APRILE 2020 PAG. 20 - Tavilla: “La formazione è ancora considerata come un costo”
«Su cento cose che hai intenzione di dire normalmente riesci a trasmetterne settanta. Di queste ultime l’interlocutore ne ascolta cinquanta e ne capisce trenta. Alla fine ne ricorda una ventina e, sul lungo termine, più o meno cinque. La capacità di trasmettere valore aggiunto sta nel partire da questo paradigma e comunicare chiaramente quelle cinque cose fondamentali». Manuel Tavilla, presidente di Aniformar, associazione che riunisce innumerevoli centri di formazione nel settore marittimo, dedica un’attenzione maniacale agli aspetti “tecnici” della professione. A quella che definisce la «formazione dei formatori». «Il buon formatore è diverso dall’esperto. Mentre quest’ultimo salvaguardia la sua professionalità, comunicandola, noi dobbiamo mettere a disposizione la nostra esperienza agendo in un ambito specifico: tra scuola e formazione di adulti esistono differenze sostanziali».
Quali?
Nel primo caso hai a che fare con personalità più predisposte ad essere plasmate, i concetti vengono metabolizzati con grande facilità. Nel caso di un adulto bisogna invece considerare l’esperienza pregressa che fa da pietra di paragone rispetto a quello che stai comunicando. Solo se da questo raffronto le informazioni risultano utili vengono assimilate. Per trasmettere competenza bisogna conoscere gli attrezzi del mestiere. Tenere conto anche delle tecniche di comunicazione: postura, controllo delle luci, posizionamento. Nulla è scontato.
Rispetto a questo ritratto quale è il livello del settore in Italia?
Poche eccellenze e per un motivo semplice. La formazione è ancora considerata come un costo. La domanda giusta da porsi dovrebbe essere: “quanto mi rende?”, perché avere un equipaggio che sa operare nel modo appropriato è un vantaggio competitivo. Non bastano solo conoscenza e competenza, ovvero sapere cosa fare e saper farlo, ma anche il comportamento: cioè farlo nel momento giusto.
Cosa manca?
La consapevolezza che il mondo della formazione può rendere più competitivo il cluster marittimo. I formatori andrebbero selezionati in modo più logico, puntando più sulle competenze che sugli attestati. Soprattutto andrebbe un po’ allentata l’impostazione rigida con cui si gestisce il sistema. Servirebbe un maggior coinvolgimento con le istituzioni di riferimento. Magari regole più stringenti in fase di riconoscimento ma anche una maggiore flessibilità operativa, nel reciproco rispetto dei ruoli.
Come vede il futuro del settore?
La situazione in seguito alla pandemia da Coronavirus è grave. L’orizzonte più ottimistico per la ripresa delle attività è l’inizio di settembre, con tutte le difficoltà che questo comporta per lavoratori diretti e indiretti, circa 650, che gravitano attorno alle aziende aderenti ad Aniformar. Una soluzione potrebbe essere l’implementazione dello smart working su cui abbiamo fatto una specifica proposta al Comando Generale della Capitanerie di porto da cui dipendiamo in materia.
Cosa proponete?
Concedere l’autorizzazione ad erogare almeno i corsi teorici in modalità online. Stiamo discutendo se dotarci di un’unica piattaforma di riferimento come Aniformar o se lasciare ad ogni affiliato libertà di scelta. Ad ogni modo chiediamo il riconoscimento ufficiale della parte di formazione effettuata in e-learning mentre, per la parte pratica, anche in virtù delle esigenze di diradamento sociale, le sedute si potrebbero tenere nel centro del nostro network geograficamente più vicino alla residenza dei marittimi. questo ci permeterebbe di risolvere gli arretrati in un lasso di tempo ragionevole. Vorremmo che la nostra proposta fosse presa in considerazione, magari organizzando un tavolo di lavoro comune con tutti i soggetti della filiera.
G.G.