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NOVEMBRE 2020 PAG. 10 - La logistica post Covid-19: ritorno al passato o resilienza?



 

La logistica, pur soffrendo inevitabili perdite nei volumi dei traffici, non si è mai fermata a livello nazionale e internazionale nei mesi del lockdown confermando nei fatti il ruolo strategico che svolge per il sistema economico e la tenuta sociale del nostro Paese. La “nuova normalità” che ci aspetta nel mondo post-Covid influirà ad ogni modo sul futuro del settore tra ristrutturazione delle filiere produttive, equilibri economici e politici rimodulati, sfide della sostenibilità. Con l’opportunità all’orizzonte rappresentata dalle risorse messe a disposizione a livello europeo, e una discussione appena avviata sulla nuova normativa di riordino degli interporti, al Green Logistics Intermodal Forum di Padova, si è discusso delle prospettive del cluster nel corso della tavola rotonda La logistica post Covid-19 “Ritorno al passato” o “resilienza trasformativa?”      


Matteo Gasparato (UIR, Presidente). A trent’anni dall’ultima legge sul settore, il sistema interportuale italiano, anche alla luce del ruolo strategico ricoperto nel momento più critico della pandemia, guarda con favore alla proposta attualmente in discussione in Parlamento. «C’è bisogno di una solida disciplina che permetta un quadro programmatico più ampio, in coerenza con lo sviluppo delle reti TEN-T, delle politiche europee e italiane attraverso nuovi e specifici organismi e strumenti di coordinamento». Lo scheletro su cui lavorare è già impostato sui temi da perseguire: definizione dei requisiti per il riconoscimento della natura di interporto; nuova disciplina urbanista e ambientale; coperture finanziarie per gli interventi infrastrutturali. «Ogni interporto è allo stesso tempo attore industriale e infrastruttura di interesse pubblico, per cui la rete nazionale non è solo una sommatoria di nodi ma asset strategico». Un sistema che può contare su 32 milioni di metri quadrati di aree complessive, 65 milioni di tonnellate di merce movimentata, quasi 50mila treni all’anno e 25mila camion giornalieri, un milione di unità da carico (UTI) annue. «Ci sono enormi potenzialità, solo il 40% del valore aggiunto del nostro export è attivato dalla rete logistica». Proprio per questo bisognerà lavorare bene per attingere dai 25 miliardi messi a disposizione nell’ambito del processo di rivisitazione dei corridoi europei. «UIR sta lavorando con il MIT affinché i fondi nazionali possano essere integrati con le future call del programma CEF». Con un occhio alla digitalizzazione dei processi, vero «elemento di competitività per tutto il sistema». L’obiettivo deve essere l’organizzazione dell’appuntamento intermodale tra gomma e ferro. «Bisogna attrezzarci per garantire l’accessibilità terrestre, infrastrutture efficiente e nuovi processi operativi». 

      
Nicola Boaretti (Interporto Quadrante Europa, Direttore generale). L’operatività della struttura di Verona è stata garantita a livello europeo anche nel mese di aprile quando dai porti del Baltico alle piattaforme olandesi sono continuati a partire ed arrivare treni. Nonostante la crescita dei convogli intermodali in occasione delle difficoltà al Brennero l’anno si chiuderà, si in recupero, ma con una flessione di meno del 10% per il ferro e del 7% su strada. «La pandemia ci ha insegnato che nulla va dato per scontato». Compreso le supply chian che si prevede nei prossimi tempo andranno ad accorciarsi, affinché risultino meno esposte alle eventuali chiusure o rallentamenti della manifattura nel Far East. «Credo che le nostre infrastrutture non debbano passare in mani straniere, spostando altrove il luogo dove si definiscono le strategie globali della logistica. Il Governo pare lo abbia compreso immaginando l’estensione della golden share anche agli interporti». 


Claudio Ricci (Interporto Campano, AD). Da un osservatorio a tutto tondo (Nola è interporto ma anche parco industriale e commerciale, oltre che operatore di trasporto con MTO) Interporto Campano ha registrato soprattutto un’accelerazione delle dinamiche che già erano in atto. «Gli investimenti programmati per la computer vision o l’uso della AI per la gestione dei flussi diventano una esigenza ancora più importante, le linee di intervento per lo sviluppo delle infrastrutture software sempre più urgenti. Insieme a nuovi temi come la security e la safety». Il tema diventa, allora, non sprecare le risorse, «avere le idee chiare», puntando non su progetti scollegati «pur di impiegare i finanziamenti a disposizione». «Il primo punto è il revamping dell’esistente, colmare i buchi. Dobbiamo eliminare i colli di bottiglia, migliorare le direttrici nord sud, ma la digitalizzazione  eliminando sprechi e inefficienze rende già da sola molto più sostenibile il trasporto non solo da un punto di vista ambientale, ma anche da quello economico».    


Zeno D’Agostino (AdSP Adriatico Orientale, Presidente). Anche la capacità di disconnettersi diventa un pregio. Il paradosso dell’era Covid è che «al giorno d’oggi si è vincenti se si è in grado di staccare velocemente la spina in caso di bisogno». «Dobbiamo essere capaci di immaginare che il nostro sistema, in caso di emergenza, sia in grado di disconnettersi dalle reti globali – lo sta facendo ora per il Covid – senza perdere le connessioni fondamentali a sostegno l’economia. Una capacità di resilienza che la ferrovia e l’intermodalità stanno dimostrando di garantire». In quest’ottica risulterà fondamentale saper lavorare bene sia sulla logistica tradizionale sia sui nuovi temi come la cybersicurezza. Rispetto ai grandi fenomeni come il reshoring serve capacità di analisi ma soprattutto idee, da portare in Europa. «Non si tratta solo di capacità economico-finanziarie: per fare un esempio comprensibile, la Cina sta ri-colonizzando l’Africa non perchè ha grandi risorse economiche, o almeno non solo, ma perchè ha idee e progettualità precise a lungo e medio termine». 


 Marco Spinedi (Interporto Bologna, Presidente). «Meno soldi al cemento, o almeno solo dove serve ma molto di più a ricerca, università, formazione». L’invito è guardare alle risorse produttive che servono allo sviluppo della logistica e al Mezzogiorno. «Arriveranno i soldi dall’Europa ma dobbiamo evitare il pressapochismo nella loro gestione. Le risorse devono essere spese al meglio perchè altrimenti avranno pochi effetti sul PIL». Sul reshoring i fenomeni vanno analizzati nella loro complessità. «L’automotive statunitense si sta muovendo verso la diversificazione dei fornitori e non è detto che sui prodotti a grande contenuto tecnologico, a differenza di quanto può avvenire per il tessile e l’agroalimentare la filiera si accorcerà». Proprio per questo non si deve perdere d’occhio quello che sta avvenendo nel Mediterraneo e nel Nord Africa dove il sistema portuale del Sud Italia può giocare un ruolo di rilievo. Un invito anche alla collaborazione regionale. «Ho apprezzato l’impostazione del nuovo PGT del Veneto ma sulla logistica il Nord Est  deve muoversi in maniera coordinate.  Serve una regia che coinvolga le tre Amministrazioni Regionali, i Porti  di Trieste e Venezia e gli Interporti di Verona, Padova e Bologna».


Riccardo Maria Monti (Interporto Sud Europa, Presidente). «La logistica è fondamentale per la sostenibilità ambientale, e uno dei nodi è portare il più possibile le merci sulla rotaia». Ma altrettanto importante è la digitalizzazione «grazie alla quale si riducono i tempi morti, le code dei camion, introducendo in tutto il lavoro le semplificazioni e le facilitazioni possibili per rendere lineari i processi». La grande sfida della logistica meridionale sarà l’integrazione ferroviaria per i suoi porti principali, da questo punto di vista «le ZES potrebbero essere un valido strumento ma vanno rilanciate». 


Marco Gosso (Mercitalia, AD). «La prima ondata della pandemia ha colpito l’offerta aggregata, la seconda rischia di condurre alla recessione dei sistemi economici più deboli. Nei prossimi tempi   opereremo con mercato incerto e critico, con clienti che rimodulano le pianificazioni e chiedono risposte efficaci, veloci e flessibili». I rischi maggiori arrivano dall’eccesso di offerta e da una «guerra al ribasso» che mette rischio sopravvivenza di molti player. In questo l’impennata dei costi operativi e il drastico abbassamento del prezzo del gasolio non aiuteranno la ferrovia a mantenere la quota di traffico che è riuscita a intercettare in quest’ultimo anno dalla strada. Bene tutti i sostegni al settore – riduzione del pedaggio per l’accesso alla rete, Ferrobonus, contributo alla formazione macchinisti, fondi stanziati per il potenziamento e il completamento della rete degli interporti - «ma alcuni di questi dovrebbero diventare strutturali». «Ulteriori misure potrebbero essere la protezione del livello di liquidità delle imprese e l’abbassamento del cuneo fiscale. La riduzione degli oneri contributivi sarebbe di vitale importante per mantenere i livelli occupazionali e senza bloccare gli investimenti, scongiurando la perdita di competitività sul medio periodo».  


Pino Musolino (AdSP Adriatico Settentrionale, Commissario). «Se ci chiamiamo Autorità di Sistema, è perché, dico finalmente, dopo tanti anni, la legge di riforma della portualità italiana ragiona in termini appunto di “sistema”: dobbiamo evitare contrapposizioni campanilistiche che non hanno ragione d’essere. I 16 porti italiani sono i giocatori di una stessa squadra, non dobbiamo essere in competizione tra noi”. Sui Porti di Venezia e Chioggia la questione è l’accessibilità ora che il MOSE è in funzione. “Il MOSE è l’esempio di come talvolta facciamo scelte senza immaginare tutte le conseguenze: Venezia e Chioggia rischiano di essere gli unici porti marittimi al mondo senza accessibilità al mare per molti giorni all’anno. Un problema aggravato dal fatto che la conca di navigazione prevista per ovviare in parte all’isolamento è stata progettata e poi costruita in modo sbagliato. Noi non possiamo abdicare al nostro ruolo storico”.


Sergio Gelain (Interporto Padova, presidente). «Non abbiamo avuto flessioni dei traffici intermodali in questi mesi e questo anche grazie ingenti agli investimenti fatti negli ultimi anni: gru elettriche a portale, binari da 750 metri  automazione degli ingressi stradali e ferroviari al terminal  e speciali software di gestione delle movimentazioni. Le nuove tecnologie danno grandi risultati ma richiedono uno sforzo enorme non solo per gli investimenti necessari ma anche per la formazione del personale». 


Luigi Legnani, (Fercargo, Presidente). «La ferrovia è un sistema complesso  che ha bisogno di infrastrutture adeguate ma la cui efficienza dipende molto anche dalla gestione del servizio come del traffico. Bisogna agire ad esempio sulla normative che devono essere europea, condivise e adottate da tutti, pensiamo sempre ai colli di bottiglia nell’infrastruttura, che ovviamente bisogna eliminare, ma altrettanto penalizzanti sono quelli in ambito gestionale e normativo. E questo riguarda anche manovra, terminal e rotabili ed è per questo che abbiamo creato un Forum Fercargo che li comprende con le loro specificità». 


Emilio Signorini (AdSP Mar Ligure Occidentale, Presidente). «Rotterdam non serve solo l’Olanda e Amazon non consegna solo negli Stati Uniti e dobbiamo quindi imparare a ragionare su orizzonti molto più ampi anche quando pensiamo al nostro sistema logistico.  Un secondo aspetto sul quale pongo l’attenzione, anche perchè noi con l’emergenza ci siamo confrontati purtroppo fin dal 2018 con il crollo del Ponte Morandi a Genova, è che dobbiamo migliorare di molto l’individuazione e la gestione dei rischi: che non vuol dire solo crolli o pandemie ma anche ad esempio effetti sulle rotte dei traffici causati da tensioni geopolitiche o guerre economiche e i rischi dei sistemi informatici».

Giovanni Grande

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