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LUGLIO 2021 PAG. 20 - Sardegna, l’offerta portuale nel cuore del Mediterraneo

 


 

Con il prossimo ingresso di Arbatax nel novero degli scali gestiti dall’AdSP il sistema portuale della Sardegna si conferma come quello più complesso a livello nazionale. Sette scali (che appunto diventeranno otto) estesi su 1.800 chilometri di costa, due città metropolitane, 4 prefetture, 4 province. «Un sistema ormai consolidato che può offrire un ventaglio di alternative al mercato di tutto rispetto» spiega il presidente dell’ente portuale, Massimo Deiana, impegnato nel collocare l’offerta portuale dell’isola nel cuore del Mediterraneo.

Quanto è difficile confrontarsi con una realtà così variegata?

Guarderei il lato positivo della medaglia. Dal ro-ro alle rinfuse, dai container alle crociere possiamo soddisfare tutti i tipi di traffici. In Sardegna l’idea di sistema portuale trova la sua vera incarnazione. Al netto delle tendenze campanilistiche la nuova governance permette di coordinare scali che prima erano in concorrenza gli uni con gli altri. Sono convinto che questo meccanismo vada portato anche a livello nazionale perché non tutti devono fare tutto. Investire soldi per duplicare una struttura che posso trovare a pochi chilometri di distanza non ha senso.    

Quale è la vera vocazione portuale della Sardegna?

Di certo non posso pretendere di essere il gateway di accesso al mercato europeo. Per quello ci sono già Genova e Trieste. Allo stesso tempo contesto l’idea “ascellare” della portualità italiana, il ridurre, cioè, tutto a quell’unico modello. Sono a 100 miglia dall’Africa e nel canale tra Sardegna e sponda sud del Mediterraneo passano ogni anno 55mila navi. Se riesco intercettare l’uno per cento di questo traffico, se le merci sbarcano per essere trattate, magari sfruttando le opportunità offerte dalla zona franca e dalla Zes, allora avrò centrato l’obiettivo. Avrò dei porti che sostengono attivamente il retroterra produttivo.  

Che tipo di interventi sono previsti per gli scali del sistema?    

Non c’è un solo scalo dove non stiamo riversando risorse. Su Cagliari ci sono progetti cantierabili per almeno 150 milioni mentre dobbiamo mandare in progettazione preliminare i 100 milioni per adeguamento dell’area rinfuse, l’area retrostante, 13 milioni, l’allungamento della banchina del terminal, altri 23 milioni. A Porto Torres possiamo contare su 58 milioni. A Olbia sono pronti 50 milioni per il dragaggio. Il problema, paradossalmente, non sono le risorse ma la possibilità di poterle adoperare in tempi congrui. Sotto questo aspetto il PNRR può rappresentare una svolta. Non si tratta solo di un bankomat per grandi opere. Altrettanto importante è la parte delle riforme che potrebbe portare con sé la semplificazione delle procedure di cui abbiamo assolutamente bisogno. Oggi metterei la firma per non avere finanziamenti nei prossimi due anni pur di poter spendere tutto quello che ho ora a disposizione.

Il sistema portuale riuscirà a vincere le sfide del prossimo futuro?

Abbiamo un’occasione unica da cogliere. Stiamo vivendo un momento irripetibile anche sotto l’aspetto dell’attenzione che arriva dalla politica. Ma bisogna stare attenti al fattore “resistenza”. Ci sono i mandarini di Stato, un intero pezzo del Paese che, per conservare il suo potere, guarda con ostilità a questo cambio di passo.

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