GENNAIO 2022 PAG 20 - Gazprom e i danni ambientali nel Golfo di Ob
Le scelte strategiche sull’energia delle autorità russe stanno generando malcontento ed enormi preoccupazioni ambientali nel profondo nord del Paese. La compagnia petrolifera russa “Gazprom Neft” ha lanciato ufficialmente il nuovo gasdotto, ben 115,5 chilometri lungo il Golfo di Ob. Il golfo di Ob è una profonda insenatura della costa artica russa, le cui acque soffrono lunghissimi periodi di gelo rendendo difficilissima la vita per le popolazioni locali. Il nuovo gasdotto sarà in grado di trasportare fino a 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno e rientra nell’imponente progetto energetico russo legato alla società “Yamal Gas”. Tale società , che rappresenta l’ente energetico del gas della Gazprom, ha investito 1,8 miliardi di euro per la realizzazione e l’utilizzo delle infrastrutture energetiche locali. Il progetto della Yamal Gas prevede anche la costruzione di un impianto di trattamento del gas che sarà in grado di lavorare 15 miliardi di metri cubi di gas, un milione di tonnellate di gas condensato e 710.000 tonnellate di gas liquido (GNL) all’anno. L’imponete progetto è connesso con lo sviluppo di Novy Port, cittadina portuale e hub energetico molto importante nella penisola di Yamal. La società ha già investito in numerose infrastrutture locali, tra cui il terminal Arctic Gate, sette petroliere e due navi rompighiaccio.
Attualmente, più di sei milioni di tonnellate di petrolio vengono inviate ogni anno dal terminal di Arctic Gate, attraverso le acque ghiacciate della Baia di Ob, per soddisfare i fabbisogni energetici mondiali. La società ha presentato documentazione e approfondimenti sul basso impatto ambientale delle strutture costruite, ma le popolazioni locali e numerosi attivisti per la tutela della biodiversità hanno presentato ulteriori report con dati preoccupanti. Le comunità indigene locali denunciano le attività di dragaggio attualmente in corso, accusando la società di provocare enormi danni all’ecosistema marino della baia. Moltissimi pescatori della baia hanno già inviato alla stampa e alle Ong dati e analisi sulla cospicua diminuzione della fauna ittica. Inoltre, due villaggi indigeni locali rischiano di essere privati del sostentamento della pesca e gli indigeni della penisola di Yamal rischiano di veder scomparire gli allevamenti di renne.
Il nuovo gasdotto è uno dei tanti progetti russi in rapporto all’approvvigionamento energetico ed iniziano ad essere considerevoli i danni provocati alla tundra, alla fauna locale e alle acque artiche. Diversi ricercatori hanno espresso preoccupazione per i lavori, presentando documentazioni scottanti alle autorità scientifiche internazionali. Vladimir Bogdanov dell’Istituto di ecologia, flora e fauna degli Urali e il quotidiano “Pravda URFO” hanno posto l’attenzione sul delicato ecosistema di acque dolci della baia di Taz. In questa zona, le attività di drenaggio possono modificare le abitudini degli stock ittici provocando la scomparsa dello storione e del merluzzo d’acqua dolce. Una perdita enorme che può mutare lo scenario economico delle popolazioni indigene e provocare significativi danni ambientali e all’ecosistema marino artico.
Domenico Letizia