FEBBRAIO 2020 PAG 24 - Costruire una “catena logistica” delle decisioni
Il futuro non si aspetta, va modellato. «Per evitare di prendere schiaffoni va costruita una “catena logistica” delle decisioni. Basata su dati scientifici, analisi precise, idee strategiche. Bisogna capire in che direzione andare perché muoversi per muoversi non ha senso. Sotto questo aspetto l’ultimo studio commissionato dall’AdSP rappresenta una novità assoluta: uno strumento efficace per effettuare analisi replicabili nel tempo ed esportabile negli altri scali italiani. Ad esempio, il luogo naturale per confrontare in maniera dialettica informazioni di questa natura sarebbe la Conferenza dei presidenti: potremmo aiutare il ministro in maniera fattiva nelle scelte di lungo periodo». Pino Musolino, presidente dell’AdSP del Mar Adriatico Settentrionale crede nella necessità di un processo di adattamento continuo, nella messa in rete di competenze e conoscenze per fare dei porti il driver del cambiamento. Anche per quanto riguarda i nuovi modelli di economia circolare. Non più posti dove spostare merce da un punto all’altro ma veri e propri “hub territoriali e sociali” in grado di gestire i processi. Una convinzione confermata dalle cifre della ricerca “L’impatto economico e sociale del sistema portuale veneto” e dalla consapevolezza, rispetto alle difficoltà del presente, della resilienza del territorio e delle sue infrastrutture. «Abbiamo superato la crisi di Marghera negli anni ottanta ripensandoci, possiamo affrontare la sfida partendo da quello che già abbiamo. Come porto industriale possiamo contare su ampi spazi e su quattro elementi essenziali: un hub strategico multimodale, un complesso produttivo alle spalle, servizi logistici aggiunti, il terziario avanzato. Anche Chioggia, con i dragaggi e la sua specificità, può contribuire in misura crescente alla competitività del sistema. Attraverso, soprattutto, una pianificazione da effettuare a vari livelli: compresa quella delle banchine i cui processi operativi vanno governati sfruttando efficientemente l’esistente».
Ma gli enti portuali hanno gli strumenti adatti per perseguire l’obiettivo?
Certo. Nella misura in cui non sono immobilizzati dalla mancanza dell’ennesima autorizzazione o dalla non risposta di questa o di quella amministrazione. Gli strumenti ci sono ma prima ancora di questi vengono le idee strategiche. A volte non servono rivoluzioni copernicane ma solo analisi efficaci a monte per capire le ricadute delle scelte. O delle non scelte.
Un discorso che vale anche per l’Europa?
A maggior ragione oggi, nel momento in cui si sta discutendo della revisione delle Ten-T e della ripartizione del CEF 2. Il 2023 non è lontano e non possiamo pretendere che gli altri facciano i compiti per noi. Bisogna partecipare ai tavoli e fare proposte. Perché, ad esempio, il Corridoio Baltico-Adriatico non prosegue fino a Ravenna ed Ancona? Perchè da Paese leader delle “autostrade del mare” non chiediamo l’allargamento delle MOS anche alle realtà transfrontaliere del Caucaso e del Nord Africa? In termini di sostenibilità sarebbe un vantaggio per tutta l’Europa e sono certo che molti paesi ci seguirebbero.
E sulla composizione del CEF?
Vanno allocati più di 36 miliardi e nella versione precedente si è registrato un forte sbilanciamento sui progetti lato terra. L’Italia, con il suo enorme sviluppo costiero, ha tutte le carte in regola per avanzare proposte alternative. Magari giocando un ruolo regionale, all’interno del Mediterraneo, di integrazione con il nord Europa.
Quanto peserà l’esclusione di Venezia dallo scalo diretto di Ocean Alliance? Con l’accordo sui feederaggi, a livelli di TEU, non registreremo grossi problemi sul breve-medio termine. In tempo, quindi, per la chiusura prevista per i lavori di dragaggio. In generale, siamo avvantaggiati dalla natura multipurpose del sistema portuale, che ci permette di mitigare meglio la flessione dei diversi settori merceologici.
Per i progetti alternativi futuri o futuribili?
L’industria ha bisogno di terra e la ricerca di fondale va coniugata con la percorribilità economica. Un eventuale sistema offshore credo vada concepito costruendo piattaforme collegate alla terra per evitare la rottura di carico. Bisognerà verificare se il territorio è pronto ad abbracciare soluzioni del genere.