AGOSTO 2021 PAG. 46 - Cresce la fiducia nel sistema infrastrutturale italiano
La ripresa economica ed il rimbalzo del PIL italiano passano per le infrastrutture. La crisi pandemica ha colpito duramente il comparto dei trasporti ma non ha piegato la fiducia degli investitori, che anzi guardano con rinnovato interesse al mercato infrastrutturale italiano. Ben il 58% dei manager di grandi aziende del settore prevede infatti di concludere nuovi accordi nel nostro Paese nei prossimi 12 mesi, un dato in aumento dell’11% rispetto a quello dello scorso anno. È un quadro che guarda al futuro con ottimismo quello restituito dalla seconda edizione dell’EY Infrastructure Barometer, il sondaggio annuale realizzato tra dirigenti di grandi aziende, istituti finanziari e società di private equity del settore infrastrutturale di tutto il mondo, con l’obiettivo di valutare lo stato e la fiducia degli investimenti nel settore delle infrastrutture in Italia, anche alla luce degli importanti avvenimenti che recentemente hanno ridisegnato lo scenario infrastrutturale del nostro Paese.
Dall’EY Infrastructure Barometer emerge che negli ultimi quattro anni il 71% dei manager ha investito o concesso finanziamenti nel settore infrastrutturale italiano. Sebbene il settore dell’energia (che segna un 31%) e dei trasporti (22%) rimangano i segmenti chiave in Italia, nell’ultimo anno gli investitori hanno aumentato la loro esposizione verso le infrastrutture sociali (17%) e TMT (15%) che sono intrinsecamente caratterizzati da una maggiore resilienza agli shock economici e la cui performance e conseguente attrattività è stata migliorata dall’epidemia Covid-19.
Nell’attività M&A ad attrarre l’attenzione degli investitori sono soprattutto le Infrastrutture Energetiche, con il 36% degli intervistati che prevede di indirizzare le proprie risorse in questo ambito nei prossimi 12 mesi (+4% rispetto al 2020). Segue il settore TMT (20%), quello del Trasporto (19%) e delle Infrastrutture Sociali (16%, in aumento rispetto al 2020 di 2 punti percentuali). Al contempo sempre meno operatori si aspettano un calo dei deals in Italia, dal 27% del 2020 ad appena il 6%, a testimonianza di una crescente fiducia da parte del mercato. Maggiore attrattività si tradurrà molto probabilmente in una concorrenza più agguerrita e, di questo, i manager ne sembrano essere consapevoli. Ben l’80% degli investitori si attende infatti un aumento della competizione per i finanziamenti infrastrutturali nei prossimi 12 mesi.
L’andamento degli investimenti infrastrutturali italiani viene giudicato in linea con la media del proprio portafoglio dall’87% dei manager. Tuttavia, non mancano i vincoli esterni che finiscono per limitare il potenziale del settore. In cima alla lista dei fattori che frenano la competitività delle infrastrutture italiane ci sono i vincoli burocratici (76%) e l’incertezza politica e normativa (74%). A pesare inoltre sulla fiducia degli investitori sono il rischio di contenzioso (46%) e la stagnazione del PIL (22%). Tuttavia, il mercato unico europeo e la necessità di ammodernare il sistema di connettività italiano rappresentano i principali driver di investimento. Tra le ragioni principali che spingono ad investire nel sistema infrastrutturale italiano troviamo l’economia allargata dell’Eurozona (50% dei manager), seguita dal nostro bisogno di colmare il gap infrastrutturale (46%). Inoltre, ad attirare l’attenzione degli investitori sono la possibilità di ottenere rendimenti più elevati (41%) e la concorrenza limitata rispetto ad altri paesi europei (31%).
Le infrastrutture italiane, agli occhi degli investitori, godono generalmente di una buona reputazione in termini di qualità . Si tratta di un aspetto particolarmente importante per l’attrattività del Paese, infatti il 20% del campione afferma che questo fattore positivo sia la ragione principale per investire nel settore delle infrastrutture italiane. Dal report EY emerge che, secondo la maggioranza degli intervistati, la qualità delle infrastrutture italiane è in linea con la media d’Europa. Ciò vale particolarmente per il settore dei Trasporti, sopra la media europea per il 10% degli intervistati o in linea con la media per il 61%. Segue l’Energy, giudicato qualitativamente in linea con l’UE dal 66% degli intervistati, e lodato da un buon 19% del campione che lo considera migliore rispetto alla media europea. Di questo settore, inoltre, le asset class più attraenti per gli investitori sono l’efficienza energetica (60%) e le energie rinnovabili (55%). Più freddo il giudizio sulla qualità delle TMT (Telecommunications Media Technology), che non convince del tutto a causa delle infrastrutture Fibra e Data Center sottosviluppate, pur rimanendo ampiamente in linea con gli standard UE (53%). Il 45% degli intervistati sostiene infatti che questo tipo di infrastrutture sia sottosviluppato rispetto al resto d’Europa. Tuttavia, l’attenzione degli investitori per questo settore rimane alta, con un incremento del 2% nell’ultimo anno. Particolarmente interessanti agli occhi del campione sono la banda larga (65%) e i data center (63%). Nonostante alcune incertezze, energia e digitalizzazione sono quindi al centro dell’interesse di chi sceglie di investire nelle infrastrutture italiane, anche alla luce dei cambiamenti innescati dalla pandemia.
La crisi globale innescata dal Covid-19 ha sicuramente condizionato la vita di milioni di persone, ma nello specifico, l’impatto del virus sulla strategia di investimento non sembra aver colpito ugualmente gli intervistati. Da una parte, il 55% afferma di mantenere intatte le proprie strategie pre-Covid, mentre “solo” per il restante 45% qualcosa è cambiato. Per questa seconda tipologia di investitori, i cambiamenti si sono sviluppati principalmente attorno a due direttrici: la prima, un cambio di focus sul sector (59%), la seconda, un ridimensionamento del livello degli investimenti destinati alle infrastrutture, mentre per una minoranza (4%) l’impatto del covid ha avuto come conseguenza un cambio di focus sul Paese. Tra i criteri prevalenti degli investitori, per far fronte alle incertezze dell’ultimo anno, figurano quelli ESG (Environmental, Social, and Governance). Il 56% degli intervistati afferma di aver tenuto in considerazione aziende con alto rating ESG, inoltre il 31% si è servito di criteri di screening negativi per evitare di investire in società non conformi ai requisiti di sostenibilità . Soltanto il 13% ha scelto di non considerare questi parametri nel processo di investimento. Una strategia che si rivela vincente, come testimoniano il 74% degli intervistati, secondo i quali gli investimenti in infrastrutture italiane condotti secondo criteri ESG hanno generato performance in linea con la media del proprio portafoglio, se non superiori (secondo un 13% del campione).
I giudizi dei manager sono generalmente positivi se si considerano gli investimenti in “infrastructure asset” Core Plus e Value Add. Il 46% del campione dichiara di avervi investito negli ultimi 4 anni e il 54% prevede di aumentarli. La fiducia negli asset core Plus/Value Add italiani è testimoniata anche dal 38% degli intervistati, che afferma di destinare più del 30% del proprio portafoglio a questo ambito. Tra le ragioni incentivanti di chi intende accrescere i propri investimenti in questa asset class vi sono rendimenti più elevati (31%) e motivazioni legate alla resilienza contro il covid-19 (19%). Prospettive meno rosee per gli investimenti in attività greenfield, per i quali il Barometro evidenzia una generale inerzia, sostanziata dal 62% degli intervistati, che dichiara di riservare meno del 10% dei propri investimenti totali (2019) a questo ambito. Guardando alle infrastrutture italiane, la maggior parte degli intervistati, ben il 63%, afferma di non aver intrapreso alcun investimento greenfield nel Bel Paese. Tra chi invece ha scelto di investire, i principali vincoli affrontati sono stati i requisiti amministrativi (36%) e l’incertezza politica e normativa (35%). Infine, restano ampi dubbi sulla qualità delle gare di PPP in Italia, con il 52% degli intervistati che le ritiene qualitativamente inferiori alla media UE. Nonostante ciò, secondo buona parte del campione, il futuro potrebbe riservare delle sorprese. Anche se il 70% si aspetta una generale diminuzione del livello degli investimenti in infrastrutture greenfield in Italia, il 51% inoltre rivela che la propria azienda, nel corso del prossimo anno, aumenterà il numero di investimenti in questo tipo di iniziative.
Un importante segnale di fiducia deriva sicuramente dall’entrata in gioco delle misure pensate per facilitare l’esecuzione del Recovery Plan: il 65% degli intervistati è convinto infatti che i prossimi 12 mesi segneranno un miglioramento delle performance del settore in Italia.
Stefania Vergani