Golfo di Guinea, contro la pirateria strumenti normativi e più mezzi
«La nostra attività, così come riconosciuto dalla normativa italiana contribuisce alla tutela degli interessi strategici nazionali ma è stata esclusa dalle misure di sostegno,» ha spiegato Gabriele. Il comparto privato «continua a fare la sua parte» ma in alcune situazioni ha bisogno di appoggi da parte delle istituzioni. «Nonostante il Golfo di Guinea sia stato individuato come area a forte rischio la Nigeria continua a non permettere la presenza di personale a bordo. Eppure gli attacchi avvengono a grande distanza dalla costa e il paese non ha i mezzi per reagire. Da parte dell’Italia sarebbero auspicabili accordi con gli Stati costieri per l’autorizzazione ai team di sicurezza, almeno fino al limite delle acque internazionali».
A differenza dell’Oceano Indiano, dove le operazioni internazionali antipirateria sono riuscite a stabilizzare i livelli di sicurezza per lo shhiping, il Golfo di Guinea continua ad essere “zona calda”. Solo nel 2020 sono stati registrati ben 130 rapimenti, con una notevole intensificazione delle attività illecite, circa una quarantina di episodi, nel primo trimestre del 2021.
«Il fenomeno pirateria non è mai tramontato,» ha spiegato l’Ammiraglio Cristiano Aliperta, attualmente consulente di FederSicurezza in seno al CoESS, la confederazione europea del settore. E tende ad allargare la sua sfera oltre le navi mercantili. «Esiste un rischio pirateria anche per le grandi imbarcazioni da diporto. Tanto che recentemente sono state richieste guardie a bordo per il trasferimento di un superyacht da Savona agli Emirati Arabi». L’operazione, puntualmente, non è riuscita, «frenata da una burocrazia e dalle lacune dell’ordinamento nazionale e internazionale su cui è arrivato il momento di fare un definitivo passo avanti».
Le difficoltà nell’area del Golfo di Guinea, d’altro canto, sono acuite proprio da una serie di paradossi che partono dalla mancanza di chiarezza normativa in tema. A differenza che nell’Oceano Indiano la costa africana non è caratterizzata dalla presenza di stati “falliti”.
«Anzi, i paesi costieri pretendono di esercitare le loro legittime prerogative anche in mancanza di una effettiva capacità di intervento,» ha sottolineato l’Ambasciatore Daniele Bosio, Coordinatore per la materia del Mare del ministero degli Esteri. La resistenza «a lasciare ad altri il controllo della propria sicurezza» andrebbe affrontato con un approccio basato su «assistenza e cooperazione». Uno degli strumenti: «la dotazione di strumenti giuridici specifici, la prima legge antipirateria della Nigeria risale solo a un anno e mezzo fa, e di mezzi per le attività di controllo». Ma anche una maggiore attenzione sulle «cause profonde del fenomeno».
«Il delta del Niger è un’area enorme, caratterizzata da contrasti etnici, politici e dalla presenza di una forte criminalità organizzata. Bisogna agire su tutti i livelli perché dal Senegal all’Angola, parliamo di un’area strategica per i nostri interessi: la retroguardia del Sahel da cui partono le principali ondate migratorie verso il nostro paese».