MARZO 2021 PAG. 12 - Il posto dell’Italia nel mondo e il secolo della logistica
La nuova fase della globalizzazione, dove il mercantilismo sta tornando in auge sia in modalità difensiva che offensiva, si accompagna a grandi cambiamenti sotto l’aspetto geo-politico. Le relazioni internazionali sono caratterizzate da un duro confronto tra grandi potenze, con alcune medie potenze tradizionali ed emergenti che stanno cercando di affermarsi, proprio nelle aree di più immediato interesse per l’Italia. La logistica risponde a questo quadro confermando alcuni mega trend, come il gigantismo navale, mentre altri, come le ferrovie transcontinentali, restano in stallo, è il caso delle catene di fornitura indipendenti dagli interessi nazionali, vivono un periodo di dubbi. Nella prima giornata di Shipping, Forwarding&Logistic Meet Industry 2021 si è discusso di come questa “morfologia non ancora definita” impatti sul sistema italiano.
Betty Schiavoni (Alsea, Presidente). «Siamo la settima potenza manifatturiera, al nono posto nel mondo per capacità di esportare. Primi al mondo nella nautica da diporto, abbiamo primati nelle giostre, siamo secondi in Europa nel settore legno-arredo e nell'industria del farmaco». Fin qui la parte di fotografia che ritrae la parte viva del Paese. Nell’altra c’è «una crescita stagnante, con investimenti in ricerca e sviluppo che ci collocano in fondo in Europa». Per invertire la rotta servono riforme. «Dovremmo avere un modello che consenta alle nostre imprese di restare italiane grazie alle Borse e a uno Stato lungimirante. Agli imprenditori e ai capi d’azienda dico: reingegnerizziamo le nostre aziende, valutiamo modelli di business più idonei, facciamo più formazione, diamo più spazio ai giovani e alle donne. Serve una rivoluzione culturale, non solo industriale».
Massimo Marciani (Freight Leaders Council, Presidente). «Le guerre non si faranno più per il possesso di un’area geografica, ma per il possesso delle supply chain. Se voglio attrarre in Italia competenze e capitali per fare innovazione, devo sottrarle da un’altra area». La lezione di Pharag Khanna sul secolo della connettività va interiorizzata. Nel mondo interconnesso le infrastrutture, materiali e non (si pensi alla gestione dei dati) diventano risorsa e fonte di scontro. «È un confronto orizzontale tra aree economiche. La supply chain è un sistema che consente di mettere in piedi domanda e offerta in modo che si possano combinare. È chiaro che il controllo dei flussi è sempre più controllo delle connessioni di passaggio e di scambio». Non è un caso che le principali agglomerazioni urbane saranno sviluppate sulle aree costiere. «La storia non inventa niente. Amazon è la nuova Compagnia delle Indie Britanniche, la più grande azienda logistica mondiale». Considerazioni che rendono necessario un confronto tra mondo della logistica e industriale: «la logistica è parte del sistema produttivo, dobbiamo discutere su franco destino e franco fabbrica al più presto».
Massimo Deandreis (SRM, Direttore Generale). Rafforzamento delle alleanze, gigantismo e integrazione verticale stanno cambiando il mondo dello shipping. «Assistiamo a una nuova spinta alla regionalizzazione della globalizzazione. Circa il 70% del traffico containerizzato si distribuisce sulle rotte secondarie. In particolare le intra-regionali, che sono il 43%, sono cresciute in volume negli ultimi 10 anni di oltre il 70% contro una media del 50%». Il trasporto marittimo nel 2020 è sceso del 3,8% con rimbalzo del 4,7% nel 2021 e del 3,6% 2022, «un andamento molto vicino a quello del Pil». In questo contesto i timori diffusi di un’implosione del mercato europeo sono stati smentiti. «Il Mec è uno dei tre macro blocchi di circolazione delle merci e Suez è il termometro del Mediterraneo. Da lì passa l’8-10% del commercio marittimo mondiale». E l’Italia? «È una Repubblica fondata sull’economia marittima e non lo sa, non se lo ricorda. C’è spazio e crescita per tutti, tanto per i porti del Nord, quanto e soprattutto per i porti del Mezzogiorno. La logistica nel nostro Paese vede quasi 100 mila imprese attive, 1,5 milioni di addetti, 85 miliardi il fatturato nel 2019, un settore che vale il 9% del pil nazionale». Quali sono le sfide da affrontare? Assecondare la naturale propensione all’innovazione dell’industria marittima, alle prese con transizione energetica, sostenibilità, digitalizzazione e automazione di navi e terminal, «ma anche abbandonare la vecchia visione del porto come luogo dove parte e arriva la merce, considerandolo come polo di sviluppo e intermodalità».