DICEMBRE 2019 PAG. 34 - Logistica, esiste un problema di “continuità delle scelte”
Sviluppo, internazionalizzazione e, soprattutto, sostenibilità. I temi al centro della terza Assemblea di Alis hanno confermato l’impegno costante sui temi strategici per il futuro del comparto trasporti e logistica, testimoniando di una realtà associativa in via di consolidamento e alla costante ricerca di nuove occasioni per rilanciare l’azione. “La dimostrazione – spiega il Direttore Generale, Marcello di Caterina, tracciando un primo bilancio di questo 2019 – è la recente adesione ad Alis di Mercitalia Rail, società dello stato che rappresenta la perfetta chiusura di un cerchio: sia per quanto attiene alla nostra visione di un dialogo proficuo tra pubblico e privato, sia perché allarga la visione del cluster in tutte le sue potenzialità, includendo in misura maggiore e qualificata un segmento fondamentale come l’intermodalità”. I numeri come sempre restituiscono la dimensione della sfida: 1510 imprese associate per un fatturato globale di 23 miliardi, un parco veicolare di 110.000 mezzi, 125 linee di Autostrade del mare e cabotaggio insulare, 140.500 collegamenti marittimi annuali, oltre 120 linee ferroviari, 60.500 collegamenti ferroviari annuali, 7 interporti e 36 porti in qualità di soci onorari. Ma non è tutto. “Per l’anno prossimo abbiamo deciso di alzare l’asticella della nostra partecipazione agli eventi pubblici con l’accordo tra Alisservice e Veronafiere. A Marzo partirà una fiera della logistica e della sostenibilità che rispecchia in pieno la nostra filosofia: mettere insieme i principali operatori nazionali e internazionali del settore; i servizi, a partire da quelli tecnologici, a sostegno del comparto; condivisione tra operatori economici e istituzionali dei temi di maggior interesse”. Senza dimenticare uno degli elemento di maggior soddisfazione quando si guarda al primo triennio di vita dell’associazione. “I nostri associati contribuiscono in modo concreto allo sviluppo del sistema economico italiano e del Mezzogiorno in particolare. Dei 40mila nuovi contratti registrati dall’ultimo rapporto di Bankitalia sull’economia delle regioni italiane, Alis ha contribuito negli ultimi tre anni con circa 10mila nuove assunzioni. Questo rappresenta un importante scatto per la competitività del cluster ma anche una prospettiva importante per tutti quei giovani che frequentano gli ITS e le Università con cui abbiamo già avviato una proficua collaborazione”.
Un’occasione di confronto ad alto livello tra i rappresentanti del mondo produttivo e quello istituzionale. La terza Assemblea Generale di Alis ha sottolineato il peso crescente del cluster logistico per l’economia italiana, tra peso economico e capacità di dare risposte a quelle che sono le principali sfide, a cominciare da quella ambientale, del prossimo futuro.
Guido Grimaldi (Presidente Alis). “Il 2019 è stato, per ALIS, un anno intenso che ha consentito di raggiungere importanti risultati. Tra questi emergono la firma di due Protocolli di intesa: il primo, con il Ministero dell’Ambiente, ed il secondo con l’associazione ambientalista Marevivo. Entrambi volti al sostegno di importanti campagne di sensibilizzazione a difesa dell’ambiente”. L’associzione è favorevole al lancio di un “Green New Deal” tanto che ha aderito anche alla CARTA S.A.I.L.S, “sottoscritta da compagnie di navigazione europee e anche da un nostro associato, che certifica l’impegno di ALIS in tutta Europa per la tutela dell’ambiente marino e costiero”. “Ma l’impegno più concreto e tangibile è confermato dagli investimenti privati in sostenibilità messi in campo dai nostri soci che, grazie ad ALIS, nel corso dell’ultimo triennio hanno raggiunto oltre 5 miliardi di euro, per nuove navi, nuovi camion, nuovi treni, magazzini di ultima generazione e infrastrutture più moderne, con l’obiettivo di allinearsi rapidamente ai target di sostenibilità imposti dalle normative europee”. Proprio per continuare su questa strada Alis chiede al governo: conferma di Marebonus e Ferrobonus; incentivi per il rinnovamento delle flotte; rimodulazione di incentivi e tassazione a favore di chi investe in tecnologie green; sburocratizzazione attraverso l’adesione al protocollo addizionale al CRM elettronico.
Paola De Micheli (Ministro, MIT). Esiste un problema di “continuità delle scelte” che è particolarmente acuto per le attività del MIT le cui scelte devono confrontarsi fisiologicamente con i tempi lunghi. “La discontinuità politica ferma, blocca, ritarda”. Servono invece iniziative di politica economica coraggiosa per superare i ritardi sul fronte degli investimenti nelle politiche ambientali. “In questi miei primi due mesi al Ministero, mi sono stupita che tra le tante domande postemi non ce ne sia stata nessuna sui porti, nonostante i due terzi dei nostri confini siano nel mare. La questione del mare deve tornare centrale. Non parlarne mai implica un’assenza della spinta pubblica su investimenti che potrebbero portarci a competere alla pari con porti come Amburgo o Rotterdam. Investimenti che generano Pil”. Su una diversa impostazione degli incentivi: “Non abbiamo ancora puntualizzato una strategia sul nuovo equilibrio che stiamo cercando tra incentivi e disincentivi, un equilibrio ancora da trovare che è da studiare nei prossimi 24-36 mesi”. “Nel frattempo vogliamo stanziare risorse per infrastrutturare i sistemi portuali, come il progetto porti verdi per dare modo alle navi di attaccarsi all’elettricità per non stare con i motori accesi. Ma dev’essere tutto in equilibrio anche con la finanza pubblica”. Ribadita anche la centralità della scelta intermodale. “Su Ferrobonus e Marebonus abbiamo chiuso emendamenti sulla loro riproposizione per il prossimo biennio. Così come sul piano del trasporto terrestre, abbiamo già messo nel decreto fiscale un incentivo per il rinnovo del parco veicolare”.
Vincenzo Amendola (Ministro, Rapporti con l’Ue). “Nelle mie vesti ho come compito quello di trattare il budget per i possimi 7 anni e quindi quanti fondi coesione Italia avrà. Andare a trattare con alle spalle il mancato utilizzo dei fondi del precedente settennato non è bello. Prima di parlare male di Bruxelles facciamoci un esame di coscienza. Ci sono però grandi possibilità”. La prima cosa da fare è uscire “dall’imbuto di una programmazione fatta da livelli sovrapposti”. “Lo sforzo non solo deve velocizzare la spesa ma renderla efficace per gli obiettivi che abbiamo. Le procedure degli ultimi anni non hanno funzionato. Ci vuole un approccio pragmatico”.
Maurizio Gentile (AD e DG, RFI). “Il ritardo del Sud è una piaga aperta. L’Italia ha un gap infrastrutturale rispetto alle economie evolute, in generale, non solo in senso ferroviario. Abbiamo un costo medio da infrastrutture dell’11% superiore rispetto alla media europea, ma quell’11% è nazionale, ed è molto più alto al sud che al nord. Il sistema ferroviario italiano per fortuna è integrato con lo spazio ferroviario europeo, abbiamo oltre 6mila km su 50mila: questo ci ha permesso di mettere in piedi investimenti infrastrutturali importanti, per esempio la Napoli-Bari che permetterà di andare da Bari a Roma in 3 ore, un investimento da 6,2 miliardi, che sarà rilasciata tra il 2023 e il 2026. Dovremmo spingere per portare il corridoio baltico non solo a Ravenna ma fino a Taranto. Un treno da duemila tonnellate equivale a 40 tir. Stiamo lavorando sulla logica dell’ultimo miglio: il container idealmente dovrebbe percorrere su gomma solo l’ultimo tratto del viaggio”.
Domenico Arcuri (AD, Invitalia). “In un quarto di secolo in Italia sono stati realizzati solo 750 km di autostrade, gli stessi dell’Autosole, che è stata fatta in 8 anni con 6 mesi di anticipo della consegna. Negli ultimi 25 anni nel Sud sono stati fatti solo 107 km di autostrade e la Sardegna non ha neanche un km di autostrada”. Oggi, per realizzare un’opera del valore di oltre 100 milioni occorrono 15,6 anni, di cui oltre 8 si passano prima di posare prima pietra. Un’ineffcienza figlia “di una devastante stratificazione di apparato burocratico che separa i progetti da loro applicazione”. Come porre rimedio? “Obbligare tutte le pubbliche amministrazioni a giustificare ‘perchè no’ quando non fanno qualcosa e non costringere chi le vuole fare a giustificare ‘perché sì’. Siamo il secondo Paese europeo dietro la sola Polonia per budget europeo destinato allo sviluppo endogeno e alla coesione. Ebbene, dei 54 miliardi a noi assegnati nei sette anni che stanno scadendo ne abbiamo utilizzato solo il 23%. Dei fondi ulteriori per lo sviluppo e la coesione, addirittura solo il 2,8%”.
Giovanni Grande