SETTEMBRE 2020 PAG. 36 - Il Grande Gioco nel Mediterraneo Allargato
Compiere un’analisi geopolitica è sempre esercizio di grande interesse, ma di enorme difficoltà determinata dalla fluidità dei processi attuali (la società liquida di baumaniana memoria) e dal fatto che la scienza ideata da Rudolf Kjellen si è ormai definitivamente sviluppata divenendo a geometria variabile, ossia una disciplina straordinariamente elastica che si caratterizza in base alla tipologia di analisi che si prefigge. In pratica, semplificando, possiamo affermare che sarebbe maggiormente corretto parlare di geopolitiche e non geopolitica. Indubbiamente l’analisi si complica notevolmente allorquando l’oggetto d’analizzare è il Mediterraneo nella sua visione attuale, ossia quella Allargata. Una difficoltà non da poco poiché questo mare dall’importanza geopolitica oceanica da sempre è stato il crocevia di culture, di lingue, di religioni e quindi anche di interessi politici ed economici. Basti pensare al fatto che il grande Omero scelse proprio il Mediterraneo come ambientazione per narrare i viaggi dell’astuto Ulisse che nel suo viaggio lungo dieci anni incontrò gli antenati delle attuali popolazioni mediterranee.
Oggi il ‘Mare tra le Terre’ oltre ad essere il trait d’union tra i tre continenti ha un eccezionale valore economico e politico grazie ai recenti lavori di Suez che hanno rilanciato la sua centralità mercantilistica e commerciale. Da qui l’antico Mare Nostrum è tornato ad essere una tra le superfici d’acqua dove si svolgono i maggiori commerci del mondo. Con i recenti lavori di Suez si sta registrando uno stravolgimento epocale, soggetto ed oggetto di accelerazioni storiche destinate a divenire data indice per indicare il passaggio da un’era all’altra: ossia da quella capitalistica Neoliberista a quella capitalistica post-Neoliberista. Questa premessa ci consente di comprendere come mai i tanti paesi rivieraschi dell’antico mare siano al centro delle vicende internazionali e sotto l’attenta lente d’ingrandimento dei mass media mondiali.
Con il rinnovato ruolo da protagonista del Mediterraneo s’è assistito ad una dinamicità politica di assoluto valore che più volte ha messo e presumibilmente metterà in forte crisi gli equilibri mondiali come rilevato dal professor Paniccia nel bell’articolo di agosto. Crocevia di scambi esso è oggetto dell’espansionismo di tutte quelle nazioni che desiderano rilanciare la propria economia e la propria proiezione politica a livello internazionale come la Cina, la Russia, ma anche la Turchia. Naturalmente tali dinamiche sono determinate dall’incapacità dell’Europa di concretizzare una propria strategia navale in primis e Mediterranea in secundis e dalla necessità degli Stati Uniti di trascurare questo quadrante così dinamico per meglio sviluppare una serie di strategie di contenimento dell’espansionismo cinese in Oriente.
La nazione che maggiormente ha dimostrato un attivismo a dir poco straordinario è la Turchia giocando una partita ad ampio raggio che va dal Mediterraneo occidentale a quello orientale. In questa dinamica diviene fondamentale l’aiuto prestato al governo di Tripoli che le ha consentito di consolidarsi anche nel Mediterraneo centrale proiettandosi sino al medio Adriatico grazie al rafforzamento dell’antica amicizia tra Ankara e Tirana rinverdita dal recente accordo militare. È del tutto evidente che il governo del “sultano” Erdogan non è per nulla intenzionato a lasciare alcun tavolo sgombro. Infatti, se da un lato cerca di consolidare la propria posizione nel Medio Oriente lanciando due operazioni militari nel nord dell’Iraq, la Claw-Tiger e la Claw Eagle, per colpire la compagine curda del PKK, tanto da meritarsi il biasimo non solo degli Emirati Arabi Uniti e della Lega Araba tutta, dall’altro in Libia oltre al porto di Misurata estende le proprie mire sull’aeroporto di al-Watiya a soli 27 chilometri dal confine tunisino.
Richieste pressanti che iniziano ad appannare il prestigio del partito filo turco a Tripoli. A questo punto è bene ricordare che il 25 dicembre del 2019 Erdogan con il suo Stato Maggiore si è incontrato a Tunisi con il neo eletto presidente Kais Saied con il quale ha stretto rapporti economici e politici di un certo interesse. Erdogan già nel 2018 firmò ben sette accordi di collaborazione tra Algeria e Turchia di cui il più interessante è quello sugli idrocarburi tra la compagnia energetica algerina Sonatrach e le due società turche Ronensas e Bayegan. Che l’azione politica turca si sviluppi a trecentosessanta gradi è del tutto evidente se pur focalizzandosi maggiormente sul settore energetico.
La proiezione turca sui paesi nord africani tende a controllare e condizionare le forniture energetiche dirette verso la Vecchia Europa. Ankara dispone di un gasdotto, il TurkStream, che si snoda dal Mar Caspio fino alla penisola balcanica. L’idea è quella di rendere dipendente l’Europa dal gas turco-russo a nord con i due gasdotti russi NorthStream I e II e a sud con quello turco-russo. Per tale motivo l’anno scorso il governo di Ankara ha provveduto a determinare la propria ZEE (Zona Economica Esclusiva) con la Libia (su questo tema si legga l’esaustivo articolo dell’ammiraglio Caffio su Analisidifesa del dicembre 2019). Questa porzione d’acqua esclusiva taglierebbe in due il Mediterraneo levantino isolando le coste egizio-israeliane da quelle greche impedendo così la realizzazione del gasdotto EstMed che si trova a nord delle acque di queste due nazioni e che dovrebbe passare per Cipro e le isole greche sino a giungere in Puglia. Da qui l’annosa controversia con la Grecia la quale per risposta si accorda con l’Egitto, partner economico insieme a Cipro, Israele e l’Italia, per la determinazione della ZEE greco-egiziana.
L’attuale crescente tensione nel mediterraneo dipende proprio da questi contrasti che difficilmente troveranno soluzioni semplici ed immediate. Ankara può contare sull’aiuto russo e sulla benevolenza tedesca. Proprio la Germania della Merkel è intervenuta nella vexata quaestio proponendosi come mediatore, pur assumendo una posizione filo turca. Anche dal punto di vista commerciale e mercantilistico la Turchia si sta muovendo dimostrando una eccletticità notevole e mai vista prima nella sua storia. L’interesse per il porto di Taranto va in questa direzione. La concessione alla Ylport ha consentito alla compagnia turca d’attirare la sua compartecipata, la CMA-CGM che tra l’altro ha sede a Marsiglia. Per cui si comprende come anche a livello mercantilistico e commerciale la Turchia stia manovrando con eccezionale eccletticità cercando di consolidarsi dal Mediterraneo occidentale fino all’orientale e penetrando anche in Adriatico sfruttando un asse verticale composto da Misurata, Taranto e gli investimenti in Albania. Basti pensare all’acquisizione di pacchetti azionari di importanti istituti bancari albanesi e l’acquisto del 49% della compagnia di bandiera nazionale aerea operata dalla Turkish Air Lines. Indubbiamente l’Italia può ancora giocare un grande ruolo nel Mediterraneo come ricordato dall’ammiraglio Caffio nell’intervista su Porto&Interporto di agosto dal titolo ‘Il Mediterraneo, il ruolo italiano sul futuro dei suoi equilibri’, ma di certo è molto chiaro che stiamo assistendo ad un vero e proprio conflitto economico di portata mondiale. E come sosteneva Vegezio: “Si vis pacem para bellum”.
Alessandro Mazzetti