GENNAIO 2020 PAG. 34 - L’Isola che non c’è. Il sistema ZES e il pasticcio tutto italiano
Non v’è dubbio alcuno che il mondo della navigazione marittima e del commercio stia mutando a velocità impensabili sino a qualche tempo fa. Naturalmente tali mutamenti assumono un carattere assolutamente dirompente anche nella politica - economica e in quella estera rese da questi molto più fluide e per taluni versi difficilmente decodificabili. In fondo non poteva essere altrimenti nel secolo della Blue Economy il quale s’innesta in un sistema neoliberista dove il commercio, in tutte le sue sfaccettature, è indubbiamente l’elemento di maggior importanza. Per cui l’assioma neoliberismo-shipping-politica internazionale se da un lato assume un valore d’eccezionale importanza dall’altro manifesta la sua sensibilità a fattori sia endogeni che esogeni. Infatti sono bastati i lavori del canale di Suez per imprimere mutazioni poderose non solo al sistema del trasporto internazionale, ma anche a quello politico. Basti pensare all’ecletticità e alla fluidità sviluppatasi in tutto il Mediterraneo e alle conseguenti necessità, insieme ad altri fattori, di accelerare il consolidamento delle rotte artiche. Per cui Suez, Belt and Road Initiative e le rotte artiche hanno agito come elementi di accelerazione commerciale, economica e politica tanto da determinare una considerevole diversità dallo stesso sistema neoliberista che sarebbe più opportuno chiamare, da Suez in poi, post-neoliberista. In questo complesso quadro le nazioni e le potenze che non si adegueranno alle nuove esigenze saranno condannate a svolgere ruoli sempre più marginali financo a raggiungere posizioni residuali. Un altro elemento di assoluto interesse, che traccia una linea di discontinuità con il passato, è il nuovo ruolo della logistica, non solo nel comparto commerciale e del trasporto, ma anche come vera e propria leva o elemento di pressione in politica estera. Insomma tutta una serie di sfide che l’Italia con le sue lunghe coste, con la sua industria navale d’eccellenza, ma soprattutto con le sue grandi capacità marittime storicamente provate è chiamata ad affrontare. Una sfida poderosa che potrebbe portare al rilancio non solo economico italiano, ma anche politico a livello internazionale. Infatti in questi anni qualcosa s’è fatto nella direzione di rimanere al passo con i tempi con l’istituzione e la realizzazione delle ZES, ossia delle zone economiche speciali (D.L. 91/2017). Per semplificare diremo solamente che sono una sorta di zone franche a legislazione speciale suddivise in aree geografiche chiaramente identificabili tese all’organizzazione, sviluppo ed incremento del commercio. Una struttura organizzativa e commerciale che è stata pivot dello sviluppo economico in molte aree del mondo e per molte realtà politico-economiche emergenti come la Cina, la Russia e la Turchia. Le Zes quindi divengono elementi e volani di sviluppo. Per cui in generale esse sono elementi indispensabili per rimanere in linea con l’economia e lo sviluppo contemporaneo. Allora per quali motivi la realizzazione e la prolificazione delle Zes in Italia non ha ancora dato i frutti sperati? La risposta vive, paradossalmente, proprio nella domanda. Infatti le Zes non sono degli organismi autonomi, ma delle strutture che si interconnettono ad altre strutture preesistenti. La realizzazione di queste zone economiche risponde quindi ad esigenze non solo locali o regionali, ma soprattutto nazionali o meglio internazionali. Per cui l’assenza di un vero piano di sviluppo nazionale che prevede l’inserimento e l’utilizzo di questo prezioso strumento ne inficia naturalmente il rendimento. In sintesi, per semplificare, le Zes sono un mezzo e non un fine. Ebbene sostenendo che sono strutture complesse che si interconnettono ad altre strutture complesse, non si fa altro che prendere coscienza del fatto che il mondo commerciale e quello del trasporto è divento una realtà altamente complessa dove l’innovazione tecnologica, la logistica e la programmazione su vasta scala sono elementi indispensabili per l’ottenimento dei risultati sperati. In sintesi oggi le zone economiche sono sistemi indispensabili, ma non sufficienti per affrontare le nuove sfide commerciali. Per renderle veramente operative esse abbisognano di due precondizioni indispensabili, ossia, una strategia centralizzata multidisciplinare che dal locale vada al nazionale per immettersi nel contesto internazionale e la connessione ad un sistema interconnesso del trasporto funzionale in linea con le esigenze attuali. È proprio per tali motivi che al momento le Zes italiane sono condannate a rendimenti residuali appunto per la mancanza di una strategia nazionale e per lo scarno sviluppo infrastrutturale italiano che nel Mezzogiorno d’Italia vive grandi deficit strutturali. Per cui tali infrastrutture divengono essenziali non solo per un mero principio di competitività, ma esse sono anche un fattore di crescita in un’ottica d’integrazione e di sviluppo delle attività economiche. Necessita, quindi una visione globale di reti interconnesse tra loro che superi la mera applicazione provinciale e nazionale. In pratica una visione di respiro internazionale che inibisca l’atavica abitudine italiana di agire solo in base ad esigenze locali determinate dall’emergenza del momento. Anche qui una mera strategia nazionale dei porti e delle ZES risulterebbe del tutto insufficiente, poiché questa deve essere naturalmente accompagnata dal potenziamento delle reti di trasporto. Reti che vanno accresciute e realizzate in base ad un piano ben preciso teso ad intercettare il traffico internazionale, aumentare le economie di scala non solo industriali, ma anche interportuali al fine d’essere competitivi sul mercato mondiale dove potenze economiche quotidianamente investono ingenti somme di denaro più simili a manovre economiche che a meri investimenti. Per cui le Zes divengono, sia punto di partenza del commercio, ma anche punto d’arrivo di una rete interconnessa appositamente studiata. Quindi un’analisi non può prescindere dalla valutazione infrastrutturale dei trasporti. Proprio su tale importantissima questione nascono le dolenti note poiché i parametri italiani, ma soprattutto meridionali, sono decisamente bassi e non corrispondenti non solo alla media europea, ma anche alle moderne necessità. Per cui se andiamo ad analizzare la rete infrastrutturale italiana nel suo complesso troveremo che il sud possiede solo 18 Km di autostrada per 1000 Km di strade in confronto ai 20 Km del centro e ai 30 Km del Nord (Germania 36 Km di autostrada per 1000 Km di strada). Ma il dato più preoccupante è determinato dalla mancanza di crescita della suddetta rete autostradale mentre in altri paesi europei questa cresce in modo costante già da diverso tempo come in Spagna 5,1% annuo e Danimarca 2,6%. Anche la rete ferroviaria risulta essere poco coerente con le nuove necessità del trasporto moderno e anche in questo campo il divario nord e sud è del tutto evidente (45 Km di strada ferrata per 1000 Km di strade a confronto con i 59 Km del centro ed i 65 Km del Nord). Un ritardo, per così dire, che si acuisce se si confronta con l’elettrificazione della rete che vede quella del sud raggiungere una modesta quota del 50% a cospetto dell’80% del centro-nord. Anche nella presenza della rete a doppio binario l’Italia, nel suo complesso, ha un ritardo nei confronti delle altre nazioni europee. Tale divario aumenta naturalmente nel rapporto centro-nord con una copertura che va oltre il 60% ed il sud con il suo 51%. Anche nel trasporto aereo vivono delle consistenti disparità e difformità tra nord centro e sud, così come nel suo complesso il sistema aeroportuale nazionale risulta anch’esso essere sottodimensionato in confronto alla media europea. Un piano di sviluppo organico nazionale ed il potenziamento del trasporto commerciale via aerea concorrerebbe a rendere coerente una strategia economica e commerciale in linea con le esigenze attuali. Naturalmente in questa dinamica assume grande importanza anche il cablaggio della rete internet, la quale non è per nulla uniforme su tutto il territorio nazionale. Proprio al sud questa deve essere potenziata e sviluppata viste le numerose e considerevoli zone d’ombra presenti sul territorio del nostro Meridione. Da qui bisognerà realizzare tutta una serie di strategie fondamentali per abbattere i tempi di percorrenza dell’accessibilità alle reti interconnesse, elemento quasi dimenticato dalla nostra classe dirigente, ma di fondamentale importanza sia industriale che commerciale. Solo dopo aver approntato un piano generale e nazionale sull’interconnessioni e potenziamento delle reti intermodali di trasporto e solo dopo la realizzazione strutturata ed intelligente di una rete d’interporti, vero tonico per l’economia depressa dell’entroterra italiano, si potrà realmente mettere mano ad un piano portuale teso ad eliminare la storica ed atavica concorrenza tra porti italiani. Tale studio, se condotto con lucidità, coerenza e lungimiranza dovrà non solo impedire che i porti si facciano concorrenza tra loro, ma specializzandoli potrebbe far nascere una sorta d’economia di scala interportuale creando quei benefici che queste portano alla produzione e alla commercializzazione dei prodotti nell’economia classica o tradizionale. Ma per far ciò il piano, per sua natura, dovrà essere nazionale e fortemente interconnesso con il commercio internazionale. In questa dinamica proprio quella sorta di strano regionalismo che si sta pian piano determinando con la realizzazione delle varie Zes dovrà necessariamente scomparire. Quindi per propria natura dell’argomento sarebbe auspicabile la nascita di un’agenzia che dotata delle competenze necessarie non solo studiasse i piani programmatici di queste esigenze, ma che avesse anche l’autorità per la messa in opera di tali studi. In un mondo sostanzialmente dominato dal commercio internazionale e da quello marittimo in specie questa via assume più i toni d’indispensabilità che di quelli dell’opportunità. Allo stato attuale le Zes italiane si configurano come piccoli dipartimenti autonomi scarsamente connesse tra loro senza un piano generale. Il perdurare di questo stato di cose non potrà altro che far scomparire il sistema nazione e quello imprenditoriale italiano dalle rotte internazionali, condannandoci ad un ruolo marginale non solo economico, ma anche politico. Una semplice riprova di quanto affermato la si riscontra nell’enorme valore politico, ma sarebbe più opportuno parlare di geopolitico, che le reti logistiche nelle loro specializzazioni, ma anche nel loro complesso, assumono attualmente come proiezioni dinamiche esterne. Per semplificare il passaggio alla realizzazione di una sorta di unica Zes Italia, studiata, ragionata e realizzata sulle basi delle nuove esigenze del mercantilismo mondiale diviene l’unica via perpetrabile. Il Belpaese ha sia le energie economiche, la conoscenza scientifica, la capacità tecnica oltre che ad una struttura imprenditoriale capace di poterla realizzare, ora bisognerà solo comprendere se ci sarà la volontà politica per farlo. Parafrasando la locuzione latina ‘si vis pacem para bellum’ dobbiamo prepararci alla guerra economica in corso per ottenere la sopravvivenza e la pace economica per il nostro paese.
Alessandro Mazzetti