APRILE 2021 PAG. 50 - L’Europa grande assente nella geopolitica del covid-19
La geopolitica è una disciplina difficilmente decodificabile proprio per la sua natura complessa ed eccezionalmente vasta. È plausibile pensare che neanche il padre di questa nobile scienza, lo svedese Rudolf Kiellen, avesse mai immaginato che la sua creatura avrebbe rivestito in un futuro un ruolo talmente importante e un ambito scientifico così vasto. Probabilmente i primi ad intuirlo, almeno in parte, furono quei studiosi del secolo scorso del calibro dell’inglese Halford Mackinder e del tedesco Karl Haushofer che iniziarono a pensare e a leggere il mondo su base esclusivamente geopolitica. Proprio la sua capacità, che ne è croce e delizia, di agglomerare e di ragionare in un continuo rapporto osmotico con le diverse discipline la rende una scienza senza confini ben definiti o meglio stabili e di conseguenza mutevoli. Questa sua grande peculiarità spesso fa apparire lo sventurato analista geopolitico come una sorta di apprendista stregone, o per adoperare una locuzione più elegante potremmo definirlo novello druido, che davanti alla sua sfera o al pentolone magico tenta di analizzare, ma sarebbe più opportuno dire creare la sua analisi geopolitica. Allora per comprendere meglio come definire la geopolitica prenderemo in prestito due aforismi del campione della real politik, il tedesco Ottone von Bismark, secondo il quale la politica è l’arte del possibile, ma i tempi cambiano. In più il cancelliere tedesco era aduso sostenere che la politica non è una scienza esatta, bensì un’arte. Ebbene, proprio queste due massime si sposano a meraviglia per definire almeno parzialmente l’essenza della geopolitica ossia: l’arte del possibile o per dirla in termini più contemporanei e prendendo in prestito un termine dall’aeronautica, un’arte a geometria variabile. Per tali motivi non deve sorprendere come anche le dolorose vicende pandemiche rientrino perfettamente nel grande giuoco geopolitico mondiale. In pratica anche la pandemia scatenata dal covid-19 oltre ad essere stata adoperata come arma asimmetrica ha scatenato una vera e propria guerra dei vaccini che si è immediatamente innestata nell’enorme conflitto economico in corso, oramai condotto senza esclusioni di colpi. Per cui anche i vaccini sono stati e vengono adoperati tutt’ora come elemento sia di pressione che di penetrazione. In pratica un vero e proprio giuoco di hard e soft power capace di creare nuove amicizie geopolitiche come di distruggere anche quelle di lunga data creando così di fatto una vera e propria Geopolitica dei Vaccini. Semplificando al massimo tale processo potremmo suddividere il mondo in Stati e Confederazioni produttori di vaccini e in Stati e Confederazioni non produttori. Naturalmente gli appartenenti al primo gruppo, per così dire, se da un lato hanno un enorme vantaggio su quelli del secondo, dall’altro sono in perfetta concorrenza tra loro. Ciò determina l’acuirsi spesso dei duri confronti determinati dalla guerra economica in atto. Non è un caso che le nazioni produttrici di vaccini (Stati Uniti, Inghilterra, Federazione Russa, Cina e Israele) siano proprio quei soggetti politici impegnati nell’aspro confronto geopolitico in corso. Ora solo la piccola Israele tra le citate non è una potenza mondiale, pur ricoprendo un ruolo regionale d’eccezionale valore. Eppure il piccolo paese mediorientale, culla della cultura giudaico-ebraica mondiale, sempre attento a tematiche di sicurezza, non solo militare, ma anche batteriologica, è riuscito in brevissimo tempo a sviluppare un vaccino. Il brillante risultato ha fatto sì che sin dalla metà d’aprile gli israeliani sono liberi di passeggiare per le strade delle loro città privi di mascherina. Tornando alle grandi potenze non è certo un caso che il vaccino della Federazione Russa prenda il nome altamente significativo di Sputnik, la prima sonda lanciata nello spazio nel lontano 1957. Tale evento prese totalmente di contropiede gli americani poiché completamente all’oscuro dei rapidissimi miglioramenti fatti dall’URSS. Mosca mantenne il primato spaziale per diversi anni mandando sia il primo mammifero nello spazio che il primo uomo: Jurij Gagarin nel 1961. Tale primato venne battuto solo alcuni anni dopo quando Washington nel 1961 con l’Apollo 11 fece giungere l’uomo per la prima volta nella storia sulla luna. Per tornare al presente il vaccino russo prende tale nome probabilmente in relazione a quel fatto e periodo storico come a ribadire una capacità scientifica tale da battere addirittura gli americani sul tempo. È plausibile attribuire quindi a fattori di premura la mancata sperimentazione del vaccino russo su pazienti umani volontari. A tal punto è bene ricordare che l’anno scorso, mentre il virus mieteva continuamente vittime in quasi tutto il mondo la Russia sembrava quasi immune alla pandemia. Da lì a breve pervenne la missione sanitario-militare russa a Bergamo 20-25 marzo 2020. I militari russi aiutarono moltissimo quel territorio nazionale letteralmente martorizzato dal covid-19 e dopo aver prestato il loro graditissimo e validissimo aiuto e trascorsi circa 45 giorni (periodo più che sufficiente per raccogliere una vasta campionatura) sono rientrati in patria. È possibile, ma solo muovendosi sul campo delle ipotesi, che tale contingente non fosse giunto solo per questioni meramente umanitarie e che non fosse un caso che sia giunto nel punto di maggior propagazione pandemica europea. Il bel gesto comunque ha avuto anche il risultato di avvicinare l’Italia alla Federazione cosa mal vista da Washington. Un riavvicinamento durato più di un anno ed interrotto solo dalla recente spy story romana che sembra più degna di un racconto di Rugantino per valore complessivo che non certo dell’Intrigo internazionale di Alfred Hitchcock, ma comunque più che sufficiente per far troncare le relazioni internazionali tra i due paesi. Per cui ora Mosca non potrà più sviluppare, almeno in Italia, la sua strategia attrattiva del vaccino, cosa che comunque gli è riuscita benissimo con altri paesi in varie parti del mondo. Non è stato certo un caso che in quel frangete il ministro degli Esteri inglese Dominic Raab si sia precipitato a manifestare la piena e totale solidarietà al governo italiano. Ultimamente quest’ultimo è impegnato in una importante operazione collaborativa con l’Inghilterra che prevede non solo una partnership in termini di sviluppo tecnologico e militare, ma molto probabilmente anche una serie di operazioni navali congiunte visto la nuova operatività del Cavour dopo i lavori eseguiti negli Stati Uniti. In realtà l’evento risponde alla logica che l’Italia continua ad essere la linea di frontiera nel Mediterraneo con la Federazione Russa. Pare del tutto evidente che chi possiede il vaccino ha margini di manovra politica di gran lunga superiore a chi non lo ha. Sorprende l’assoluta incapacità europea non solo di dotarsi di un protocollo pandemico unitario, ma anche di un centro studi vaccinale per queste evenienze. Infondo anche la piccola Israele è riuscita a svilupparlo in proprio perché l’Europa no? Non è certo un caso che se leggiamo la pandemia dal punto di vista economico e non solo sul mero campo delle premorienze la Comunità europea è quella realtà politica che ha pagato il conto più salato eppure al momento non esistono progetti per protocolli e centri studi comunitari. Un gravissimo errore che potrebbe costare molto caro al vecchio continente dove i singoli Stati membri sono ancora impegnati in una guerra tra loro per procurarsi i preziosi vaccini con importanti risvolti economici e politici. Per tale motivo sarebbe opportuno che in Italia s’iniziasse a studiare anche la geopolitica dei vaccini per ora affrontata solo da alcuni studiosi come il prof. Paniccia presidente della Scuola di Guerra Economica e Competizione internazionale (ASCE) e già gradito ospite della nostra rivista. Per cui prendendo in prestito questa volta da Vegezio una sua massima secondo la quale si vis pacem para bellum, l’Italia e la Comunità europea si dovranno dotare delle strutture necessarie per poter affrontare le possibili prossime pandemie.
Alessandro Mazzetti