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SETTEMBRE 2020 PAG. 56 - Cosa ci dice l’ultima giurisprudenza


 

Giurisprudenza italiana
La Cassazione assolve in via definitiva Carola Rackete, la Capitana della “Sea Watch”
I giudici di legittimità, con la sentenza pronunciata il 16 gennaio 2020 dalla III Sezione Penale, hanno messo la parola fine alla paradossale vicenda nella quale si è trovata coinvolta la Capitana della “Sea Watch”. Mi limito a richiamare alcuni passaggi della sentenza:
I. Per poter essere qualificata come “nave da guerra”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 239, 2° comma, cod. nav., una motovedetta della guardia di finanza, la quale ha senz’altro natura di “nave militare”,…..deve essere comandata da un ufficiale di marina al servizio dello Stato ed iscritto nell’apposito ruolo degli ufficiali (nella specie, si è escluso che potesse configurarsi il reato di resistenza o violenza contro nave da guerra di cui all’art. 1100 cod. nav….. Non essendovi al comando della motovedetta in questione un ufficiale, bensì un maresciallo – ovvero un sottoufficiale sprovvisto dei requisiti soggettivi richiesti dall’art. 239, 2° comma, cod. nav. – la condotta, sussistendone tutti i presupposti tipici, potrebbe semmai integrare la fattispecie di resistenza a un pubblico ufficiale di cui all’art. 337 c.p.).


II. La condotta del comandante di una nave che, al fine di proteggere l’incolumità di naufraghi precedentemente soccorsi in mare ed accolti a bordo, violi uno specifico divieto di ingresso in porto e urti una imbarcazione della Guardia di Finanza nelle manovre di avvicinamento alla banchina, pur se astrattamente integrante il reato di cui all’art. 337 c.p., è scriminata dalla causa di giustificazione dell’adempimento del dovere: ciò in attuazione dell’obbligo sancito dalla normativa interna e dal diritto internazionale pattizio di prestare soccorso e assistenza a chiunque si trovi in pericolo in mare e di effettuare lo sbarco dei naufraghi in un “luogo sicuro”.


III. Nell’ambito dei doveri di soccorso in mare che gravano sul comandante dell’imbarcazione, il dovere di soccorso non può considerarsi adempiuto con il solo salvataggio dei naufraghi a bordo dell’imbarcazione e con la loro permanenza su di essa, ma comprende altresì lo sbarco degli stessi presso un “luogo sicuro” (place of safety), e cioè in un luogo dove le operazioni di soccorso si considerano concluse, la sicurezza dei sopravvissuti e la loro vita non è più minacciata, le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure mediche) possono essere soddisfatte e può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella destinazione vicina o finale; una nave in mare che presta assistenza non costituisce “luogo sicuro”, se non in mera via temporanea, giacché essa, oltre ad essere in balia degli eventi meteorologici avversi, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone migranti soccorse, fra i quali va incluso il loro diritto a presentare domanda di protezione internazionale.


Imposta regionale sulle concessioni demaniali marittime
La Corte di Cassazione, con la ordinanza del 10 marzo 2020, n.6714, accogliendo la tesi delle Regioni, ha ribaltato il precedente orientamento buttando a mare i concessionari: il presupposto dell’imposta sulle concessioni di beni del demanio non coincide con il fatto oggettivo del rilascio della concessione da parte dell’autorità statale, ma piuttosto va collegato all’utilizzo da parte del concessionario di beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato, assumendo rilievo il fatto oggettivo della relazione materiale concretamente instaurata con la cosa, a prescindere dal titolo che eventualmente, consentendola, rende legittimo il godimento ovvero l’utilizzo.
Va, pertanto, ribadito il principio di diritto per cui “Ai sensi della legge 16 maggio 1970, n. 281, art. 2, comma 1, nonché ai sensi della L. R. Toscana 30 dicembre 1971, n.2, art. 1, comma 1, presupposto dell’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso di beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato inclusi nel territorio della Regione, sono l’occupazione e l’uso assentiti agli stessi, indipendentemente dall’Autorità cui compete il rilascio della concessione (nel caso in questione, l’Autorità Portuale di Livorno).
Invero, è buttato a mare anche il federalismo fiscale.


Giurisprudenza statunitense
Nozione di “safe berth”

La Court of Appeals for the Second Circuit, con sentenza del 28 marzo 2018, ha confermato un indirizzo generalmente consolidato nelle giurisdizioni anglosassoni:
Charterer promised that the “Athos I” would be directed to a location “she may safely get (always afloat)”, a promise known as safe port or safe berth warranty. Such a promise provides, among  other things, “protection against damages to a ship incurred in an unsafe port to which the warranty applies”.
A port is deemed safe where the particular chartered vessel can proceed to it, use it, and depart from it, in the absence of abnormal weather or other occurrences, being exposed to dangers which cannot be avoided by good navigation and seamanship. Whether a port s safe refers to the particular ship at issue, and goes beyond the immediate area of the port itself to the adjacent areas the vessel must traverse to either enter or leave. In other words, a port is unsafe – and in violation of the safe berth warranty – where the named ship cannot reach it without harm.


La Supreme Court of the United States, con sentenza del 30 marzo 2020, ha confermato la sentenza della Court of Appeals:
We conclude that the language of the safe berth clause here unambiguously establishes a warranty of safety, and that the charterer has identified “no reason to contravene the clause’s obvious meaning”. We emphasize, however, that our decision today “does no more than provide a legal backdrop against which future charterparties will be negotiated”. Charterer remains free to contract around unqualified language that would otherwise establish a warranty of safety, by expressly limiting the extent of their obligations or liability.


For the foregoing reasons, we conclude that the plain language of the safe-berth clause establishes a warranty of safety and therefore affirm the judgment of the Third Circuit.
Mi chiedo se “the safe berth warranty” opera anche nella ipotesi in cui “NAASBA (clause) to be allowed in… where it is customery for vessels of similar size, dimensions and draft to safely lie aground….In consideration of above, charterers hereby indemnify the owners from any damage to the vessel in consequence of her lie aground”.


Giurisprudenza inglese Barratry
Merita attenzione la sentenza pronunciata il 14 marzo 2019 2019 dalla Court of Appeal:
Article IV.2(b) was capable of exempting the owners from liability if the fire was deliberately or barratrously caused. The words “fire, unless caused by the actual fault or privity of the carrier” was a phrase whose natural and ordinary meaning was clear. The words excluded  the carrier from liability for fire howver caused, provided it was not caused with the actual fault or privity of the carrier or in breach of its obligations set out in article III.1. The word “fire” contained no implicit qualification as to how the fire was started, whether accidentally or deliberately, negligently or otherwise. Nor was there any implicit qualification depending on who might be responsible for the fire. 


Cargo carried on deck
Le parti avevano sottoposto ai giudici della Queen’s Bench Division – Commercial Court il seguente quesito: “Whether on a true construction of the Bill of Lading the Defenadnt is not liable for any loss or damage to any cargo carried on deck howsoever arising, including loss or damage caused by unseaworthiness and/or the Defenadnt’s negligence.


La Corte, con sentenza del 18 aprile 2019, ha così deciso:
It will therefore be apparent that, for the reasons stated above, I see nothing in the authorities to justify departing from what in my view is a point of construction on which both as a matter of plain language and good commercial sense the Owner is right. As i have shown, the same or similar words of exclusion have been held to be effective to exclude both liability for negligence causing the loss of cargo and liability for unseaworthiness causing the loss of cargo and the logic of the reasoning in those cases is compelling. Words of exemption which are wider in effect than “howsoever caused” are difficult to imagine and, over the last 100 hears, they have become “the classic phrase” whereby to exclude liability for negligence and unseaworthiness.


I accordingly answer the preliminary issue as follows: “ On a true construction of the bill of lading the owner is not liable for any loss of or damage to any cargo carried on deck, including loss of or damage to any cargo carried on deck caused by unseaworthiness of the vessel and/or the owner’s negligence”.


                                                                                                                               Avv. Bruno Castaldo

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