OTTOBRE 2020 PAG. 36 - Anche nello shipping il sistema di scambio emissioni di CO2
Non senza l’opposizione delle principali organizzazioni di settore il Parlamento europeo ha recentemente dato il via libera all’inclusione dello shipping nel sistema di scambio delle emissioni di CO2 EU Emissions Trading System (EUETS). Anche l’industria marittima, dunque, si ritroverà a dover fare i conti con la gestione di una vera e propria nuova commodity, sotto forma di quote di emissione di anidride carbonica da restituire, soggetta alla dinamica dell’offerta e della domanda. Un mercato relativamente recente che vede attiva dal 2010 AitherCO2, società che offre servizi di consulenza e trading per i settori, tra cui il trasporto aereo, a partire dal 2012, già coinvolti in questo meccanismo. Jacopo Visetti, Trading & Carbon Finance dell’azienda, fa luce sulle conseguenze della decisione europea per l’operatività delle compagnie marittime.
Quali tipi di servizi offre AitherCO2?
Considerato come uno degli strumenti più efficaci per garantire la decarbonizzazione dell’economia mondiale lo scambio delle emissioni di anidride carbonica per le compagnie armatoriali, se non affrontato in modo strutturato, rischia di tramutarsi in un mero costo aggiuntivo del carburante. La nostra azienda offre servizi per ottemperare agli obblighi normativi, per reperire quote sul mercato, per la compensazione volontaria, riducendo, attraverso il monitoraggio in tempo reale del mercato delle quote, i relativi costi di esercizio. Recentemente, ad esempio, abbiamo gestito un cargo carburante sulla rotta Rotterdam – Shenzhen, coordinando tutta la filiera del meccanismo dei crediti, completamente a impatto zero.
In quale misura diventa più conveniente per le compagnie l’affidamento a terzi dei crediti?
La differenza, rispetto alla gestione in house, arriva fino al 30%. Questo perché, come già detto, monitoriamo attentamente le fluttuazioni del mercato riuscendo non solo ad ottenere costi inferiori ma ad articolare strategie complessive di acquisto in grado di minimizzare le perdite dovute alla volatilità degli scambi.
Una corretta gestione del meccanismo quali vantaggi può portare?
Intanto, non ottemperare all’obbligo normativo porta a una multa dieci volte maggiore rispetto al normale costo della quota. Ci sono poi le ricadute negative sui rating finanziari delle compagnie, con penalizzazione nell’accesso alle risorse e nelle dinamiche assicurative. Le assicurazioni sono più propense a coprire i rischi ambientali in presenza di una gestione ottimale del processo di emissioni.
Come si sta evolvendo il mercato?
L’afflusso di capitali è continuo, il prezzo della CO2 è cresciuto a ritmi sostenuto negli ultimi anni. E per una serie di motivi. Il principale sono le policy ambientali, anche a livello volontario, che molti settori impongono ai service provider, tra cui rientrano anche i vettori marittimi: le compagnie rischiano concretamente di perdere parte del business proprio per le scelte dei clienti sempre più orientati verso i meccanismi che favoriscono la decarbonizzazione. D’altronde lo stesso Recovery Fund si basa su indirizzi di tipo “green”.
In che misura il meccanismo può influire sull’evoluzione delle flotte?
Più una nave è efficiente meno saranno le quote da restituire. I soldi risparmiati possono così innescare un meccanismo virtuoso. Considerando che nella prima fase le quote saranno allocate in maniera gratuita se si riesce a mantenere lo stesso livello di efficienza risparmiando il consumo di carburante, e quindi di emissioni, di fatto ci si ritroverà con quote in più che possono essere vendute. Chi investe in flotte green di fatto acquisisce un vantaggio competitivo.
Quali tipi di competenze servono per operare in questo settore?
Si tratta di un’attività di nicchia il cui obiettivo è disegnare strategie ad hoc per ogni compagnia: d’altronde, non tutti inquinano allo stesso modo. Per operare al meglio devono andare di pari passo le conoscenze di tipo ingegneristico, legate alla sostenibilità ambientale ed energetica, e quelle finanziarie.
G.G.