NOVEMBRE 2020 PAG. 26 - Lavoratore portuale: evoluzione in tecnico specializzato

 

 Luca Grilli alla guida di Ancip, l’Associazione nazionale che riunisce circa 60 impresi portuali, appartiene alle nuove leve del lavoro portuale. Una generazione giovane che, vuoi per l’inevitabile ricambio generazionale, vuoi per i cambiamenti accorsi ai processi operativi in banchina, è alle prese con la ridefinizione del proprio ruolo all’interno della catena portuale. «Senza perdere il contatto con il passato della nostra professione» spiega. «Per un tipo di mestiere dalla grande valenza identitaria è naturale mantenere un rapporto di fiducia con chi ha una maggiore esperienza, chiedendo consigli e indicazioni. Senza dimenticare, però, che oggi il portuale non è più l’uomo forzuto che porta in spalla sacchi da 50 chili ma un tecnico specializzato che gestisce e manovra mezzi che valgono migliaia di euro: questo fa la differenza, anche nel modo di approcciarci ai problemi della categoria».

In che condizioni le compagnie portuali stanno affrontando l’emergenza sanitaria?
Nel momento di crisi più acuta abbiamo contribuito a mantenere in piedi le attività portuali, lavorando insieme a tutti i protagonisti della filiera anche nella stesura dei protocolli per garantire la sicurezza dei lavoratori. Ovviamente con la riduzione dei traffici si è registrata una riduzione degli avviamenti al lavoro il che per la natura della nostra organizzazione significa andare inevitabilmente sotto i livelli minimi per coprire i costi operativi con situazione che variano a seconda della specializzazione dei vari porti.     

Come è stato supportato il settore?
Nel Decreto n.34 è stata prevista la proroga di due anni delle autorizzazioni in corso che rappresenta certo una boccata d’ossigeno ma che non basta. Come Ancip avevamo chiesto un’estensione a 5 anni per due motivi: intanto, un lasso di tempo più lungo nelle autorizzazioni fa la differenza anche a livello di accesso al sistema bancario e poi, considerate le perdite registrate, un biennio non basta a ripianare la situazione di crisi. Il governo ci ha concesso anche un bonus da 90 euro per le giornate perse nel 2019, misura che chiediamo di estendere al 2020 e al 2021, proprio per permettere il riequilibrio dei conti. 

 
Quali altre richieste avanza l’associazione?
Sempre riguardo il bonus da 90 euro abbiamo richiesto al ministero una interpretazione della norma per ottenere l’estensione degli aiuti anche agli interinali. Perchè operare una discriminazione laddove anche a questa categoria di lavoratori viene richiesta formazione operativa, conoscenza dei regolamenti, trattamento contributivo equo? D’altronde sono gli interinali il bacino da cui le compagnie pescano per le assunzioni.. 

Le prospettive nel breve-medio periodo?
Non vorremmo che il passaggio per il rinnovo della governance delle AdSP inducesse i presidenti uscenti a non usufruire degli strumenti previsti dall’articolo 15 bis del correttivo porti. Oggi ci troviamo in una situazione in cui manca un indirizzo ministeriale. Soprattutto, i presidenti devono essere tutelati e incoraggiati nell’applicazione di ciò che è previsto dalla norma. Il Covid ha di certo peggiorato una situazione che per noi era già difficile ma non stiamo chiedendo interventi ad hoc, solo il rispetto della legge.   

Quale è il futuro delle compagnie?
Noi siamo l’anello di congiunzione tra mare e terra: siamo lo strumento per creare le condizioni per operare al meglio nella competizione internazionale. La produttività del nostro lavoro è aumentata negli anni. Puntando su formazione e competenze ci poniamo l’obiettivo di una portualità che sia in grado di contaminare la logistica, e non il contrario. Per farlo non bastano solo le belle leggi ma anche la loro effettiva applicazione. Il regolamento sull’autoproduzione, dopo lotte che sono durate un quarto di secolo, ne è un esempio lampante: non la impedisce ma la regolarizza, sottoponendola a regole chiare. Si tratta di un semplice principio di civiltà.

Giovanni Grande