DICEMBRE 2020 PAG. 66 - Assagenti, Pessina: lo shipping “ha fatto i compiti a casa”
Sulla recente discussione sui noli troppo alti Paolo Pessina non si sottrae. Per il presidente di Assagenti è solo la conseguenza di un settore che “ha fatto i compiti a casa”, un nuovo modello operativo che è uscito da una situazione di crisi a costo di enormi sacrifici. «Chi oggi punta il dito contro le compagnie dimentica i dieci anni di perdite da cui arriva il settore. Nessuno ha analizzato i bilanci quando si perdevano miliardi di dollari. Dopo il fallimento di Hanjin le fusioni sono diventate necessarie: non per acquisire la predominanza del mercato ma per assicurarsi la sopravvivenza in un periodo in cui i noli erano vicini allo zero».
A cosa è dovuto questo momento di effervescenza per il settore dello shipping?
Mentre c’era chi chiedeva di navigare con noli sotto lo zero si è provveduto a una feroce riduzione dei costi, ad investire in modo massiccio sulla digitalizzazione, lavorando sulla composizione dell’offerta finale al cliente. Se si analizza l’impennata dei noli, questa è solo conseguenza del boom di richieste, partito prima sulle direttrici transpacifiche, oggi su quelle Asia – Mediterraneo, rispetto ad una capacità di stiva minore messa in campo per bilanciare le conseguenze del primo lockdown. D’altro canto si guardi alle scelte messe in campo dalle ferrovie italiane o dalle aziende di trasporto: i servizi sono stati ridotti in vista di un calo della domanda di trasporto. Davvero non capisco perché le navi dovrebbero viaggiare vuote.
Conseguenza anche di un recupero dei mercati a macchia di leopardo?
Il business, e mi riferisco in modo particolare anche per le conseguenze sulla nostra categoria, è globale: spesso ci troviamo in situazioni di mercato che dipendono da strategie globali che vedono penalizzati alcune aree del globo rispetto ad altre. Di certo in questo momento si vive una problematica di bilanciamento, soprattutto nel settore container. L’Asia sembra aver superato i problemi legati alla pandemia e la sua economia viaggia a ritmi sostenuti: in questa situazione in una realtà orientata all’export come l’Italia i clienti sono disposti a pagare di più pur di avere la merce. Credo che questa trend durerà almeno fino al Capodanno cinese. Poi se con l’arrivo del vaccino ci sarà un’accelerazione dell’economia anche in Europa, potremo assistere al ripristino di un maggior equilibrio.
Come ha reagito Assagenti alle difficoltà create dalla crisi sanitaria?
Rispetto ad altri settori siamo stati agevolati dal fatto che lo shipping, per ovvi motivi, non si è mai fermato. A Genova, nello specifico, tutte le criticità del Covid sono andate a sommarsi alle emergenze precedenti come il crollo del ponte Morandi e il blocco delle autostrade. A livello associativo quindi abbiamo cercato di dare il massimo contributo alla risoluzione dei problemi in un contesto comune. All’interno del Comitato “Salviamo Genova” infatti abbiamo sottolineato ulteriormente l’importanza del trasporto intermodale proponendo tramite i nostri associati questo tipo di soluzione il più possibile. L’unità d’intenti mostrata a tutti i livelli è stata encomiabile.
Un modello che potrebbe essere esteso anche dopo il superamento della pandemia?
Assolutamente si. Per la prima volta tutto il “sistema Genova” si è seduto allo stesso tavolo, portando avanti un dialogo costruttivo a prescindere dalle reciproche esigenze di categoria. È un modello operativo che vorrei si allargasse anche al mondo dello shipping: le divisioni indeboliscono tutti e impediscono il perseguimento del bene comune.
Quale futuro per il porto di Genova?
Lo scalo può sfruttare da una parte l’opportunità rappresentata dalla BRI dall’altra deve porsi come punto di riferimento mediterraneo verso il nord e centro Europa. Ma per farlo servono le infrastrutture. E non mi riferiscono solo al Terzo Valico e alla Gronda. La questione principale si chiama “ultimo miglio”. Se Genova non movimenta almeno il 40% dei suoi container via ferro non potrà ambire ad un ruolo di rilievo a livello internazionale. Le opere sono state avviate. Serviranno ancora due-tre anni. Risulterà essenziale però anche una efficace strategia di marketing territoriale. Il Northern Range non si farà portare via i traffici facilmente, bisognerà saper vendere bene le proprie infrastrutture, con capacità e competenza.
In che modo le difficoltà dell’oggi stanno cambiando il futuro della categoria?
La digitalizzazione ha aiutato in modo fondamentale il day-by-day durante l’emergenza sanitaria. Allo stesso tempo non credo che lo smart working modificherà in modo radicale il nostro modello operativo. Il contatto diretto per la natura della nostra attività risulta ancora importantissimo. La tecnologia però potrà aiutare a sanare una dicotomia interna al nostro settore. Nell’ambito della Federazione esistono due componenti ben tratteggiate: da una parte ci sono i rappresentati delle grandi multinazionali, dall’altra le realtà minori che in un certo senso rappresentano la struttura tipica dell’imprenditore medio italiano. Per queste realtà la barriera in entrata per crescere su determinati mercati può essere abbattuta dall’uso delle nuove tecnologie, caratterizzate da investimenti tutto sommato accessibili.
Quanto sarà importante la formazione per il futuro della categoria?
Ai giovani cerco di ricordare sempre che nulla è semplice. Bisogna studiare, sviluppare capacità e competenze specifiche. Assagenti è storicamente legata a questo tema con il corso di formazione intitolato al professor Papagno: un percorso che permette di sostenere l’esame da raccomandatario marittimo o da broker. Stiamo ulteriormente rafforzando la nostra presenza in quest’ambito attraverso un progetto che stiamo sviluppando con l’Ente bilaterale nazionale sulla formazione. Anche su questo lato, vale quanto detto precedentemente: lo sdoganamento delle nuove tecnologie permette di sviluppare strumenti sempre più adatti alle nostre specifiche esigenze. Su questo punto e sugli altri d’altronde la pandemia non ha fatto altro che accelerare tutta una serie di tendenze già in atto. Starà a noi saperle cavalcare.
G.G.