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DICEMBRE 2019 PAG. 78 - La capacità di attrazione dei siti archeologici







I siti archeologici sono i “Luoghi della Cultura” leader per capacità di attrazione di turisti in Italia: è quanto emerge dalla ricerca “Patrimonio archeologico e turismo”, preannunciata a novembre alla Bmta di Paestum. Lo studio, presentato da Gavino Maresu, già docente di Gestione delle imprese e degli eventi turistici dell’Università di Genova, incrocia i dati provenienti da varie fonti quali l’indagine Istat 2017, una ricerca di Bankitalia e le statistiche diffuse dal Mibact. Dall’analisi dei dati emerge la leadership e la capacità di attrazione degli istituti di carattere archeologico rispetto a tutte le altre tipologie, seppure l’indagine sottolinei alcune difficoltà statistiche, a partire dalla “volatilità” di alcuni dati discordanti tra una rivelazione e l’altra che vertono addirittura sulla consistenza del patrimonio archeologico, con il risultato che nel 2019 non si conoscono ancora il numero esatto dei “Luoghi della Cultura” in Italia. “Nessuno sa chi siano i visitatori, da dove provengono, quali sono state le motivazioni che li hanno spinti a visitare il museo - spiega Maresu -  da dove e come hanno attinto le informazioni e i suggerimenti, che grado e tipo di soddisfazione o insoddisfazione hanno ricavato dalla visita e perché, che carenze o difficoltà hanno riscontrato nella visita. Tutte questioni totalmente ignorate nella pratica e nelle strategie di gestione e marketing management del nostro patrimonio culturale e quindi nella sua valorizzazione”.

La ricerca evidenzia il limite delle indagini sull’economia e sugli indotti generati dalle visite dei turisti nei luoghi della cultura. Sull’impatto economico generato dal movimento dei visitatori, infatti, ci si deve “accontentare” della sintesi dei dati riportati elaborati dall’Istat riferiti al 2017, in cui si mette in relazione il numero di arrivi di turisti negli esercizi ricettivi alberghieri ed extralberghieri nei primi 50 comuni considerati di maggiore attrazione. La ricerca fotografa comunque una interessante curiosità: a Pompei ci sarebbero 134.506 visitatori per ogni mille abitanti, a Sirmione 67.665, a Taormina 74.242, a Capaccio/Paestum 39.736, a Calatafimi/Segesta 48.949.  “La capacità ricettiva di questi Comuni - spiega ancora Maresu - è di gran lunga minore rispetto alle capacità di attrazione e di interesse che suscita il loro patrimonio archeologico e di conseguenza i turisti che visitano i loro istituti trovano ospitalità nelle località-capoluogo più dotate di offerta ricettiva”. È il caso di Pompei, dove a fronte dei 3.389.015 visitatori registrati nel 2017 il numero di turisti giunti nelle strutture ricettive è stato di 149.357, e di Paestum, dove ai 907.364 visitatori fanno da contraltare solo 105.265 turisti arrivati nelle strutture ricettive”. L’indagine rileva inoltre che il “brand Italia” è in 14esima posizione assoluta nel ranking mondiale, davanti a paesi europei nostri diretti concorrenti in fatto di turismo come la Francia (17° posto), la Gran Bretagna (19° posto) e la Spagna (23° posto) ma, pur essendo potenzialmente la destinazione leader a livello mondiale, perché la più ambita in fatto di risorse in grado di attrarre e motivare la domanda turistica internazionale, il nostro Paese viene percepito negativamente in aspetti che, pur essendo esogeni al turismo, possono compromettere la fruizione completa ed efficiente delle “materie prime” dei prodotti turistici. Le “note più dolenti” si riferiscono alle dotazioni di canali e tecnologie web e social: solo il 9,9% di tutti gli istituti è dotato di un servizio di biglietteria e di prenotazione visite online, con il sud Italia addirittura al 7,6%. E insufficienti sono gli account sui social media di cui dispongono gli istituti: ne è dotato in media solo il 48% di essi, mentre ancora più scarsa è la percentuale delle aree e dei parchi archeologici che ne dispone: solo il 38,9%.
                                                                                                                                 Eduardo Cagnazzi
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