GIUGNO 2020 PAG. 16 - Riforme urgenti per le nuove sfide
Le dinamiche politiche spesso risultano essere di difficile comprensione e non sempre condivisibili. Il dato assolutamente paradossale è che oggi queste difficoltà sono totalmente inesistenti nella nostra penisola. L’impossibilità che si verifichino tali incomprensioni non è determinata da un sapiente esercizio ermeneutico della nostra classe dirigente o da dotti ed esaustivi trattati sulla politica, ma dalla totale assenza di quest’ultima nello scenario governativo nazionale. Con sorprendente chiarezza, negli ultimi giorni si è concretizzato uno scenario che va ben oltre l’immaginazione della più spregiudicata opera surrealista. Come si può comprendere, interpretare e commentare qualcosa che non esiste? Anche in questo senso la storia ci da spunti interessanti ricordandoci quando agli inizi del quattordicesimo secolo il re di Francia Filippo il Bello fece processare post mortem il Papa Bonifacio VIII. È proprio da questo processo che nacque il famoso adagio popolare “interrogato il morto non rispose”. Volendoci avvicinare temporalmente ai giorni nostri un altro termine di paragone lo possiamo trovare in quel capolavoro cinematografico diretto da Camillo Mastrocinque dal titolo “Totò Peppino e la malafemmina” del 1956. Infatti parafrasando l’immortale Totò possiamo sostenere senza timore di smentita che “in Italia la politica c’è, ma non si vede”. Un paradosso che coglie con spietata forza e concretezza la triste realtà nazionale degna di essere rappresentata da Sofocle in una delle sue tante tragedie greche. Nella concretezza surreale del nostro presente siamo passati brevemente dall’assenza di politica ad un decreto fantasma. Un opera ciclopica d’ingegno ed intelletto che è annoverabile tra i capolavori di ars politica pleonastica. Infatti sono riusciti a creare un copiosissimo decreto di oltre trecento pagine e forte di ben 266 articoli per scontentare tutti (se non i venditori di monopattini) e non aiutare nessuno. Insomma un capolavoro politico paragonabile solo alle opere di fantascienza di Isaac Asimov o di Philip Dick. Per cui, in questa fiera del surreale, non sorprende la totale assenza di misure importanti per la salvaguardia e la sopravvivenza di un settore così vitale per la vita economica italiana come il cluster marittimo. Paradossalmente si è passati dal sostegno per l’acquisto di monopattini con 120 milioni (totalmente inutile per i lavoratori in provincia e pendolari) al supporto al trasporto aereo (con la fetta maggiore destinata al sostentamento della compagnia di bandiera) mentre nulla si è pensato per il cluster marittimo nazionale che non ha potuto neanche godere di politiche di sgravi fiscali. La mancanza di cultura marittima da parte della nostra classe dirigente segna definitivamente il passo per il nostro futuro. Infatti non è certo un segreto che mentre tale comparto nazionale è sprofondato nell’oblio, gli altri paesi, non solo europei, hanno provveduto ad intervenire economicamente in modo energico per sostenere il comparto marittimo. Per cui oltre ad essere state abbandonate, le aziende italiane si troveranno a dover fronteggiare una concorrenza internazionale, non solo agguerrita, ma che sicuramente sarà riuscita a mantenere posizioni commerciali e di mercato competitive grazie a sapienti strategie economiche di aiuti nazionali. Un quadro preoccupante vista la totale ed indiscussa dipendenza dell’intero sistema paese italiano dal mare. Ora sarebbe a dir poco banale ricordare che l’Italia dipende per il 90% dalle forniture via mare, che ha oltre 7000 km di coste, che importanti città si affacciano sui mari, rammentare la sua posizione geografica. Intendiamoci tutte cose assolutamente vere, ma che da sole non sono sufficienti a sviluppare una seria ed efficiente politica di strategia marittima. Spesso si è detto, a buon ragione, che proprio grazie alla sua posizione geografica l’Italia sarebbe stata la naturale piattaforma logistica nel Mediterraneo, ebbene questa affermazione non è del tutto vera, poiché per far ciò il sistema paese abbisogna di un serio e complesso sviluppo infrastrutturale teso a potenziare il sistema logistico nazionale che sia in grado non solo di riunire Aosta a Siracusa, ma anche queste a Bergen, Minsk e Lisbona. Insomma una vera e propria strategia nazionale che leghi tutto il comparto marittimo a quello logistico nazionale e internazionale. Anche in questo senso la storia ci viene in aiuto allorquando durante il secondo conflitto mondiale si considerava erroneamente l’Italia una portaerei nel Mediterraneo. Solo dopo ben due anni di guerra, ossia quando si comprese che bisognava sviluppare meglio e di più l’aeronautica, giunsero alcuni frutti, ma era già troppo tardi per incidere sul secondo conflitto mondiale. Quindi nel secolo della Blue Economy caratterizzato da una situazione commerciale e politica assolutamente liquida, tanto da valicare le stesse geniali teorie del sociologo Bauman, la “geografia (non ndr) è più destino” come sostenne Napoleone se non adeguatamente supportata da strategie illuminate di lungo periodo. Per cui necessita riportare al centro del dibattito politico nazionale la centralità del tema Trasporto e del tema Mare come condizioni imprescindibili per il nostro futuro. È assolutamente palese che anche con poderosi aiuti economici quest’impresa sarebbe assai ardua figuriamoci senza. Una certa dose di preoccupazione è lecita se consideriamo che le proposte fatte da Assoarmatori, Confitarma e Alis, le quali prevedevano almeno la riduzione della pressione fiscale, sono state tutte disattese ed inascoltate. Un interessante ventaglio di proposte tutte fattibili e concretizzabili che non prevedeva esborsi economici come: riduzione del costo del lavoro per il periodo pandemico; riduzioni dei costi d’approdo; una decontribuzione per il 2020 o la permeabilità per l’imprese che hanno mantenuto inalterato il livello occupazionale. Insomma sono state fatte scelte stravaganti e dannose poiché mentre si potrà gironzolare su di un monopattino per spostarsi in città tutto il cluster marittimo, vero pivot dell’economia e della logistica nazionale, è stato lasciato solo ad affrontare le tante nuove sfide del commercio internazionale. Una posizione non certo invidiabile se si considerano i molteplici mutamenti tecnologici, politici e commerciali. Infatti la tecnologia spinge all’impiego del NGL con una conseguente rivoluzione della propulsione navale mentre l’impiego di satelliti consentirà a breve la navigazione senza radar, tutti elementi che esemplificano la necessità di cospicui investimenti. È bene sottolineare come l’impiego massiccio del Natual Gas Liquid sconvolgerà anche le economie dei tanti paesi che avevano fatto dell’oro nero il loro pilastro economico costringendoli a cospicui investimenti proprio nei settori logistici e del trasporto che aumenterà notevolmente la concorrenza internazionale a danno dell’imprese nazionali incapaci di rispondere a tale situazione con altrettanti investimenti. La fluidità internazionale certo non tranquillizza gli operatori, basti pensare ai tanti alterchi per la realizzazione delle ZEE che comporterà una radicale trasformazione del diritto di navigazione e quello internazionale. L’Italia al centro del Mediterraneo dovrà difendersi dalle mire e rivendicazioni, algerine, tunisine, libiche, francesi, maltesi, greche, slovene, dalmati, montenegrine, bosniache e croate. In pratica proprio la centralità mediterranea del Belpaese sarà oggetto di innumerevoli alterchi internazionali che rischieranno di danneggiare un settore così vitale, ma anche così abbandonato come quello del trasporto navale e di tutta la rete logistica. Oltre alla mancanza di una vera cultura marittima e navale governativa dobbiamo registrare l’inefficienza del sistema ZES realizzatosi in Italia troppo frammentato e privo di una vera e propria spinta propulsiva. Per cui sarebbe desiderabile e preferibile realizzare un ufficio di rilancio economico strategico che tendesse ad eliminare la concorrenza tra porti italiani specializzandolo facendo nascere vere e proprie economie di scala interportuali potenziando in modo coerente la rete infrastrutturale nazionale attuando un’indispensabile alleggerimento normativo-burocratico. Piaccia o meno siamo in piena guerra economica come ben evidenziato dai tanti studi del prof. Paniccia della Scuola di Guerra Economica e Competizione Internazionale. Allora è bene ricordare la locuzione latina attribuita a Vegezio secondo la quale è sempre preferibile: “Si vis pacem para bellum”.
Alessandro Mazzetti