sviluppo e trasformazione rapidissimi rendendo difficile una lettura temporale e un’analisi settoriale. Per cui non deve stupire come l’attuale secolo sia stato definito sia come quello dedicato alla Blue Economy (ossia all’economia del Mare) sia alla Green Economy (ergo quella compatibile con un razionale e sano rapporto con l’ambiente). Sempre più assistiamo ad interessanti studi sulla necessità di dover cambiare l’attuale sistema d’approvvigionamento energetico poiché l’odierno è considerato, da insigni studiosi ed esperti del settore, troppo invasivo e nocivo per l’ecosistema. Per cui il tema sullo sviluppo sostenibile e l’impiego di energia pulita e rinnovabile costituiscono un paradigma pregnante non solo per i mas media, ma anche per la politica internazionale. Quindi temi come la sostenibilità, sviluppo e ambiente sono diventati centrali nelle agende politiche. Naturalmente parlando di energia non si poteva tralasciare anche il tema riguardante l’accessibilità ad essa. Non stupisce come questa nuova attenzione o per meglio dire sensibilità ambientale sia al centro di macro processi. Infatti le Nazioni Unite nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile ha incluso nei principali obiettivi quello di «assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici affidabili, sostenibili e moderni». In questo quadro lo sviluppo complesso e affascinante l’energia elettrica ha assunto un valore di assoluto interesse e diffusione. In un lasso di tempo assolutamente breve sono comparse sul mercato internazionale auto totalmente elettriche abbandonando la scelta ibrida fatta solo qualche anno prima. Lo sviluppo dei motori elettrici non si è limitato al solo comparto dell’automobile, ma ha anche in un certo senso scavalcato i confini della propulsione su ruote fino a giungere a quella per mare. Naturalmente quest’ultimo processo viene accompagnato da ingenti ed importanti finanziamenti pubblici ed internazionali. Come ribadito dalla recente Conferenza sul Clima di Parigi il ruolo dell’energia pulita per un serio sviluppo sostenibile è centrale per tutte le nazioni. Per cui non sorprende la rinnovata attenzione su tali temi che vede in prima linea la società civile, sospinta dal fenomeno mediatico mondiale di Greta Thunberg, ed i nuovi massicci investimenti nella ricerca scientifica. Tutto ciò ha fatto sì che si creassero notevoli aspettative accelerando in modo assai affrettato i possibili sviluppi sulla transizione ecologica. Quest’ultima viene percepita sia dalla società che dalla classe politica sì come necessità impellente, ma anche come realizzabile in tempi sostanzialmente brevi. A tal proposito necessita una riflessione seria e pacata su quanto sta accadendo poiché poter pensare ad una transizione energetica, per quanto giusta e desiderata, in tempi brevi è un assurdo storico. Chi si occupa di studi di storia economica o geopolitica è ben conscio che questi processi richiedono svariate decine d’anni poiché se pur è massivamente percepita la necessità di un cambiamento di fronte, in questo caso ci riferiamo ad uno sviluppo energetico sostenibile non solo in termini ambientali, ma anche economici, tale processo richiede lustri ed un consistente sviluppo tecnologico. Per cui se è pur vero che l’elettrico si sta affermando come energia “buona per tutte le stagioni” è pur vero che questa viene ancora prodotta tramite miniere a carbone o attraverso le centrali nucleari. In tal senso l’Italia costituisce un ottimo esempio poiché è una tra le nazioni dove si produce maggiormente energia pulita (circa il 18%) e com’è facilmente intuibile non solo non è certamente sufficiente, ma il fabbisogno elettrico nazionale cresce di anno in anno. Per cui pare del tutto evidente che l’elettrico non possa essere allo stato attuale l’unica risposta anche se bisogna dire che l’Ue e gli Stati stanno cercando in tutti i modi di implementare l’uso e lo sviluppo di energia rinnovabile. Recentemente il Ministero per la Transizione Ecologica ha messo a bando ben 270 milioni per la presentazione di progetti tesi a rendere i porti italiani green. In pratica con questo documento si cerca di rendere i porti nazionali autonomi elettricamente facendo tramutare lo stazionamento delle navi da combustione fossile a elettrica per abbattere l’emissione di co2. Per comprendere l’entità dell’investimento basti pensare che recentemente il Ministero per il Sud e Coesione Territoriale ha stanziato con decreto interministeriale del 3 dicembre 2021 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 Gennaio 2022 ben 630 milioni per aumentare l’efficienza d’interconnessione di tutte le ZES meridionali alle reti internazionali. Ora è superfluo sottolineare come per quanto fosse desiderabile tramutare i porti nazionali in elettrici questa ipotesi non sia perpetrabile poiché l’Italia è storicamente non autosufficiente in termini energetici e comunque il problema sarebbe semplicemente spostato poiché attualmente la produzione di elettricità avviene tramite sistemi tradizionali. Altro punto nodale sono le batterie composte da terre rare (gli impianti estrattivi di tali elementi sono eccezionalmente invasivi) e dal litio non smaltibile e cancerogeno. Allora nonostante le aspettative e le legittime aspirazioni per effettuare una transizione ecologica bisognerà per il momento pensare ad altro come ad esempio i gas (non solo LNG, ma anche il metano). Non a caso attualmente si è pensato di sviluppare motrici a LNG per il trasporto su ruote e navi di grande dimensione con il medesimo sistema. Quest’ultima pratica è già da tempo adoperata da diverse compagnie e il decremento dell’emissione di co2 ha dato risultati sostanziali di tutto rispetto. Insomma è necessario pensare ad una transizione ecologica, ma per farlo, soprattutto nel complesso mondo della logistica e del trasporto navale bisogna partire da analisi avulse dagli stimoli e mode del momento poiché essa, come molto lucidamente sottolineato da Luca Sisto direttore Generale di Confitarma al convegno “Un Interfaccia efficace per l’Economia del Mare”, organizzato proprio da PORTO&Interporto a Unioncamere, «necessita di diversi decenni» una verità storica oltre che economica e tecnologica.

 

Alessandro Mazzetti
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