GIUGNO 2020 PAG. 20 - Covid, ripensare le aree di interazione tra porti e città
La visione spettrale delle aree passeggeri dei porti italiani nel periodo di lockdown esprime meglio di ogni discorso l’impatto della pandemia rispetto alla normalità cui eravamo abituati. Gli scenari di desolazione degli scali storici italiani, laddove si intersecano attività marittime e cittadine, hanno amplificato l’effetto, dando la misura non solo delle drammatiche conseguenze economiche ma più in generale della rottura di uno scenario generale dato per scontato. “L’emergenza ha accelerato tutta una serie di fenomeni rivelando sia i punti deboli del sistema marittimo sia di quello urbanistico. Ne è emerso un quadro di scarsa resilienza, caratterizzato da diseguaglianze e squilibri su cui bisognerà riflettere a fondo, anche alla luce del rischio di una seconda ondata della pandemia”. Riflessione, monitoraggio, registrazione dei cambi di scenario che Massimo Clemente, membro del Comitato di Gestione dell’AdSP del Mar Tirreno Centrale e direttore scientifico dell’associazione RETE, declina mettendo sotto la lente il rapporto, sempre complicato, tra città e porti.
Cosa suggerisce l’analisi del fenomeno Covid rispetto al rapporto citta-porti?
È ancora presto per trarre conclusioni. Come RETE abbiamo in corso un monitoraggio continuo a livello internazionale per individuare i cambiamenti più rilevanti. Attraverso una serie di webinar abbiamo registrato una serie di tendenze, ora stiamo ragionando su un seminari conclusivo anche per individuare azioni da proporre. Di certo il modello della crescita costante, della quantità che supera la qualità ha mostrato tutti i suoi limiti.
Quali potrebbero essere possibili proposte da avanzare?
Ripensare le aree di interazione tra porti e città, alla luce delle problematiche emerse in questi mesi. Un’idea potrebbe essere lo sfruttamento degli spazi portuali, ovviamente quelli non funzionalmente dedicati alle attività marittime, per garantire ulteriori spazi pubblici aperti alla cittadinanza. Deserte nel momento più acuto dell’emergenza queste aree potrebbero essere utilizzate per allentare la tensione del distanziamento sociale. È un tema che come RETE stiamo studiando insieme ad AdSP e Regione.
Il porto di Napoli ha le caratteristiche per cogliere questo obiettivo?
In generale il masterplan dello scalo, per quanto concerne questo aspetto, va già nella giusta direzione. Le ipotesi progettuali che ridisegnano il waterfront, dal San Vincenzo a Calata Porta di Massa, mirano a un rinnovato rapporto tra scalo e tessuto urbano. Bisognerebbe, però, ritornare su alcune aree e lavorare per parti, per evitare una loro sottoutilizzazione o uso limitante. Faccio un esempio: non è decisamente il massimo avere dei parcheggi piazzati nel centro di Napoli, in prossimità di edifici importanti come i Magazzini Generali o l’Immacolatella Vecchia, di cui peraltro il restauro è quasi completato.
Un discorso che vale anche per il versante orientale del porto?
Certo. Il modello di collaborazione tra soggetti istituzionali attivato per il waterfront, cito la concertazione in atto per il recupero del San Vincenzo, deve servire per attivare processi virtuosi anche in quell’area, dove, peraltro, lo sviluppo di un polo di ricerca e alta formazione sta già riqualificando un’area degradata. La vera sfida, completata la Darsena di Levante, è quella di pensare e proporre interventi di riqualificazione in grado di superare il distanziamento tra quella parte di città e il mare. Già a partire da settembre bisognerà intraprendere con l’AdSP un dialogo forte con la popolazione di San Giovanni. L’uso creativo dell’ex area industriale con l’insediamento dei laboratori del San Carlo è un esempio della direzione in cui procedere.
Si parla sempre troppo poco dell’impatto urbanistico delle ZES…
Come elemento di pianificazione territoriale le ZES non possono essere considerate solo ed esclusivamente dal punto di vista economico. Sono iniziative che creano polarizzazioni sul territori, effetti gravitazionali molto ampi che implicano compensazioni e riequilibri rispetto a ciò che rimane fuori dalle delimitazioni degli spazi. Anche in questo caso bisogna sforzarsi di vedere le cose nella loro complessità e non per elementi separati. Quello che dovrebbe essere fatto quando si pensa alle città e ai loro porti.
G.G.